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I Hate Music

Argomento: Musica

di Marco Anastasi alias Duka
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Pubblicato il 03/05/2015 01:36:38

DUKA

 

I HATE MUSIC

il rumore e il suono dei settanta

 

 

art

Valerio Bindi

MP5

 

DESIGN

GIOVANNI BINEL

(Mekkanografici)

 

meridiano zero 2008

 

 

per il tamburino

 

(cc) marco Anastasi (duka)2007

_______________

 

ringraziamenti e dediche

 

A Susanna e Mauro per le loro biblioteche musicali e le lunghe discussioni.

A dj Pozzo e dj Ruzza per le loro indegne selezioni musicali

A tutti coloro, siete tantissimi, con cui sono partito per andare a concerti, dance hall e rave,

A Emanuela Del Frate, Philopat, Angela e Monia per avere creduto in me.

Torazine, Bloody Riot, Assalti Frontali, Brutopop, Musica Forte, One Love Hi-Pawa, Sciatto produzie, Agenzia X, Catastrophe, Daje Pure Te, Hup, Okapi, Urban Pressure, Phagoff, Move, Gronge, Roma K.O.


 

1967

ESTATE ’67: l’antefatto

quando eravamo farlocchi

 

Durante tutto il 1966, vi furono segnali che indicavano una  trasformazione dei linguaggi del beat più tradizionale, una mutazione che investì non solo la musica pop, che di questi cambiamenti fu voce e cinghia di trasmissione, ma  la totalità delle forme di vita di milioni di giovani sul pianeta.

Cambiarono le aspettative e le modalità: dello stare insieme, dell'uso delle droghe, del sesso, della politica e del modo di vestire. Linguaggi un tempo scissi, assemblarono una “macchina da guerra nomade” che partì per un viaggio, il cui unico scopo era: rovesciare il mondo. Andiamo a vedere alcuni avvenimenti che faranno del 66 un anno di cambiamento, che annunciava la rivoluzione alle porte.

Durante la primavera, la polizia fà irruzione al "World Psychedelic Centre", un appartamento nella zona londinese di Belgravia, di proprietà del leggendario Michael Hollingshead. Michael é ricordato dalla mitologia dell'acido lisergico per essere colui che iniziò all'uso della sostanza nientemeno che Timothy Leary. Prima della fine del "gioco", causa l'imbocco degli sbirri, la casa fu luogo di ritrovo per Alex Trocchi, William Burroughs, Donovan, Roman Polansky, Eric Clapton, Keith Richards e  Paul McCartney (farà scandalo una sua intervista del periodo, in cui ammetteva che Lsd gli piaceva moltissimo).

A Liverpool chiude il Cavern Club e con esso la spumeggiante stagione del Mersey sound. Il 6 ottobre 66', nel giorno della bestia, l’Lsd viene dichiarato illegale negli Stati Uniti. La festa del 10 ottobre per il lancio della rivista IT (International Times) alla Roundhouse di Londra, verrà ricordata anche per la presenza, tra il pubblico, di Paul McCartney, Monica Vitti, Michelangelo Antonioni e di tutta la nascente scena psichedelica londinese. Sul palco i Soft Machine e i Pink Floyd (prima del loro esordio ufficiale).

Il 15 ottobre, Bobby Seale e Huey Newton fondano il Black Panther Party a Oakland, California. A novembre dimostrazione del Caff nella Sunset Strip a  Los Angeles, per protestare contro il coprifuoco imposto agli adolescenti; alcune persone vengono arrestate dopo gli scontri con la polizia, tra i fermati anche Peter Fonda. Il 23 dicembre apre a Londra L'Ufo Club, debutto dei Pink Floyd (quelli grandi e non gli spacca coglioni che conosceremo in seguito) di Syd Barrett.  Il 26 dicembre la rivista "Time" nomina personaggio dell'anno "I giovani".

Il 1967 fu l'anno in cui la scena musicale inglese compì il definitivo passo "al di là dello specchio".  I Beatles danno alla luce "Sgt Pepper lonely's hearts club band", ed iniziano a vestire come una banda dell' Esercito della Salvezza. The Jimi Hendrix Experience pubblicano "Are you experienced", Jimi indossa giacche di uniformi così ornate e colorate da apparire un insulto alla simbologia militare. I Rolling Stones fanno uscire il singolo "Let's spend the night together/Ruby tuesday", i componenti della band sembrano dei Dandies Settecenteschi. I Pink Floyd esordiscono con il disco "The piper at the gates of dawn", il loro abbigliamento è tra lo stile mod e beat della Swingin' London, che sta ormai finendo, e lo stile freak che si affermerà verso la fine del decennio.

I gruppi inglesi del periodo stanno alla musica pop come gli scrittori Lewis Carrol, Oscar Wilde e H. G. Lewis stanno alla letteratura britannica. Nei testi si gioca con il "viaggio" per Lsd, qualcosa di più intenso di un rilassante cannone di marijuana, giocando con le parole e i doppi sensi come faceva l'autore di "Alice nel paese delle meraviglie".

Spostiamoci a San Francisco per uno degli eventi più importanti di questo mitico anno, lo Human be-in. Dalla primavera del 1967 i leader del movimento e della controcultura si erano convinti che ci fosse bisogno di un'azione positiva che potesse incanalare il cambiamento in corso. Troppe tribù erano divise e poco sapevano delle altre: i politici, i musicisti, gli hippy, i poeti. Tutti condividevano il desiderio e il bisogno di trasformazione, ma avevano obiettivi diversi. I politici volevano fermare la guerra in Vietnam. I musicisti volevano suonare, gli hippy volevano allargare la coscienza attraverso il "viaggio" con le droghe, mentre i poeti che erano, secondo Peter Coyote ex membro della San Francisco Mime Troupe, il volto pubblico della mente pubblica, iniziarono a fantasticare che la soluzione era quella di mettersi insieme.

Nel libro "Estate di amore e di rivolta" (Shake Edizioni) di Derek Taylor, Allen Ginsberg  dice: "Il 1967 fu un anno fondamentale per i giovani perchè finalmente la solitaria coscienza individuale sembrò potersi unire alle altre solitarie coscienze individuali nello Human be-in di San Francisco. Non c'era dietro nessun piano ultra-razionale, fu un progetto scaturito dall'intera communità". Al secondo be-in parteciparono più di 20.000 persone. Secondo Charles Perry (da "Estate d'amore e di rivolta"), un hippy di Berkeley, lo spettacolo era un vero sballo: "C'era un mare di gente che sembrava non avere fine, decine di migliaia. Tutti erano là per qualcosa che era impossibile descrivere con le sole parole, anche se dall'estremità est del campo, dal palco degli oratori, le parole non mancavano. I digger avevano sistemato dei tavoli per distribuire migliaia di panini al tacchino donati da Owsley Stanley. Owsley aveva anche donato un bel po' del suo ultimo tipo di Lsd: il White Lightening. La gente si accalcava per prendere quelle piccole pastiglie, che avevano un aspetto altamente professionale e che contenevano il più potente acido mai prodotto sino ad allora".

Concludo qui il mio articolo sull'anno più importante della controcultura, quello di cui ho parlato è una minima parte di quello che successe, ricordandovi che dal 16 giugno, iniziava l'estate dell'amore al Monterey Pop Festival, l'acido più famoso consumato in quei giorni fu l'Orange. Il giorno 8 di ottobre muore Che Guevara. Il 21 ottobre "esorcismo del pentagono" a Washington, la manifestazione fu caricata dai "maiali" che effettuarono 1000 arresti.  Nel mese di dicembre Owesley viene arrestato e accusato di detenzione di 868.000 trip, per un valore di 4.300.000 dollari. Nello stesso mese Abbie Hoffman, Jerry Rubin e Paul Krassner fondano lo Youth international party. Nell'anno 1967 partimmo per un trip, di quel viaggio non tutti ci siamo pentiti. Lunga vita agli psiconauti, viaggiare rende immortali.

 

 

1967

IL LATO OSCURO DELL'ESTATE DELL'AMORE

SADOMASO VS AMORE LIBERO

 

“ E' vero, per esempio, che i neri provavano un certo risentimento nei confronti degli hippy dell'estate dell'amore 1967, perchè avevano l'impressione che quei ragazzi coltivassero le loro erbe, bruciassero incenso e si facessero di acidi ma che in realtà se ne potevano tirare fuori in qualsiasi momento. Se ne potevano tornare a casa, potevano chiamare la mammina e dire: Tirami fuori di qui.” (Ed Sanders da Please kill me. Castoldi Dalai editore).

