Gli occhi di mio nonno erano come formiche,
piccoli e neri, ma anche vivaci
e non sono operose le formiche?
Come le formiche era anche scrupoloso:
il suo tovagliolo a pasto concluso veniva
da lui stesso ripiegato con cura maniacale,
liscio e teso come una larga cravatta
in una serata di gala;
gli faceva anche il nodo, infatti!
Usava spesso il pettine per sistemare all'indietro
i suoi capelli lucenti e bianchi
sulla fronte alta e stempiata.
Era abbonato a Famiglia Cristiana,
leggevo io solo le barzellette dell'ultima pagina;
poi dovevo rimettere in fila i numeri delle riviste.
Per tutta la sua lunga vita l'ho visto fare
sempre la stessa colazione profumata:
caffè nero bollette e pane abbrustolito
che inzuppava nel suo personale pentolino;
personale era pure il coltello,
dell'assortimento del primo cassetto era
il più efficace al taglio, la forchetta la più pesante,
il bicchiere suo era quello grande, col manico,
da birra che usava però per il vino rosso.
Da giovane suonava il Sax,
a fine serata rimorchiava;
girava in moto,
saltuariamente recitava.
Un giorno ebbe un incidente,
rimase illeso, peccato
per quel dito anulare
della mano destra
che si ruppe
e che da allora
non si piegò più;
fu costretto
a smettere di suonare.
Sì fidanzò
per la prima volta con una donna sola,
la sposo';
trovò un impiego stabile
che gli consentì di edificare
una bella villetta borghese e
di portare alla laurea il figlio maschio,
di molto fuoricorso.
Negli ultimi anni era spettinato,
non mangiava volentieri e non sparecchiava,
non leggeva più e infine non si alzava più dal letto.
Non c'ero, ma so che è spirato tra le braccia di sua figlia, mia madre.
Non ho pianto molto per lui, perché mi confidò
molti anni prima
che si era stufato di vivere
e che il meglio della sua vita l'aveva vissuto verso
i trent'anni,
con i figli piccoli e tutto da costruire,
quando si sentiva padrone della vita,
l'amore nelle vene.
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