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Si corre il rischio di disertificazione culturale

Argomento: Antropologia

di Ninnj Di Stefano Busà
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Pubblicato il 27/02/2012 18:01:31


di Ninnj Di Stefano Busà SI CORRE IL RISCHIO DI UNA DISERTIFICAZIONE DI MASSA

La contemporaneità corre il rischio di una desertificazione di massa. Chi non ha punti di riferimento, volontà propria e idee chiare asseconda un vento che disperde i semi della cultura, o li orienta debolmente verso quelli che sono i valori cognitivi e prioritari dell’intelligenza e del sapere. Ogni uomo è dotato per sua natura di un quoziente intellettivo almeno di media entità, ma se si lascia inaridire senza apportarvi un minimo di alimento, la cultura, lo sviluppo, la sensibilizzazione e con essi lo sviluppo cognitivo di ogni individuo tendono ad un deterioramento che può portare alla necrosi del pensiero, alla stasi intellettiva, quanto meno si può assistere ad una desertificazione e ad un allontanamento dallo sviluppo delle idee, dei pensieri e delle memorie che sono il sale della vita.
La tecnologia dall’Ottocento in avanti, fino ai nostri giorni, ha fatto passi da gigante, ma ha lasciato indietro le qualità sublimanti dell’umanità che sono nell’ordine la definizione del suo criterio discernitivo, lo sviluppo e la promozione delle sue cellule cerebrali e l’uso della parola - il linguismo - che caratterizzano la condivisione delle idee e lo scambio del patrimonio genetico-intellettivo fra i propri simili.
Senza questi elementi l’uomo vive la sua necrosi intellettuale e decade nella scala dei valori, desertificando l’intero patrimonio di conoscenza che, con molte probabilità, ha pure segnato il suo percorso.
Ma come avviene l’elaborazione intellettiva dell’individuo? egli attinge certamente al suo patrimonio genetico/cognitivo, ma sviluppa nel tempo le caratteristiche piene di una (ri)elaborazione culturale che lo porta a crescere. Siamo circondati dal sapere ad oltranza, da migliaia di libri, da milioni di mezzi interdisciplinari: informatica, internet, rampe satellitari, digitali terrestri etc. che ci portano dritti ad una conoscenza enigmatica, tenebrosa, colma di effetti speciali, di lampadine che si accendono, di input, di videoclips, ma coi tempi che corrono, (accade assai spesso), anche si spengono.

Le turbe di oggi sono questo defilarsi della coscienza e della intelligenza, il non saper o voler più progettare uno sviluppo - a posteriore - progredire dall’istruzione primaria, non fermarsi ad un presente che non garantisce lo sviluppo individuale, poiché le facoltà dell’intero sistema cognitivo dell’uomo si arrestano ad uno stadio che vanifica lo studio ulteriore.
E’ come se tutto il sistema si atrofizzasse senza capacità di recuperi. Si vive stentatamente nell’oggi, senza uno spiraglio di luce ulteriore. Del supporto della cultura non si dovrebbe essere sufficientemente sazi, come del cibo lo stomaco per vivere, per star bene, progredire. In realtà .
Ma altri sono oggi i motivi dell’abbandono della cultura. Anche intellettuali di primo piano amano esporsi in TV a caricature dell’intelligenza, i programmi colti o almeno culturalmente preparati sono pochissimi, si tende a inquinare e contaminare l’intelligenza con aggressivi scenari televisivi, con talk show, con palcoscenici mediatici che rasentano la leicità, il decoro.
La massa tende alla schizofrenia fra l’individualismo materialistico ed edonistico e il guadagno facile e immediato che, di certo, la vera cultura non dà. Il dramma della nostra cultura è oggi un ripiegamento su se stessa, un pericolo assai fondato dovuto alla mancanza di criteri, di equilibri, di saggezza, ma anche e soprattutto alla diffusione di un modello di vita che da più materialismo che spiritualità, più guadagno e successo, garanzie di risorse immediate, piuttosto che contrappunti di scienza e di intelletto. La sapienza spirituale è divenuta un optional. La contemporaneità offre prodotti di più immediata presa, prodotti luccicanti che aspirano a criteri di valutazione egoistici e meschini, piuttosto che aspettare la fruttuosa eredità del dopo, conviene cogliere l’immediatezza e l’apparenza delle immagini, del presente.
La ricchezza è una scatola chiusa che tutti vogliono scardinare: la trasformazione interiore è divenuta una lotta continua contro la coscienza e il tempo che si fa avaro e ci depreda. La distanza dall’essere a favore dell’avere si accorcia ogni giorno di più e porta le creature del mondo ad appropriarsi dell’attimo fuggente, a proporre come sfida di vita il richiamo materiale in grado di corrispondere alle aspettative con lauti guadagni.
In questo deserto della Cultura, noi guazziamo come pesci fuor dell’acqua, ma quanto possiamo resistere prima di estinguerci? O almeno, le domande più impellenti sono: sapremo impostare la bussola verso un rieducazione delle coscienze? Sapremo rispondere alle attese di domani programmando e promuovendo le attese, le aspettative, i programmi del futuro, senza incorrere nel sistema nichilista che ci sta facendo smarrire tutte o quasi le coordinate degli umani sentimenti, del buon senso e dei valori che attengono alla palingenesi del processo rigenerativo della specie?


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