  Nel 1965,  prima della nascita dei Velvet Underground, Lou Reed aveva già composto Heroin  Waiting for the Man. L'incontro tra Lou e John Cale, che portò alla nascita della band, avvenne a un party, dove il primo stava suonando i suoi brani con una chitarra acustica e il secondo non si avvicinava perchè odiava quella cazzo di musica folk. Al tempo Cale suonava insieme a LaMonte Young, il miglior gancio per la droga di tutta New York, nei Dream Syndicate. Ma l'ascolto di Heroin catturò John, grazie al suo devastante testo, e in quel momento si accorse di non trovarsi davanti a un clone di Joan Baez o di Bob Dylan a cui strappare di mano la chitarra per poi fracassarla contro il muro, le canzoni di Lou si adattavano benissimo al concetto di musica che lui voleva fare. La prima data dei Velvet underground fu al Summit High School nel New Jersey, la rimediò Al Aronowitz che restò schifato da questo gruppo di tossici e ladruncoli, gli incularono un registratore portatile, che cantavano di eroina e di sesso sadomaso. Poi la base della band divenne il Cafè Bizarre, bar famoso per il suo gelato al cocco e per i frappè, dove avvenne l'incontro con Andy Warhol. Il pittore non aveva intenzione di entrare nel circo del rock & roll, ma il suo amico, il regista, Paul Morrissey voleva entrarci per fare i soldi, sperava di guadagnare molto facendo da manager a una band che finisse spesso sui giornali. Paul riuscì ha portare Warhol all'esibizione del gruppo, e ne rimase ipnotizzato. John Cale suonava una viola elettrica, strumento che li contraddistingueva dagli altri gruppi, portava i capelli acconciati in stile Riccardo III e una collana di strass. Maureen Tucker il batterista, era completamente androgino, era impossibile stabilire se fosse un uomo o una donna. Per Andy l'immagine era tutto, e quella dei Velvet Underground spaccava, divennero la sua band. Morrissey, finito il concerto, si incontrò con Lou Reed e propose loro di produrre qualche disco, di trovargli un locale per suonare e di essere gestiti da Andy Warhol. I ragazzi accettarono,  avevano trovato finalmente un posto fisso, passavano così dalle svolte da tossici,  tipo vendere il proprio sangue o posare  per riviste spazzatura, allo stipendio. Intanto era arrivata l'estate del '65 e con essa Satisfaction, musica degli Stones usciva da ogni appartamento e da tutte le automobili. Dylan fece i suoi primi concerti elettrici, passando dal folk al rock, e i Byrds avevano fatto la loro cover della sua Mr. Tambourine Man.Morrissey si convinse che i Velvet Undergroud avessero bisogno di un cantante, in quanto Lou non era naturale in quel ruolo, che grande stronzata, con Warhol decisero di affiancargli Nico, la cui storia personale parlava a suo favore: era stata con Brian Jones, Bob Dylan, era la madre di Ari il figlio illegittimo di Alain Delon, era apparsa nella Dolce Vita Fellini e aveva fatto un disco con Andrew Loog Oldham. Nico era spettacolare, aveva carisma, era bellissima ma soprattutto aveva una magnifica e profonda voce. Quando fu data la notizia a Reed dell'ingresso di Nico nella band, dai racconti dei suoi amici, quasi collassò. Lou non poteva sopportare l'idea che una ragazza poteva usurpare il suo ruolo di prima donna. Dopo un concerto dei Velvet Undergroud al Trip di Los Angeles, Jim Morrison, il cantante dei Doors, adottò nel suo look, cosa impensabile per un figlio dei fiori, i pantaloni di pelle nera avvicinandosi così al modo di vestire di un A-Heads, di Amphetamine-Heads. Si arriva così al '67, l'anno dei grandi raduni, che dalla California si espandevano a macchia d'olio in tutta la nazione. La domenica di pasqua al Central Park di New York fu incredibile: migliaia di ragazzi nudi che si rotolavano per terra, distribuivano fiori, prendevano l'acido, si passavano le canne alla luce del sole e manifestavano contro la guerra del Vietnam. In merito agli eventi di quel giorno Warhol ci racconta ( da : POP, Andy Warhol racconta gli anni sessanta. Editore Meridiano Zero) : "Ho sempre pensato che un film molto lento può essere interessante quanto una giornata sotto il portico se lo si affronta con lo stesso spirito. E tutti questi ragazzi sotto l'effetto dell'acido stavano dimostrando esattamente la stessa cosa." Inconsapevolmente le teste piene di anfetamina, per quanto minoritarie, all'epoca, scoprirono l'antidoto che ci ha permesso, lungo un decennio, di sopravvivere alla mediocrità del progressive e all'orrore del rock sinfonico.

 

1970

Rolling Stones

perché siete RIMASTi

delle merde?

 

Gli anni Settanta si aprono nella paranoia più totale. Il sogno di una generazione, inseguito per un decennio, di rovesciare il mondo – anche grazie alla santissima trinità “sesso, droga e rock and roll” – si era infranto in California, a Bel Air e Altamont lasciandosi dietro una scia di sangue. Il tunnel della depressione in cui si era entrati nel 1970 porterà alla morte di due delle stelle più luminose del pantheon pop: Jimi Hendrix, l’8 settembre, e Janis Joplin, il 4 ottobre. Ma il consumo di antidepressivi tra i ragazzi della nazione psichedelica aveva toccato il suo massimo nel mese di aprile, con l’annuncio del debutto da solista di McCartney che sancì la fine dei Beatles, ambasciatori per il mondo di quella rivoluzione lisergica, che avrebbe dovuto sconfiggere i biechi blu e far cadere il cielo sulla terra per edificare il paradiso qui e subito.

Nella notte tra l’8 e il 9 agosto del ’69, a Bel Air, località collinare dove amavano vivere i vip di Hollywood, era stata compiuta una strage: un gruppo di persone era imboccato nella villa del regista Roman Polanski uccidendo sua moglie, l’attrice Sharon Tate, e quattro sfigatissimi ospiti che si trovavano nella casa in quel momento. Tracciando col sangue delle vittime sui muri della villa le scritte: “Helter Skelter” e “Piggies”, titoli di due canzoni contenute nel White album dei Beatles. Il 12 ottobre la polizia arrestò i presunti colpevoli: Charles Manson e cinque componenti della “Family”che orbitava intorno a lui, una strana aggregazione tra comune hippie e setta esoterica. Questo era quanto di meglio si potesse dare in pasto ai media per criminalizzare gli hippie, quella controcultura che si unì agli studenti per lottare contro la guerra in Vietnam. Solo due anni prima avevano marciato in centomila sul Pentagono per farlo levitare e, per risposta, trovarono ad accoglierli le canne dei fucili della guardia nazionale. Era giunto il momento per far partire l’offensiva contro il movimento, svelando il lato oscuro della sua utopia che faceva proseliti tra i giovani della classe media. Giovani che ormai erano diventati un pericolo, dopo le centinaia di attentati incendiari contro obiettivi militari e dopo i “giorni della rabbia” quando portarono la guerra in casa, per la precisione a Chicago, finendo iscritti dall’Fbi come “nemico interno”, in compagnia dei ragazzi afroamericani insorti in quegli anni nelle città del paese.

Manson era un tipo losco, metà della vita passata in carcere, spacciatore di droga, appassionato di magia nera e in particolare di Aleister Crowley (la sua faccia la troviamo sulla copertina di Sergeant Pepper’s dei Beatles in compagnia di Marx e tanti altri), nonché musicista rock. Le sue canzoni saranno date alle stampe, con l’autore in carcere, per l’etichetta Esp nell’album The love and terror cult, nel 1971. Una sua canzone Never learn not to love, prima dell’arresto, fu cantata dai Beach Boys, suoi amici, in special modo il batterista Dennis Wilson. Questa, secondo la mia sballatissima tesi, è la dimostrazione che, se per il mainstream, la dicotomia è tra Beatles e Rolling Stones, per l’underground è tra Beatles e Beach Boys.

Quando i Rolling Stones, tornano negli States nel ‘69 le cose, malgrado il successo, non vanno per niente bene. Jagger e la sua compagna di allora Marianne Faithfull erano stati arrestati per possesso di sostanze stupefacenti. Colpevole di irrequietezza, Brian Jones, il genio del gruppo, viene cacciato dalla band. Rappresentava lo spirito estroso degli Stones, suo il sitar in Paint it black, il flauto in Ruby tuesday: per questo i due dittatori, gli infami Jagger e Richards, non lo sopportavano. Qualche giorno dopo il corpo di Brian Jones galleggiava morto nella piscina della sua villa a Hatfield, nel Sussex. Il nostro fratello viene subito sostituito da Mick Taylor, famoso per tirarsi seghe a vuoto con la chitarra. Ultimato il nuovo disco Let it bleed – “Fallo sanguinare” – per lanciarlo in Usa decidono di emulare Woodstock e celebrare l’epopea dei fiori, all’autodromo di Altamont, vicino San Francisco. Spacciano il loro concerto per un free festival, arricchendo il cast del raduno con chi aveva fatto la storia della “summer of love”, suonando negli “human-be-in” al Golden Gate Park di San Francisco e negli “acid test”: Jefferson Airplane e Grateful Dead. Più alcuni sopravvissuti (era meglio se morivano) a Woodstock (che fu tutto tranne che un free festival): i noiosissimi Crosby Stills Nash & Young e quel pretenzioso di Santana. Il risultato fu di 300mila persone e per l’odiato circo del rock fu un trionfo.

Per rendere l’evento veramente alternativo, Jagger e Richards scelgono per il servizio d’ordine non i soliti professionisti ma gli Hell’s Angel della California, temibile gang di motociclisti. Per darsi uno status da “ragazzi terribili” volevano ricreare a tavolino una situazione come quella sperimentata anni prima al ranch “La Honda”, quando gli Angels, invitati dai Merry Prankster, provarono per la prima volta l’acido lisergico, lì incontrarono Allen Ginsburg e la poesia della beat generation, e furono domati da Ken Kesey perché ebbe il coraggio di guardarli negli occhi. Agli Stones non andò bene, perché non erano autentici come i Merry Prankster, erano finti come lo sono tutte le rockstar. All’apogeo del concerto, intorno a mezzanotte, entrarono in scena i Rolling Stones. Attaccarono a suonare con Jumping Jack flash, sotto al palco fu subito il panico. Gli appelli alla calma inutili, dopo poco quando partì Under my thumb succese il fattaccio. Alcuni Hell’s Angel provocarono un giovane afroamericano, che estrasse una pistola ma venne circondato e accoltellato a morte. Finisce così la vita del diciottenne Meredith Hunter. Mentre sul palco, Mick il “buffone” continuava con le sue occhiate maligne, i modi affettati, i suoi labbroni, il suo dimenarsi. Come insegna Lester Bangs, i divi del rock, se si beccassero una torta in faccia, sarebbero incapaci di affrontare viso a viso i loro sostenitori truffati che hanno mangiato la foglia. Non hanno un vero carisma, stile e valore per difendere la loro Bastiglia sul palco, senza l’aiuto artificiale di cui si sono sempre avvalsi. La domanda che mi pongo è: perché non vi siete sciolti come i Beatles nel 1970? Anzi prima, il 7 dicembre del ’69, il giorno dopo Altamont. Potevate essere la più grande rock and roll band mai esistita, invece siete rimasti delle merde.

 

 

1971

La fregatura

Led Zeppelin

 

Il 3 luglio 1971 i Led Zeppelin sono per la prima, e per nostra fortuna, ultima volta in Italia. Al Vigorelli di Milano, insieme a Gianni Morandi e Ornella Vanoni per una tappa del Cantagiro.

Volevano farci pagare a caro prezzo il biglietto, per entrare a vederli e sentire l’incontenibile energia di brani come You shook me di Muddy Waters e I’m a man di Bo Diddley, che nei concerti, ad un volume altissimo, inimmaginabile a quei tempi, piegava noi, pubblico pagante in uno stato di sottomissione. «Quella che un tempo era stata una musica di comunione stava per diventare un pericoloso strumento di controllo autoritario». Questo aveva scritto della loro musica solo un anno prima Charlie Gillett, nel suo libro The sound of the city.

Il 3 luglio non solo sfondammo, per entrare gratuitamente al concerto da bravi autoriduttori, ma ci ribellammo ad un modo di fruire la musica identico a quello che ci avrebbe imposto il “Terzo reich” in caso di vittoria della Seconda guerra mondiale, rispondemmo nell’unico modo possibile, con il fuoco. Ai quattro cialtroni non restò che darsela a gambe, mentre l’impianto di amplificazione andava semidistrutto. Per raccontare la genesi dei Led Zeppelin bisogna tornare indietro di qualche anno ed inserirla dentro la seconda “Invasione Britannica” al mercato discografico americano. Quando una nuova generazione di manager e produttori nel settore musicale inglese capì le opportunità che si sarebbero aperte per le loro band forzando sempre più le differenze tra “pop” e “rock”, al punto che per una grossa fetta di pubblico questa divisione divenne di vitale importanza mentre la stampa di settore, da sempre serva dell’industria discografica, spingeva i lettori a considerare i musicisti rock come veri “artisti”.

Ma in cosa consisteva la differenza? Nell’inserire qualche elemento di improvvisazione nell’esecuzione dal vivo e in un inutile, noioso e pretenzioso assolo di chitarra. Cosa di meglio allora che costruire un gruppo intorno ad un uno dei quattro chitarristi migliori del momento. In un periodo in cui l’assolo era tutto, il titolo di migliore, anzi di “artista” era conteso, grazie anche all’abilità dei manager nel farli pompare sulle riviste specializzate, da Jimi Hendrix, il migliore perché la sua musica non rompeva le palle, e tre rompicoglioni di professione: Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page, tutti e tre ex Yardbirds, un gruppo che era stato incredibile, così bravi da durare solo pochi anni. Quando gli Yardbirds si sciolsero, Page si impegnò su contratto per un tour sotto il nome di New Yardbirds, con tre compagni reclutati al volo. Il cantate Robert Plant, il batterista John Bonham, entrambi provenienti dai Band Of Joy, e al basso John Paul Jones ex arrangiatore di molte hit pop per conto di Rod Stewart, Rolling Stones e Donovan. Produttore ed amministratore del gruppo Peter Grant, ex roadie degli Yardbirds, personaggio dotato di una visione strategica notevole. Stipulò un contratto con l’americana Atlantic (il cui co-direttore Jerry Wexler aveva sentito parlare della bravura di Page) e attraverso un differente circuito i dischi dei Led Zeppelin (nel fattempo avevano cambiato nome su dritta di Keith Moon, batterista degli Who) furono pubblicati nel Regno Unito dalla Polydor.

Desiderosa di acquisire i diritti sul catalogo della Atlantic, la Polydor non solo offrì la sua identità per il territorio inglese, ma offrì anche la prima opzione sui diritti americani dei suoi gruppi. La Atlantic ottenne quindi i diritti dei Bee Gees e dei Cream di Eric Clapton e allacciò una collaborazione con Robert Stigwood che portò alla formazione della Rso negli Stati Uniti. Grazie a questo accordo la Polydor commercializzò i Led Zeppelin in Gran Bretagna. Quando il primo disco uscì nel marzo del ‘69 il “dirigibile di piombo” era già decollato verso gli Stati Uniti e nel giro di pochi mesi entrarono nella top ten statunitense. Diventarono da lì in poi il gruppo col maggior numero di vendite dei primi anni 70, col maggior numero di pubblico al concerto di un singolo artista, 56.800 al Bay stadium di Tampa, in Florida, il 5 maggio del ’73, record poi superato da loro stessi nel ’77 quando suonarono di fronte a 76.229 spettatori al Pontiac silverdome. La loro musica si sviluppò seguendo modelli rigidi e prevedibili, e la loro vita da damerini sviluppò il consueto abuso di alcool, figa e droga (Bonham il batterista morirà nel 1980, il 24 settembre, soffocato dal suo stesso vomito dopo una notte di bagordi). Non poteva mancare l’alone da satanisti: Page si comprò la casa dove aveva vissuto il personaggio più scontato dell’occultismo da rockstar: Aleister Crowley. Il 12 novembre del ’71 usciva il loro quarto disco Led Zeppelin IV contenente la hit Stairway to heaven, canzoncina per pippe adolescenziali, ma per noi idioti condannati al mestiere di giovani, il paradiso era Detroit, nel Michigan. Dove iniziammo la resistenza contro il circo del rock: Kick out the jams…

 

 

1972

Voglio essere il tuo cane

l’urlo punk della città dei motori

 

Nel marzo del 1972, Iggy Pop e James Williamson, smaltita la dipendenza dall’eroina a forza di metadone, volano in Inghilterra. A Londra i due amici si stabiliscono nei pressi di Fulham Road e iniziano le audizioni per un nuovo bassista e per un batterista, negli studi messi loro a disposizione dalla Cbs. Nessuno dei tanti musicisti che si presentano risulta in grado di produrre il suono che hanno in mente. A quel punto, si rendono conto del fatto che non ha senso continuare a cercare in Inghilterra. Poco dopo Iggy telefona a Ron Asheton. Chiede a lui e a suo fratello Scott di partire da Ann Arbor, cittadina nelle vicinanze di Detroit, e di raggiungerli a Londra. Pop aveva così riformato gli Stooges, nonostante il parere contrario del manager Tony Defries, che considerava inutili gli Asheton e la cui proposta iniziale era di lavorare solo con lui e Bowie a un nuovo disco. Durante il primo periodo di chiusura forzata in sala (il terzo disco uscirà dopo un anno nel maggio ‘73) la mente di Iggy partorisce uno dei brani più rappresentativi del secondo periodo Stooges, Raw Power: «Abbandona te stesso/ negli occhi di una ragazza ribelle/ innamorati sempre di chi/ sta dalla parte dei perdenti/ e un’energia allo stato puro» .

L’energia allo stato puro era partita negli anni 60 e proveniva da lontano, per la precisione da Detroit, la città dei motori, nel Michigan, terra famosa per le coltivazioni estensive di cetriolini, milioni e milioni di piccoli ortaggi, che lavoratori stagionali messicani devono raccogliere, in tutta fretta, per non farli diventare degli invendibili cetrioli. L’evento annuale è l’elezione, il 4 luglio, di miss “Cetriolino sveglio”, dove le aspiranti miss sfilano in bikini verde scuro e tacchi alti del medesimo colore. Polo di questa noiosa provincia del Mid West è Detroit, città industriale, che aveva accolto il “popolo del blues”, proveniente dal delta del Mississippi a causa della crisi agricola, offrendogli, al posto delle catene della schiavitù, la catena di montaggio di Henry Ford. La risposta a questa nuova condizione di lavoro e di vita fu la nascita del sindacato radicale: League of revolutionary black workers.

La cultura, la musica e le lotte degli afroamericani saranno fondamentali per la formazione e la crescita di una generazione di ribelli bianchi, che avevano nel rumore degli MC5 e degli Stooges la propria colonna sonora e che trasformarono il fan club degli MC5 nel Partito delle pantere bianche, ispirandosi alle Pantere nere. John Sinclair manager degli MC5 ed esponente di spicco del movimento americano, racconta: «Stupidi hippies del cazzo. Era quella la nostra gente. Era quello il White panthers party. Eravamo la voce degli hippies più stupidi, proprio come il Black panthers party era la voce del proletariato più basso vale a dire i membri disoccupati della classe lavoratrice». Dalle componenti più stronze della Students for democratic society, organizzazione degli studenti universitari, le Pantere bianche erano considerate una barzelletta. Le Pantere nere di Oakland li definivano dei “clown psichedelici”, ma le Pantere bianche andavano d’amore e d’accordo con la sezione locale delle Pantere nere, quella di Ann Arbor: erano dello stesso quartiere, con loro passavano le giornate, e andavano insieme in mezzo ai boschi ad esercitarsi al tiro. Racconta Wayne Kramer degli MC5: «Trangugiavamo un beverone che le Pantere nere chiamavano “Bitter motherfucker”, fatto con mezza bottiglia di succo di lime rose e una di porto. Ci sedevamo fumavamo erba buttavamo giù la bevanda e poi tutti a sparare. Avevamo un sacco di pistole, di M16 e fucili a canne mozze». Pun Plamondon ministro della difesa delle Pantere bianche, già arrestato per spaccio di marijuana, finì nella lista dei più pericolosi ricercati dall’Fbi dopo aver lanciato una bomba contro la sede della Cia ad Ann Arbor. Il 23 luglio ‘67, mentre Sinclair ed alcuni amici erano sotto acido, vedono in lontananza delle fiamme, poi un numero sempre maggiore di fuochi: «Per quanto buoni i trip, quello che vedevamo non poteva essere effetto del Lsd». Si avventurarono verso le fiamme e trovarono il ghetto in rivolta e poi tutta la città fu invasa dagli scontri. I primi due morti furono poliziotti, proprio vicino casa di Kramer tra la Seconda e Alexandrine. Il 27 del mese si conteranno oltre quaranta morti alla fine di quello che sarà ricordato come il riot più violento degli anni 60 in Usa. L’ultima volta che ho parlato, nel novembre 2006, con John Sinclair, lui ha tenuto a precisare, parlando di quei fatti, che a Detroit nel ‘67 non ci fu, come ci raccontano, una rivolta razziale ma una rivolta di classe. Cazzo! Ho aperto troppe finestre che con il rock non c’entrano nulla, e mi pagano solo se scrivo di note e suoni, ma io odio la musica e amo il rumore.

Gli MC5 facevano dell’ottimo rock & roll di ispirazione blues, ma saranno gli Stooges a rendere l’omaggio più bello alla musica nera, con il loro secondo disco: Fun house. Il brano che chiude la prima facciata, Dirt,è una ballata sofferta, piena di sonorità pesantemente bluesate. Mentre i due brani che chiudono il secondo lato, Fun house e L.A. Blues, seguono la traccia di certo jazz d’avanguardia (in quel periodo i musicisti più amati dall’Iguana erano John Coltrane e Archie Sheep) lasciando ampi spazi agli assolo del sax di Steven MacKay, la voce di Iggy si fa più straniata e sempre più in preda a inguaribili ossessioni. Il disco sembra provenire direttamente dalla catena di montaggio della Ford. Dalla morte del fordismo, venti anni dopo sempre a Detroit, dj afroamericani inventeranno la techno, per ballare sulle rovine della società industriale. Nell’ottobre ‘69 durante la registrazione del primo disco degli Stooges, prodotto da John Cale dei Velvet Underground per l’Elektra, Iggy incontra Nico ed è subito amore. Di lei Pop dice: «È stata lei a insegnarmi come leccare una fica: devo confessare che non lo avevo mai fatto prima». «Perdo il mio cuore nella sabbia rovente./ Voglio diventare il tuo cane/ su andiamo, dai!», cantava queste parole un idiota innamorato quel giorno del ‘69, quando si materializzò il paradiso a Detroit: «I wanna be your dog» fu il primo urlo punk. Nasceva così il figlio bastardo del loro grande amore, un movimento eretico, un cavaliere nero che nel ‘77 incendierà la nostra vita. Il paradiso era caduto sulla terra e noi ne rivendicavamo il senso originario.

 

1973

rock ’n roll

con il rossetto

 

Il rock, ad inizio decennio, si prende troppo sul serio, snaturando così la sua essenza originaria di comunione e gioco. Alla ricerca di “autenticità” e di contenuti di opposizione tende sempre più a assomigliare al mondo che vuole combattere. Ma la sacralità dell’unicità del rituale rock, fondato sull’esecuzione e sull’ascolto, è messa in crisi dal fenomeno “glam”, che reinventa le forme della comunicazione musicale, sposta l’attenzione dell’ascoltatore sulla messinscena della musica, rifonda il linguaggio, mette fuorigioco la presunta unicità maschile del rock.

Nel 1973 esce il singolo, simbolo di questa rivolta dello stile: Needle in the camel’s eye di Brian Eno, fuoriuscito dai Roxy Music. Ma il fenomeno glam si dice sia stato generato nel 1971 dal disco Hunky dory di David Bowie. Forse non è vero, ma sicuramente il vinile in questione contiene uno dei più famosi inni all’ambiguità, Oh you pretty things, che dà vita ad uno stile pop, fondato sulla nozione di doppio, a partire dalla dialettica uomo/donna. È uno stile che pervade tutto: abiti e atteggiamenti dei protagonisti della scena. Un anno dopo Bowie rende sublime questa doppiezza con la morte in diretta durante la saga di The rise and fall of Ziggy Stardust and the spiders from Mars. Dice Tom Carson in un’intervista alla rivista “Village voice”: «Lo spettacolo di Bowie era uno spettacolo esplicitamente artificiale e ambiguo, non per inettitudine ma per sfrontata intenzionalità. Attraverso l’invenzione dell’alter ego Ziggy Stardust, il cantante presentava il rock’n roll come una religione morente. Ziggy era un messia sintetico, un alieno venuto sulla terra per dar vita a una parodistica rivisitazione della controcultura: la rockstar intesa come martire. Bowie si trasformava in un camaleonte senza passato né identità che incoraggiava il pubblico a prendere alla lettera la sua opera di manipolazione ed era perciò facile acclamarlo come messaggero del futuro o rifiutarlo come dilettante, per quanto dotato di grande intelligenza».

Al suo apparire, molti giovani sono attratti dallo stile glam e si rendono protagonisti della scena. Creano una nuova immagine sessualmente ambigua, con cui sfidarono gli stereotipi notoriamente piatti della working class. Tutti i concerti di David Bowie, dei T. Rex di Marc Bolan, dei Roxy Music e Gary Glitter, eseguiti in grigi cinema di provincia e in sale municipali vittoriane, sono popolati da creature appollaiate su scarpe dalla suola alta, dai capelli tinti in colori luminosi, verdi, arancioni, argentati, dorati, che portavano il rossetto, elemento di finzione scenica, strumento di menzogna e seduzione. Todd Haynes, regista del famoso film sulla scena glam inglese Velvet goldmine, in un’intervista rilasciata alla rivista “Rumore” nel 1998 sottolinea: «Ho voluto affrontare il periodo glam perché credo che gli anni 70 siano stati un periodo unico. Non perché erano kitsch, ma per il loro spirito estremamente radicale che non abbiamo più avuto modo di vivere da allora. Il travestirsi e la performance posseggono una relazione diretta con le questioni della sessualità e dell’identità che ruotavano intorno all’individuo e al non conformismo. Si tratta di un periodo autenticamente progressista, ma in una maniera giocosa, senza i dogmi politici degli anni 60. La musica era intelligente e piena di humor e in definitiva molto toccante. Si trattava di una celebrazione che nella cultura popolare affrontava i problemi dell’identità offrendo a queste domande risposte affermative, radicali».

Due grandi della storia della musica, che attraversono il glam provenienti da lontano, sono Lou Reed, del periodo di Satellite of love, e gli Stooges, nel loro periodo londinese, quando registrano il loro terzo disco Raw power, mixato da David Bowie, che ha una storia di sesso con il loro cantante Iggy Pop. Lo stile musicale e la scena che gli gravita intorno non piace ai critici musicali che in quel periodo devono pompare per ordine del mercato i Cream e i Led Zeppelin. Né piace all’accademia sinistronza dei “cultural studies”. Ma il glam mette in discussione il valore e il significato dell’adolescenza e il passaggio al mondo adulto del lavoro. Alimenta inconsapevolmente il fuoco della rivolta che sarebbe divampato qualche anno dopo.

 

1974

in principio

era il glitter

 

La gente, a New York, utilizzava il glitter da molto tempo e le drag queen lo portavano anche per uscire per strada, ma i “brillantini” si imposero, quella volta che il regista teatrale John Vaccaro, noto “speed freak” ed esponente della “A set” (scena anfetaminica), andò a fare le compere per i costumi e intruppò in una colossale svendita di glitter in un negozio a Chinatown. Lo comprò tutto lui. Racconta John Vaccaro: «Per me il glitter era una forma della rappresentazione, niente di più. Il glitter rappresentava l’ostentazione, la pacchianeria d’America, è così che lo interpretavo. Ed era bello da vedere. Si trattava di make-up. Lo usavo perché ridava un tocco di americanità alle facce della gente. Era la stessa chiassosa pacchianeria di Times square. Voglio dire, se togliete le luci che cosa rimane di Times square? Niente».

I New York Dolls, nel 1974, avevano imboccato il viale del tramonto. Senza più contratto discografico e con la fama delle loro cattive abitudini che li precedeva. Il gruppo venne agganciato da un personaggio dalle grandi capacità intuitive: Malcom McLaren. Malcom li aveva conosciuti durante la sua prima volta a NY, dove era fuggito per scappare alla noia della Londra post glam. Il “pel di carota” londinese prese la situazione in mano. I Dolls avevano visitato già nel ’73 il negozio che lui e Vivienne Westwood avevano al 430 di King’s road – ai tempi si chiamava “Let it rock”. McLaren svestì le bambole dei loro abiti di strass da drag queen e le vestì di vivace pelle rossa. Come fondale sul palco una bandiera rossa con la falce e martello con su scritto «better red than dead» (“meglio rosso che morto”). Il periodo da comunisti in ghingheri durò poco, il tempo di un tour americano.

La vicenda dei Dolls aveva avuto origine, ad inizio decennio, nella Lower east side di Manhattan, per la precisione al Max’s Kansas city, quartier generale della “scena anfetaminica” di New York. Lì si incontravano alcuni dei nomi degli “speed freak” più conosciuti, che animavano le serate al Max’s: Andy Warhol, Joe Dallesandro, Lou Reed, John Vaccaro, Jackie Curtis. All’entourage della Factory, che altro non era che un’accozzaglia di tossici, prostitute, ladri, drag queen e aspiranti modelle (in barba a quel che pensa l’ormai superata accademia), si unirono le “glitter band” locali: Jo Jo Gun, New York Dolls, Slade, Sir lord Baltimore. Jerry Nolan, membro dei Dolls, racconta nel libro Pleas kill me (Legs McNeil e Gillian McCain, Baldini Castoldi Dalai editore, 2006): «All’inizio buona parte del pubblico dei New York Dolls erano gay ma naturalmente noi eravamo tutti etero. Eravamo fissati con le ragazze. E lasciate che vi dica una cosa: le donne capirono tutto al volo. Erano gli uomini a essere confusi. Le donne sapevano, a prescindere da cosa indossassimo. E ci adoravano, perché avevamo le palle di farci vedere e comportarci in quel modo. Lo trovavano divertente». La musica dei Dolls, più che al modello Velvet Underground, si rifaceva da un lato ai Rolling Stones (Johansen e Thunders erano la versione in calze a rete del duo Jagger/Richards, il che li rendeva più divertenti) e dall’altro si rifacevano a gli Stooges. Iggy Pop li considerava gli unici eredi della sua band.

Finisco il discorso sulle “bambole” accontentando la necrofilia dei lettori, che amano la carne morta degli anni 70. Su sei che erano i Dolls, sono rimasti in vita solo in due. Una media degna di una guerra di trincea.

Tra il pubblico delle “glitter band” si aggirava una ragazza brutta (come lei stessa si definiva) e secca, che di giorno lavorava in una fabbrica di carrozzine per bambini, con il vizio per la poesia, il suo nome Patti Smith. Di lei dice Joey Ramone, sempre in Please kill me: «Vidi Patti al Kenny’s castaways, proprio agli inizi. Faceva un reading di poesia. E ogni volta che finiva di leggerne una, appallottolava il foglio e lo gettava sul pavimento – o magari stava leggendo qualcosa e a un tratto afferrava una sedia e la scagliava attraverso la stanza, fracassandola contro una parete o qualcos’altro. Mi sembrò bravissima. Non avevo mai visto niente come lei, ma mi colpì moltissimo». Ma il 1974 verrà ricordato per il 30 marzo. Il giorno più importante della storia di New York, più importante dell’11/9/2001: al Performance studio di Manhattan, debuttavano i Ramones. Le fondamenta della scena punk della Lower est side erano ormai solidamente edificate sulle ceneri anfetaminiche e glitter del lato oscuro della “Grande mela”.

 

1975

I KRAFTWERK

e i viaggiatori cosmici del rock

 

Il 3 maggio 1975 Autobahn (traccia uscita nel 1974) dei Kraftwerk (termine che in tedesco significa sia “centrale elettrica” sia “forza-lavoro”) entra al 25esimo posto nella classifica americana dei singoli: le macchine iniziavano a produrre musica pop. Il gruppo si era formato nel 1970, i due fondatori Ralf Hutter e Florian Schneider, entrambi diplomati al conservatorio, uno in flauto e l’altro in pianoforte, erano fortemente influenzati dal manifesto futurista L’arte dei rumori, scritto nel 1913 da Luigi Russolo, e dagli insegnamenti di un loro docente, Karlheinz Stockhausen, che occupa un posto centrale nella formazione di quella prima generazione di musicisti tedeschi post nazismo. Le sue lezioni furono fondamentali per le due più importanti band di San Francisco dei Sessanta. Ai suoi seminari, nei sei mesi di corso alla University of California, tra gli allievi troviamo Jerry Garcia e Phil Lesh dei Grateful Dead e Grace Slick dei Jefferson Airplane. Della loro musica Stockhausen dirà estasiato: «Mi manda fuori di testa». La sua imponente opera del 1966, Hymnen (“Inni”), sottotitolata Inni per suoni elettrici e concreti, è una composizione che violentava, spremeva, distorceva e non trattava per niente bene l’inno nazionale Deutschland, Deutschland uber alles. I giovani tedeschi videro in questa opera l’inizio della libertà, il taglio con il recente passato nazista e la fine dell’occupazione culturale americana.

Un anno dopo, nel 1967, in Germania esplodeva la contestazione studentesca. Nel marzo nasceva a Berlino la “Kommune 1” che introdusse nel paese pratiche di contestazione freak e happening politici. I membri della Kommune 1 vennero espulsi dalla Sds (Sozialistische deutsche studentenbund). Della “comune dell’orrore” (chiamata così dalla stampa nazionale) ci racconta Stewart Home nel suo libro Assalto alla cultura. «Uno dei più famosi interventi della comune – scrive – avvenne in seguito a un incendio in un grande magazzino di Bruxelles, e consistette nella diffusione di un volantino intitolato: Quando andranno in fiamme i grandi magazzini di Berlino?: “…I nostri amici belgi hanno finalmente capito come possono attirare l’attenzione del pubblico su quanto di malvagio sta accadendo in Vietnam: hanno dato fuoco a un grande magazzino, a 300 satolli cittadini e alle loro affascinanti vite, e Bruxelles è diventata Hanoi. Nessuno, leggendo il giornale durante un’opulenta colazione, ha più bisogno di tergersi le lacrime versate per il povero popolo vietnamita, perché oggi deve solo andare al reparto abbiglimento di Ka De We, Hertie, Woolworths, Bika o Neckerman e, con discrezione, accendersi una sigaretta nel vestibolo…”. Anche se il volantino (e l’affermazione che l’incendio di Bruxelles era stato appiccato da contestatori anti-guerra in Vietnam) era chiaramente una panzana, la stampa rimase scandalizzata. Ancora una volta la Kommune 1 era al centro dell’attenzione, e ciò toglieva il sonno alla borghesia».

Non si può parlare dei Kraftwerk, senza inserirli dentro quel filone musicale eterogeneo, noto come “krautrock”. I gruppi krautrock, al contrario della scena rock tedesco occidentale, non avevano le proprie radici in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Ma spiccavano per una musica che faceva del proprio carattere teutonico una forza, anziché un limite. Le altre più importanti band di questa scena musicale, ai più sconosciuta, ma fondamentale per l’underground, sono: Faust, Neu!, Amon Duul 1, Amon Duul 2, Ash Ra Tempel, Tangerine Dream, Cluster, Psy-Free, La Dusseldorf, Harmonia, Popol Vuh (sovente partener musicali del regista Werner Herzog), Can I Can, forse i più rappresentativi tra i “corrieri cosmici” (come amavano definirsi i componenti della scena). Anche loro, come i Kraftwerk, erano guidati da due allievi di Stockhausen: Holger Czukay e Irmin Schmidt. La musica cosmica tedesca, che era nemica del mondo patinato da rockstar, fu un lampo sui primi anni 70, quando eravamo circondati dalle seghe a vuoto di Emerson Lake & Palmer, dalla musica fonata degli Yes, dai mantra da interno borghese dei Pink Floyd di Dark side of the moon, così lontani ormai dalla grandezza dei tempi dell’Ufo club, quando li guidava Sid Barret. Dice Julian Cope nel suo libro Krautrocksampler: «È stato uno stile di vita prepotentemente pre-punk a cui giunsero solo pochi pionieri: gli Ur-punk, i veri iniziatori. Il krautrock è ciò che sarebbe stato il punk se fosse stato tutto nelle mani di Johnny Rotten: una specie di odissea gnostica a base di sballo pagano, Lsd e esplora-il-dio-che-hai-dentro-liberando-il-mostro-che-hai-dentro. Una sorta di Hawkwind più grandiosi ma senza fantascienza da Giorno del giudizio. Il krautrock è rimasto nascosto agli occhi di un pubblico probabilmente ignaro di quella sacra combinazione di Stooges, Sun Ra e MC5 tutti sullo stesso palco. Un cazzuto rock cosmico trascendentale suonato da poeti-druidi visionari in anfetamina e suuuuper-fuori-di-testa!». Cari lettori, per chi scrive è giunto il tempo di lasciarvi, il momento di riprendere il mio viaggio cosmico, di abbandonare questo pianeta. Solo che quando sono sceso sulla terra, per festeggiare il mio arrivo, mi sono ubriacato e non ricordo dove ho parcheggiato l’astronave.

 

1976

Fuck you

punk a new york

 

«Ho sempre pensato che un punk fosse uno che lo prendeva in culo». (W. Burroughs)

Cari lettori necrofili, continuerò a spacciarvi la carne morta degli anni 70, proveniente dal mattatoio della Bowery nel Lower east side della Big apple. Partiamo con la cronistoria dell’anno 1976. Nel gennaio, dopo mesi di trattative, la Sire records ingaggia i Ramones. In febbraio, il quartetto entra per la prima volta in sala di registrazione. Sempre in gennaio la Esp records annulla la pubblicazione dell’album di debutto di Wayne County & The Back-street Boys, popolare ensemble guidato dall’ambiguo e oltraggioso Dj del Max’s Kansas city, vecchio quartier generale della scena anfetaminica cittadina. Datata gennaio 1976 nasce a New York la fanzine “Punk”, per iniziativa di Legs McNeil e John Holmstrom. Sulla copertina del primo numero una caricatura di Lou Reed. Racconta Legs McNeil nel suo libro Please kill me: «Holmstrom voleva che la rivista si occupasse di tutto ciò che ci interessava – i serial televisivi, la birra, rimorchiare ragazze, i cheesburger, i fumetti, i cosidetti B-movies e questo strano tipo di rock & roll che sembrava non piacere a nessuno tranne che a noi: i Velvelt, gli Stooges, i New York Dolls, e adesso i Dictators… Pensai dunque che la rivista dovesse rivolgersi ad altri scoppiati come noi, ragazzi cresciuti con in testa soltanto i Tre Marmittoni. Ragazzi che davano delle feste quando i genitori erano via, e distruggevano la casa, ragazzi che rubano le auto e volevano solo divertirsi. Così dissi: “Perché non la chiamiamo punk?” La parola punk sembrava riassumere perfettambente tutto ciò che ci piaceva – poteva significare ubriaco, sgradevole, sveglio, ma non presuntuoso, assurdo, buffo, ironico, c’era perfino un accenno al fascino del lato oscuro».

A febbraio esce il primo numero della rivista “New York rocker”. Creata dal giornalista Alan Betrock, che la guiderà per un anno e mezzo, la pubblicazione seguirà con estrema attenzione le vicende della scena della Grande mela. Aprile: preceduto dallo storico singolo Blitzkrieg bop, esce per la Sire l’omonimo album di debutto dei Ramones. Prodotto a basso costo da Craig Leon, il disco contiene quattordici gemme da due minuti ciascuna. In copertina, la famosa foto di Roberta Bayley che ritrae Joey, Johnny, Dee Dee e Tommy, nel vicolo dietro il Cbgb’s, tempio cittadino del punk. Inaugurato nell’agosto del 1974, il locale è situato al 315 della Bowery, gestito da Hilly Kristel. Nei giorni 11 e 12 il Max’s Kansas city organizza il Max’s Easter rock festival, la sua prima rassegna dedicata alle “nuove” band, vi suoneranno: Wayne County, Pere Ubu, Marbles, Heartbreakers, Suicide, Blondie e Ramones. Richard Hell, ex Television ed ex ragazzo di Nancy Spungen, lascia gli Heartbreakers, verrà sostituito da Billy Rath. Maggio: Patti Smith debutta a Londra alla Roundhouse. Il gruppo che suonerà di spalla quella sera sono gli Stranglers. L’etichetta francese Skydog manda in stampa il disco illegale Metallic k.o, documento dell’ultimo tour degli Stooges svoltosi tra il 1973 e il 1974. Giugno: in occasione di un ennesimo festival al Cbgb’s, nei giorni dal 4 al 6 verrà tratto un doppio disco live, pubblicato dalla Atlantic. Il disco non riuscirà a documentare efficacemente il valore del punk di New York. Per ragioni non chiare verranno esclusi dalla raccolta, nonostante fossero stati registrati, i Talking Heads e Blondie. Nell’album troviamo gruppi che per la critica musicale (che non è mai stata punk) sono di secondo piano: Tuff Darts, Shirts, Sun, Mink DeVille, Laughing Dogs. Esce il secondo 45 giri di Patti Smith per la Arista, sul lato A la cover dei Them Gloria già apparsa su Horses, suo primo album, prodotto da l’ex Velvet Underground John Cale, uscito nel settembre ’75. Sul lato B la cover degli Who My generation registrata dal vivo a Cleveland. Prodotta da Allen Lanier dei Blue Oyster Cult. Luglio: i Ramones sono in Inghilterra per il loro primo concerto. Alla Roudhouse di Londra, assieme a Stranglers e Flamin’Groovies. Racconta Dee Dee Ramone, nella sua autobiografia Blitzkrieg Punk (ed. X book, 2006): «C’era vomito dappertutto. Sul pavimento, nel lavandino, traboccava persino dalla tazza del cesso. Che schifo, pensai tra me e me. Io e Sid vomitammo all’istante. Ma il bello doveva ancora venire, perché Sid tirò fuori una siringa immonda, piena di sangue incrostato sull’ago. Gli diedi un po’ di speed e lui lo infilò nella siringa per farsi uno schizzo. Poi con l’ago risucchio acqua dal cesso e riempì la siringa. L’agitò per diluire lo speed. Nell’acqua c’erano vomito, piscia e catarro. A guardarlo, sembrava che Sid non ci trovasse niente di strano. Gli interessava solamente farsi, era pronto a sopportare qualsiasi disagio pur di raggiungere in fretta il suo scopo. Con questa le ho viste proprio tutte, mi dissi». Nello stesso mese debutto al Cbgb’s per i Dictators, sulle scene da circa tre anni. Ottobre: esce Radio Ethiopia, il secondo album del Patti Smith Group. Il 18 Novembre al Cbgb’s esordiscono i Voidoids, nuovo gruppo formato da Richard Hell, prima dell’esordio, avevano fatto uscire l’Ep 18 cm another world, contenente tre brani tra i quali l’inno del punk della Bowery Blank generation, che diventerà il titolo del fim (in bianco/nero) di Amos Poe sulla scena locale. Dicembre: esce il primo disco dei Blondie dal titolo omonimo, per l’etichetta Private stock.

Il vostro “idiota” vi saluta raccontandovi l’ultima stronzata. David Peel bizzarro agitatore dell’underground newyorkese, a metà strada tra un hippie e un punk, attivo dai primi 70, lancerà nel 1978 una delle sue più efficaci provocazioni, quando nel disco King of punk, canterà un esplicito «Fuck you» all’indirizzo di tutti i principali gruppi cittadini: Ramones, Television, Talking Heads e Patti Smith. I punk sputano sempre sulla tomba dei re.

 

 

 

 

1977

BOLOGNA ’77

MAMMA DAMMI LA BENZA

 

Freak Antoni è nato stonato a Bologna.Tutti gli hanno detto: «Così stonato non potrai mai cantare in un gruppo». Ma che poteva fare un ragazzo come lui se non cantare in una rock ‘n’ roll band? È disoccupato (dalla scheda biografica degli Skiantos, distribuita dalla Cramps).

Padri indiscussi del rock demenziale gli Skiantos, nascono a Bologna nell’autunno del 1976. Il gruppo in quei giorni provava nella cantina di casa di Freak Antoni, che aggregò intorno a sé e a questo progetto ancora abbozzato, forse immaginato solo nella sua testa, una decina di persone. Dice Freak Antoni nel libro Non disperdetevi (Arcana): «Nel ’77 l’utopia diventò realtà. Presi il coraggio di registrare quel disco sperimentale che si intitolò Inascoltabile». Inascoltabile usciva per la Harpo’s bazaar, di Oderso Rubini, cooperativa di Bologna che produceva musica, video, eventi, fanzine. Ma in cosa consisteva lo spettacolo degli Skiantos, che anni dopo verrà definito dai critici una sorta di cabaret dada-punk (all’epoca i critici nostrani non erano a conoscenza del punk, né del dada, di cui si informeranno male in seguito, per riempire di stronzate i loro articoli sui Sex Pistols)? Consisteva nel tentativo di dare sfogo al desiderio di protagonismo del pubblico: giocare, in modo grottesco, sul rapporto di potere star-spettatore, gli insulti all’indirizzo dei presenti («pubblico di merda»), provocare battaglie con gli spettatori, tramite il lancio di ortaggi, subito rilanciati sul palco. Racconta Vincenzo Perna, in Alla periferia dell’impero: il punk italiano: «La pratica si codificò rapidamente, tanto che nel 1979 si poteva assistere allo sbalordimento (e all’incapacità di reagire) da parte del servizio d’ordine del Pci nel vedere entrare in sala, a un concerto del gruppo, il pubblico armato di cassette di verdura marcia. Allo stesso tempo gli Skiantos si dimostrarono abbastanza abili nel controllare la turbolenza della platea. All’apice del lancio di oggetti e d’insulti da parte del pubblico, mentre i gorilla cercavano disperatamente di impedire che gli spettatori esagitati salissero sul palco, calmarono la situazione facendosi un caffè».

La scena bolognese era composta da moltissime band, il loro giubileo avvenne, organizzato dalla Harpo’s bazaar, il 2 aprile 1979, cinque giorni prima che il boia Kalogero scatenasse la repressione contro il movimento dell’Autonomia. L’evento, “Bologna rock!” si svolse al Palasport, suonarono: Skiantos, Wind Open, Cheaters (sopprannominati i “Kiss” della bassa bolognese), Luti Chroma, Gaznevada (i miei preferiti), Bieki, Naphta, Confusional, Andy Forest, Frigos. Gli Skiantos salirono sul palco del “non” concerto, armati di fornelli da campeggio e pentole: «L’acqua bolle!! È il momento di buttare giù la pasta!». Gli spettatori, erano tantissimi, la presero veramente male, si sentivano esclusi, messi da parte, non partecipi alla spaghettata, sul palco arrivò di tutto. Un enorme gavettone d’acqua finì sul mixer a 24 piste, il concerto sembrava finito, ma in qualche modo i Gaznevada (ultimo gruppo in scaletta) riuscirono a suonare e conclusero la serata alla grande, suonando una stupenda e folle versione di Telepornovisione. La documentazione fotografica di “Bologna rock!” diventò un fotoromanzo dal titolo Polimago che uscì come supplemento a “Cannibale” il 9 maggio 1979.

La città di Bologna prima dell’insurrezione di marzo si presentava così: il Dams con i suoi 12mila iscritti, le migliaia di studenti fuorisede (che non sapevano come svoltare il salario), Radio Alice – “A/traverso” («che cento fiori sboccino-che cento radio trasmettano-che cento fogli preparino un altro ’68 con altre armi»), la prima assoluta di Inori di Stockahusen al teatro comunale nel ’76, il Festival jazz, le band rock e pre-punk della scena locale (ne ho citate prima alcune, ma ne esistevano tante altre e tante se ne formeranno dopo il ’77: Stupid Set, Tati’s Lovers, Confusional Quartet, Raf Punk, Nabat), filmaker di movimento armati di super-8 (filmavano tutto quanto succedeva in città, tranne gli scontri perché quelli si facevano con altre armi), i cantautori (Guccini, Dalla, Lolli) e le osterie, il primo corso di musica elettronica del maestro Fugazza presso il coservatorio G.B.Martini, i fumettari (Scòzzari, Pazienza), il Teatro delle Moline, le bande musicali di movimento (sempre pronte, a qualsiasi ora del giorno e della notte, a rispondere agli appelli di Radio Alice: «questo corteo non è autorizzato», e a invadere festosamente il centro cittadino).

Il paradiso era caduto su Bologna, migliaia di giovani come Adamo e Eva mangiarono il frutto proibito, ma ciò non piaceva all’arma dei carabinieri, che l’11 marzo fucilò in via Mascarella lo studente Francesco Lorusso. Ciò non piaceva al Socialismo Reale di “cosa nostra” (quello della borghesia “nepotista” rossa, quello delle coop, quello di milioni e milioni di maiali sacrificati, in un secolo di orrende e noiose feste dell’Unità) che – come a Praga nel ’68 – il 12 marzo mandò i carri armati contro il movimento. In quei giorni a Bologna, non me ne voglia qualche spacciatore di menzogne, tutti abbiamo fatto le molotov – tutti abbiamo lanciato le molotov, perché un movimento creativo, difende i propri corpi e il proprio amore, con creatività e, a volte gli ingredienti, come insegnava il libro cult dell’underground italiano …ma l’amor mio non muore (Arcana editrice, 1971; DeriveApprodi, 2003) sono: zucchero, clorato di potassio, acido solforico e benzina. Il marzo bolognese è l’ultimo figlio, dello scorso millennio, dell’insurrezione di Gordon. Ma è la madre di tutte le rivolte del nuovo millennio, iniziate a Seattle e Genova. Voglio dedicare queste “stronzate” (non so scrivere e dire altro) a Francesco Lorusso ammazzato dai carabinieri a Bologna nel 1977 e a Carlo Giuliani ammazzato dai carabinieri a Genova nel 2001. E dedicarle alle persone che amo, perché non sono un necrofilo.

 

1977

LONDRA BRUCIA

 

Avvertenze per l’uso

1) Edoardiani: datato 1948, lo stile edoardiano fu lanciato in origine come un’evocazione dell’era edoardiana precedente la prima guerra mondiale. Questo stile ricercato non riuscì a diventare moda nella sua area di mercato (Saville Row), tuttavia entrò a far parte del modo di essere della Londra malavitosa nei primi anni 50. Per via di banditi da due soldi come Colin Donellan, l’effetto risultò simultaneamente frivolo e brutale. L’edoardiano era un tipo dritto e appariscente, che sfoggiava la propria professione (malvivente da due soldi) con gli abiti indossati. In un’epoca in cui ciascuno sapeva quale era il suo ruolo, volgarizzare ciò che avevano indossato gli aristocratici era un atto esplicito di conflitto di classe.

2) La strada (nel ’77, a causa di un lunghissimo sciopero dei netturbini le strade di Londra erano piene di spazzatura e infestate dai topi): è il luogo, lo spazio libero in cui i fiori del punk potranno sbocciare sulle macerie ancora numerose dei bombardamenti. Quello spazio è un piccolo negozio (il “Sex” di Vivienne Westwood e Malcolm McLaren) dalla forma strana, al 430 di King’s road nel World’s end, l’ampio piano terra di un antico edificio vittoriano a quattro piani. I cambiamenti nella destinazione d’uso dell’edificio illustrano i mutamenti sociali intervenuti in quell’area marginale, un microcosmo di ciò che McLaren ha chiamato «l’architettura umana della città». Nell’inverno del 1967, lo stilista Michael Rainey vi traslocò il suo negozio “Hung on you”: un buon esempio della miscela sociale di moda, musica e politica divenuta il principale prodotto londinese d’esportazione nel mondo.

3) Infanzia: la celebrità è l’unica condizione adulta in cui possono immaginare di vivere gli adolescenti, poiché non si tratta di una situazione adulta, bensì dell’estrema illusione adolescente sull’essere adulti. È la messa in scena della migliore rivincita possibile, quella di un escluso sulla società. «Il punk è una stronzata. Il punk non è mai stato arte. Il punk non è mai stato situazionista. Il punk non è roba da fighetti» (scritta murale, Londra ’77). Dice in Marci, sporchi e imbecilli (Castelvecchi, 2005) Stewart Home: «Il seme proteiforme della scena dei clubs newyorkesi fu eiaculato nell’embrionale rivolta punk londinese del ’76-’77, con certi additivi che non avrebbero funzionato nel Nuovo Mondo, vale a dire l’immaginario della società britannica, repressiva».

Fine delle istruzioni. Iniziamo finalmente a parlare di dischi, concerti e avvenimenti che hanno infiammato Londra nel 1977 (fino al Giubileo). Gennaio: il 4, i Sex Pistols partono per un tour in Olanda. Il 6 il presidente della Emi, esasperato dai continui attacchi della stampa nei confronti della band, opta per la rescissione del contratto e cancella il 45 giri Anarchy in the Uk. L’etichetta verserà a McLaren a chiusura del rapporto 30mila sterline. I Clash si legano alla Cbs. Esordio discografico per gli Stranglers (tra i rari gruppi punk ad usare le tastiere) con il 45 giri Grip. Febbraio: per la Stiff esce il primo album del punk Uk: Damned Damned Damned dei Damned. Glen Matlock bassista dei Sex Pistols, in dissidio con il cantante Johnny Rotten, abbandona la band. Il 28 McLaren annuncia l’ingresso nel gruppo di Sid Vicious da sempre nella Bromley Contingent (i fan dei Pistols). Il gruppo aveva trovato in Sid l’agnello sacrificale, il “Bambi morto” da porre al centro del mito pop. La Polidor assume una nuova band, The Jam. Marzo: il 10, davanti Buckingham palace, i Sex Pistols firmano con la A&M, ma il contratto è rescisso il 16 dello stesso mese. God save the queen non viene distribuito, ma il gruppo percepisce ugualmente 75mila sterline. Il 12 i Clash presentano al Colosseum di Harlesden, una punk band interamente femminile, The Slits. Racconta Tony Parsons nel romanzo Tutto in una notte (Barbera, 2006): «Tutte le ragazze iniziavano a vestirsi così, ad accoppiare ingredienti indiscutibilmente femminili-minigonne, calze a rete, tacchi alti… ad accessori brutalmente maschiliDoctor Martens, collari e braccialetti borchiati… Ti buttavano la loro sessualità in faccia, ti chiedevano che diamine stessi guardando, e in silenzio aspettavano la tua reazione. Era una novità». Don Letts, dj Giamaicano del Roxy club, imbraccia una telecamera super-8. Il risultato sarà il documentario The punk rock movie. Aprile: i Damned sono il primo gruppo punk inglese a intraprendere un tour negli Stati Uniti. Esce Rattus norvegicus (United artists) è il primo 33 giri degli Stranglers. La Cbs immette sul mercato l’omonimo disco esordio dei Clash. Maggio: i Sex Pistols firmano con la Virgin. Il 27 esce il singolo God save the queen, subito escluso dalla programmazione radiofonica, ma nonostante il boicottaggio in cinque giorni vende 150mila copie, scala il secondo posto della classifica – le vendite basterebbero per raggiungere la vetta, ma i risultati sono alterati dalla “strana”decisione del British market research bureau di escludere dal calcolo i negozi Virgin. Nascono ufficialmente gli Adam & The Ants. Giugno: il 7, in occasione dei festeggiamenti del Giubileo della regina Elisabetta, McLaren e i Sex Pistols organizzano un concerto su un battello che naviga sul Tamigi. In seguito agli incidenti con la polizia, che interrompe la “situazione”, Westwood e McLaren vengono arrestati. L’offesa alla regina costerà cara a Johnny Rotten. Il 18 del mese, uscendo da un pub di Highbury, mentre è in compagnia del produttore Chris Thomas e del manager di studio Bill Price, vengono aggrediti e feriti da cinque individui armati di coltelli. Il giorno dopo è Paul Cook, il batterista, a essere attaccato da quattro persone, presso la stazione della metropolitana di Shepherds Bush. Nel 1977, nelle strade di Londra, Bologna, Roma e New York, il ventesimo secolo finì, portando con sé nella tomba “l’assalto al cielo” ed Elvis Presley. Nel 1977 il nuovo millennio iniziò, portando in seno i germi di nuove resistenze.

 

1978

New wave

L’onda anomala

 

La New wave non è mai stato un movimento mosso dai medesimi intenti, non si è elevata al rango di vero “genere” per la sua capacità di resistere alla risacca del già sentito e a causa del suo eclettismo. La prova di quanto è stata ricca la produzione New wave è il gran numero di dischi d’esordio che “spaccavano” emersi negli anni tra il 1978 e il 1984.

Solo negli anni 60 la scena dei newcomer era stata così abbondante di frutti con cui cibare la pancia e la mente. Fu una esplosione accesa dal punk e dalla sua logica del “tutti possono farlo”. Un filo, in ogni caso, lega quelle sonorità: la voglia di rompere con le convenzioni. Il punk e la sua rivolta avevano riportato il rock a un “grado zero” caotico e affascinante. La New wave sfruttò gli istinti creativi della nuova generazione (band, etichette, dischi e tendenze si moltiplicarono a ritmo serrato): la rielaborazione del passato, la disponibilità a confrontarsi con le nuove tecnologie, la crescente importanza del look, il diffondersi dei primi video clip, che diventeranno insostituibili strumenti di promozione e mezzo fondamentale di espressione, la spregiudicatezza nel campo della grafica, dove copertine come quelle della Factory o della 4AD lasceranno il segno quasi quanto i dischi che illustravano.

La rivoluzione c’era stata, ma con una inversione di segno, il “rifiuto del lavoro” era stato messo, in catene, al lavoro. Racconta il giornalista musicale e scrittore Tony Parsons, nel suo romanzo Tutto in una notte (Barbera, 2006): «Fu invitato in redazione da Kevin White, l’ex mod che dirigeva il giornale, e che lo aveva praticamente inventato; senza scomporsi troppo, White fu piacevolmente sorpreso che Terry avesse già visto dal vivo alcuni dei gruppi nuovi, e apprezzava la giacca di pelle da due soldi del ragazzo – fortunatamente il colloquio era avvenuto subito dopo un turno di notte in distilleria, il che garantiva un’aria sufficentemente stropicciata. Lo avevano assunto come apprendista, specializzato in musica nuova, quella che era sul punto di esplodere e che i vecchi cronisti non apprezzavano granché, ammesso che riuscissero a capirla. Ottenere il lavoro si sarebbe rivelato la parte più facile. Il direttore sapeva come mettere paura. Da cinque anni dirigeva una redazione piena di adolescenti precoci e troppo cresciuti, emarginati con un quoziente intellettivo sopra la media, alcuni dei quali abituali consumatori di sostanze illegali. Sapeva come controllare una riunione».

Abbandono, momentaneamente, le considerazioni su come cambiò il lavoro, per iniziare a scrivere una lista di dischi, fondamentali per capire la New wave, pubblicati nel 1978. Gennaio: esce White music, esordio a 33 giri degli XTC (nome che suona come “ecstasy”), il disco è un ottimo esempio di pop bizzarro e sperimentale. Gli XTC sono il gruppo più importante del pop inglese post-Beatles. Febbraio: i Tuxedomoon esordiscono con il singolo Joeboy/Pinheads on the mov, il disco uscirà per la Tidal wave. La Stiff inglese ristampa Mongoloid /Jocko Homo, il 45 d’esordio dei Devo di Akron (uno dei miei gruppi preferiti, sicuramente il più bel concerto della mia vita, nel lontano 1980). Il disco era originariamente uscito nel 1977 per la Booji boy records, etichetta personale della band. Daniel Miller dà alla luce, per la sua etichetta Mute, il 45 giri T. V. O. D. sotto il nome di The Normal, pietra miliare della New wave elettronica. Marzo: in quel di Northampton, nascono i Bauhaus (Bela Lugosi’s dead uscito nell’agosto 1979 è il brano che li ha resi immortali). I Bauhaus sono tra i fondatori del grande filone del gothic (in Italia ribattezzato “dark”), insieme a band come: Siouxsie and the Banshees, Joy Division e Cure. Aprile: per l’etichetta Lust/Unlust esce il singolo Orphans/Less of me dei Teenage Jesus & The Jerks di Lydia Lunch. Giugno: esce United singolo dei Throbbing Gristle di Genesis P. Orridge, Peter Christopherson, Chris Carter e Cosey Fanni Tutti. Luglio: esordiscono su lp, con un lavoro omonimo, i B-52’s. Nel nome il gruppo fa riferimento al tipo di acconciatura (capelli cotonati e gonfi) anni Cinquanta portato dalle due cantanti e non ai famosi bombardieri. Agosto: i Fall, band di Manchester guidata dal cantante Mark E. Smith, pubblicano l’ep Bingo master’s break out. Prodotto da Brian Eno esce (per Warner Bros negli Usa, per Virgin in Europa) Q: Are we not men? A: We are Devo! primo album per i Devo. Ottobre: esordiscono per la Virgin i Public Image Ltd: il gruppo è stato formato da Jonh Lydon (ex Rotten) dopo la fine dei Sex Pistols insieme al chitarrista Keith Levene (ex Clash) e il bassista Jah Wobble. Damaged Goods, per Fast Product, è il primo 7’’ dei Gang of Four. Novembre: The Scream uscito per la Polydor, è il primo album di Siouxsie & The Banshees. Dicembre: la Factory di Manchester dà alle stampe A factory sampler raccolta antologica con Durutti Column, Joy Division e Cabaret Voltaire. Nella Grande mela l’evento del mese è l’uscita di No New York fondamentale raccolta con Contortions, Teenage Jesus & the Jerks, Mars e D.N.A., prodotto da Brian Eno.

Con questa “lista della spesa”, imprescindibile per il neofita, spero di aver raggiunto lo scopo: invogliarvi a scaricare questi dischi, rubarli o a trovare il modo di persuadere qualcuno a regalarveli. Ma visto che nel ’78 i tempi sono cambiati lo voglio ancora ricordare con le parole di Parsons: «Non siamo più i vicini di casa della stampa underground. Questa è un’impresa. Abbiamo inserzionisti, direttori, abbonati a tutta quella merda da adulti. E ieri sera, quei cazzo di pezzi grossi erano tutti qui a lamentarsi delle droghe che prendete, della musica che ascoltate a volume troppo alto, di tutti quei giornalisti che vivono come fossero delle rockstar. Cioè di tutti voi. Non è più l’epoca dei festival gratuiti. Non più. Ecco perché, appena si riprende, Skip sarà licenziato». La rivoluzione era finita e ci toccava lavorare, in quell’istante ci accorgemmo che avevamo perso.

1979

hip hop

la vecchia scuola

 

È corretto iniziare a parlare di hip hop a partire dall’uscita di Rapper’s delight datata 1979. Molte cose sono accadute, all’interno della comunità afroamericana, prima dell’uscita di questo disco, e di queste si trova traccia nella vicenda hip hop. Vengono chiamati in causa proto-rapper militanti come Gil Scott-Heron e The Last Poetry. Musicisti come Marvin Gaye e Funkadelic. Figure politiche, diverse tra loro ma in ugual modo importanti, come Martin Luther King, Malcom X, Elijah Muhammad, Stokeley Carmichael, Huey P. Newton e Bobby Seale. Registi come Melvin Van Peebles e il fenomeno cinematografico della Blaxploitation. Disegnatori come Emory Douglas e Pedro Bell. Scrittori e poeti come Iceberg Slim, Chester Himes e Amiri Baraka (Le Roi Jones).

Lo scratch, i graffiti sui vagoni della metro e sui muri, l’intervento degli Mc ai party si affermarono tra il 1973 e il 1978, dentro il seguente scenario, descritto magistralmente da U.Net nel libro Bigger than hip hop (X Book, 2006): «I tumulti e la violenza generalizzata del periodo, la fuga delle classi medie dalle città, la ristrutturazione del mondo del lavoro e la delocalizzazione degli impianti industriali erano alla base di questi profondi cambiamenti. Il trasferimento della classe media nera al di fuori dei confini urbani intaccò le forme di relazione comunitaria tradizionali mentre la nascita dell’economia dei servizi mutò radicalmente i rapporti e le modalità del lavoro nelle comunità urbane nere, creando in questo modo la prima generazione di sottoproletari, una sottoclasse percepita dalla popolazione come deviata, pericolosa e criminale e, per lo più, nera… Queste erano le condizioni in cui nacque nelle strade e nei parchi del South Bronx la cultura hip hop. I primi protagonisti di quella scena, i vari Futura, Red Alert, Kool Herc, Crazy Legs e Flash, diplomatisi in istituti tecnici e professionali per lavorare in settori già coperti dall’automazione o in fabbriche che si trovavano ormai disseminate in altri luoghi, facevano parte a tutti gli effetti di quella prima ondata di sottoproletari neri ai margini della società. Per lungo tempo si è creduto che questa generazione avrebbe goduto dei vantaggi e dei benefici derivati dalle lotte per i diritti civili. Non fu così».

Non sono le sparatorie, le malefatte di qualche personaggio (che comunque non mancano) a scrivere la storia di questa cultura, ma la grandezza e la genialità dei dischi e la molteplicità delle discipline in cui questo stile si esprime: rap, turntablism, dance (nei vari stili di ballo), aerosol. All’inizio del 1979 a Englewood, nel New Jersey, la cantante Sylvia Robinson fonda l’etichetta Sugarhill. La squadra di punta della label è la Sugarhill Gang, composta dai rapper Master Gee, Wonder Mike e Big Bank Hank. Whbi, una piccola emittente radiofonica del New Jersey, inizia a trasmettere il “Mr. magic’s rap attack”, anticipazione di quello che saranno i programmi hip hop. Il 16 settembre la Sugarhill Gang pubblica il singolo Rapper’s delight. Il brano dura 14’10’’ e si basa su Good times degli Chic, primo in classifica. I Furious Five pubblicano due singoli: Rap more mellow (Brass) e Superrappin (Enjoy), il primo dei quali firmato con lo pseudonimo di Younger Generation. Compongono il quintetto, i rapper Raheim, Melle Mel, Cowboy, Mr Ness e Scorpio. Controlla le operazioni dalla consolle Joseph Saddler, meglio conosciuto come Grandmaster Flash. A novembre, Tanya “Sweet Tee” Winley fa uscire Vicious rap, primo singolo di rap cantato da una donna, il disco esce per la Paul Winley record. In prossimità delle feste natalizie, Kurtis Blow, un dj proveniente da Harlem e molto quotato al Bronx, incide Xmas rapping prodotto dalla Mercury, è il primo musicista hip hop a firmare un contratto con una major. In poche settimane vende 400mila copie.

Attenti, è solo l’inizio. Tre diciassettenni, Spoonie G, La Sunshine e Kool Moe Dee formano a scuola i Treacherous Three. Nel 1980 incidono Feel the heartbeat e New rap language per la Enjoy. A maggio, The Breaks di Kurtis Blow vende oltre 500mila copie e diventa disco d’oro. È il primo singolo hip hop ad ottenere tale riconoscimento. Il 19 e 20 settembre, Blow si esibisce con Bob Marley & The Wailers e i Commodores al Madison square garden di New York. La Mercury decide di pubblicare il primo album hip hop su major, Kurtis blow, che vedrà la luce a fine anno. I Furious Five mandano in stampa il disco Freedom uscirà per la Sugarhill. I Funky Four plus One More suonano al Mudd club, uno dei locali più à la page di New York.

E alla fine anche i bianchi cominciano ad accostarsi al rap. Questa nuova cultura nera passa dalla strada ai centri comunitari per arrivare, in un secondo momento, ai club “in” di Manhattan. Per poi lentamente ma inesorabilmente conquistare la scena nazionale ed internazionale. Il vostro “joker” è costretto a non andare avanti con questa storia, per non turbare il delicato stomaco di voi alternativi e antagonisti lettori, a cui piace il bollito e il brodo di papera dei 70, per poi fare finta di essere indigesti al sushi degli anni 80.

 

1980

L’AMORE CI DEVASTERÀ

 

 

Intorno alle ore 23 dell’8 dicembre 1980, nelle vicinanze del Dakota building, residence nella zona di Central Park (NY), un giovane di 25 anni Mark David Chapman armato di una calibro 38 attende John Lennon al varco. Come l’ex Beatles si avvicina all’ingresso dell’edificio, il ragazzo gli si fa incontro e chiede un autografo, ottenendolo. Poi spara. Della morte di John Lennon non me ne fregò un cazzo. Nonostante mi sarei imbarcato volentieri sul sommergibile giallo in compagnia dei 4 scarafaggi, avevo ben altro da piangere: il 18 maggio era già morto suicida Ian Curtis, non aveva ancora 24 anni.

Il cantante e leader dei Joy Division si uccide un mese dopo l’uscita dello struggente singolo Love will tear us apart, anche da solo garanzia di immortalità per la band. A luglio esce postumo il loro secondo ed ultimo album Closer (Factory). Mentre il primo disco della band di Manchester Unknown pleasures suona grezzo, ruvido e ossessivo nelle sue strutture quasi punk, il secondo è un disco avvolto da un malinconico lirismo, album cruciale per l’evoluzione della musica degli anni 80. Contenente brani irripetibili come Isolation e Decades. I Joy Division, i Bauhaus, Siouxsie & The Banshees, i Cure del triennio 1980-1982, i Christian Death (americani) di Only theater of pain, sono i gruppi che definiscono stilisticamente il dark. Musica tenebrosa e melanconica, debitrice per suggestioni al Romanticismo e per temi al romanzo Neo gotico.

La musica gotica di queste band interpretò lo spirito e i sentimenti dell’inizio di un decennio, che per la musica e il cinema fu eccezionale, ma per il resto furono anni del disincanto, dominati da sentimenti come la paura, l’opportunismo, il cinismo. Dove le alternative che il sistema imponeva erano di due tipi: acquiescenza e cocaina per chi sta dentro, galera ed eroina per chi sta fuori. La seconda ondata dark, quella dei gruppi orbitanti intorno al club londinese Batcave, superò il confine che separa li gotico dal melodrammatico e cadde sovente nell’imitazione e spesso nel ridicolo. Alla morte di Curtis il gruppo rimane unito nella formazione originale, comprendente Bernard Albrecht alla chitarra e alle tastiere, Peter Hook al basso e Steve Morris alla batteria, ma cambia il nome in New Order, proseguendo inizialmente la strada dei Joy Division ma approfondendo poi i propri legami con l’elettronica e la dance.

Per capire questo decennio importante per il nostro presente, non come i cadaverici 70 buoni solo per il museo delle cere, non basta ascoltare il suo rumore, ma bisogna amare la sua più grande visione: il film Escape from New York di John Carpenter del 1981. Come dice Andrea Colombo (nel libro Sentimenti dell’aldiquà, Theoria, 1990): «Per le strade di Manhattan, anarchia selvaggia, lotta per la sopravvivenza, predominio del più forte: ma si tratta di una anarchia sorvegliata, di uno “stato selvaggio” costruito ad arte, coscientemente indotto da chi sta al riparo dietro il muro insormontabile che circonda la città-galera. E dunque competizione sfrenata, deregolamentazione, incentivazione dell’inventiva personale, sostituzione del consumatore passivo con una nuova specie di consumatore attivo e produttivo, ma tutto, appunto, ben controllato, reso funzionale e come “messo a profitto”. Non si è dato quadro migliore e più esauriente delle condizioni del lavoro postindustriale. E raramente il crollo di ogni sistema ordinatore certo, il disgregarsi dei punti di riferimento consueti sono stati esemplificati più radicalmente che nello scontro tra il Duca di New York, efferato galeotto, e il presidente degli Stati Uniti, a sua volta messo a nudo, come notava già al momento dell’uscita del film l’editoriale di “Metropoli” n. 7, nelle sue vesti di capobrigante, boss di una gang più forte, organizzata e potente di quella capeggiata dal brutale forzato».

Come al solito il vostro amato “idiota” si è perso, quindi iniziamo a parlare di uscite discografiche del 1980, escludendo i dischi hip hop e i Joy Division. Febbraio, per la Italian record esce Nevadagaz, singolo di esordio dei bolognesi Gaznevada. Su Warner bross esce l’omonimo esordio degli Urban Verbs di Washington D. C., eccellente band art-rock. Marzo: esordio per i londinesi Monochrome Set con il 33 giri Strange boutique cui seguirà sempre nello stesso anno lp Love zombie; i due dischi usciranno per la Dindisc. Ottobre: Philip Oakey e Adrian Wright proseguono il cammino con la denominazione Human League, con nuovi compagni e svoltando verso il pop da classifica, Ian Marsh e Martyn Ware se ne vanno, daranno vita a due band dedite all’eletronica e al pop “colto”: B.E.F. e Heaven 17. Primo lp omonimo per i Killing Joke. Esce per la 4AD In the flat field dei Bauhaus. Esce l’album Kilimanjaro, per la Mercury, dei Teardrop Explodes. Novembre: i Polyrock danno alla luce l’omonimo lavoro per la Rca. Dicembre: Alan Vega dei Suicide pubblica un esordio solista omonimo per la Pcv. I Circus Mort, danno alle stampe il loro unico vinile Swallow You per la Labor. Dalle loro ceneri sorgeranno gli Swans.

Termina qui il mio viaggio (scusandomi con gli amanti degli Who, Sham 69 e dei Crass per non averne parlato), nella speranza che si seppelliscano definitivamente gli anni 70 e che questo anno possa ricordarsi come: "2007 Fuga dagli anniversari".


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