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Jura Gentium - Rom la minoranza insicura

Argomento: Filosofia

Articolo di Giorgio Mancinelli (Biografia)

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Pubblicato il 15/06/2017 11:55:41

Jura Gentium
Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale
Jura Gentium / Pagina iniziale / Discussioni online / La "minoranza insicura" /

2009
Riflessioni sull'identità dei rom

Letizia Mancini (*)

Sommario. 1. Identità tra scelta e imposizione. 2. Storia e identità. 3. La minoranza rom, il diritto e l'identità
1. Identità tra scelta e imposizione

Il concetto di identità personale può essere pensato come il risultato, sempre aperto al mutamento, di due processi: un processo di auto-identificazione e un processo di etero-identificazione (1).

Il primo processo rimanda, in termini generali, all'elaborazione personale dell'esperienza, derivante dalla storia personale, dalle scelte, dalle molteplici appartenenze della persona. In questo senso, e proprio per questo, l'identità personale è necessariamente plurale e suscettibile di cambiamento. Da questo punto di vista, se è vero che la storia costituisce un elemento rilevante in termini di identità, possiamo domandarci se nella storia del popolo rom sia possibile individuare elementi che rappresentano riferimenti identitari a livello personale.

Ma sull'identità influiscono anche, e soprattutto, le identificazioni e le classificazioni esterne che possiamo definire in termini di etero-identificazione. Questo processo rimanda infatti allo sguardo degli altri, alle classificazioni effettuate sulla base, ad esempio, delle nostre appartenenze sociali e culturali.

Uno degli strumenti più potenti nel processo di etero-identificazione, ci ricorda Max Weber, è senz'altro il diritto; non già perché esso può creare socialmente le identità, ma perché rappresenta una risorsa, materiale e simbolica, in grado di imporre e veicolare categorie e classificazioni.

La tensione, nell'identità, tra scelta personale e imposizioni esterne dipende soprattutto dalla forza e dunque dagli strumenti dei quali ciascuno può disporre. Possiamo pensare, come ci suggerisce Zygmunt Bauman, a una linea immaginaria, dove ad un estremo ci sono coloro che possono "comporre e decomporre le proprie identità più o meno a piacimento" e, all'estremo opposto, "coloro che si vedono sbarrare l'accesso alle identità di loro scelta, che non hanno voce in capitolo per decidere le proprie preferenze, e che si vedono affibbiare il fardello di identità imposte da altri" (2).

Non ci sembra azzardato collocare molti rom tra questi ultimi. Una recente indagine sociologica ha mostrato come il rom sia percepito, in Italia, fondamentalmente come una persona nomade, per scelta; una persona che per scelta vive in campi isolati dal resto della città; una persona che ruba (3); né ci sembra che il diritto italiano si discosti da questa tendenza, contribuendo al contrario a costruire una identità rom e ostacolando la sfera di libertà e di autonomia delle persone, in altre parole la possibilità di scegliere, almeno un poco, chi essere.
2. Storia e identità

Il popolo rom è costituito da una miriade di gruppi e sottogruppi sparsi in tutti continenti, da persone che utilizzano, oggi, per identificarsi, termini diversi, ora riconducibili allo Stato del quale sono cittadini - ad esempio italiani, rumeni, ungheresi, albanesi - ora alla loro appartenenza al popolo rom - ad esempio rom kalderasa, rom xoraxane -, ora termini riconducibili all'essere radicati in un territorio specifico - sinti emiliani, sinti piemontesi, rom abruzzesi, tra gli altri.

Da un punto di vista giuridico parliamo di un popolo composto in parte da persone che hanno una cittadinanza, in parte da persone che ne sono prive; da un punto di vista sociale parliamo di persone che vivono stabilmente in un luogo, ma anche di persone che attraversano luoghi; di persone che parlano dialetti tra loro molto diversi, e, infine, di un popolo che, così pare, ha nell'India il suo paese di origine

In Europa vivono circa 12-15 milioni di rom, dei quali circa il 70% nei paesi dell'Est, riconducibili a cinque gruppi: i Rom, i Sinti, i Manuś, i Kalè, i Romanićel. Questi macrogruppi si suddividono a loro volta in una miriade di gruppi più piccoli. Le classificazioni si basano essenzialmente sui percorsi storici, sui paesi attraversati o nei quali i diversi gruppi si sono fermati, ma non riflettono esattamente o necessariamente il modo attraverso il quale il rom si riconosce come membro di un gruppo. Per quanto i rom tendano a conformarsi alle classificazioni proposte da altri, infatti, è tuttavia frequente trovare distinzioni tra gruppi basati su altri criteri, fino al punto che oggi si ritiene che "qualsiasi ricerca di tassonomia sistematica dei gruppi diventa più un rompicapo enigmistico inconcludente che uno strumento di conoscenza concreta" (4).

Il nomadismo ha rappresentato, nella storia di questo popolo, uno stile di vita assai diffuso. Tuttavia, dagli spostamenti su ampio raggio che hanno segnato la storia dei rom in Europa fino alla fine dell''800, la tendenza delle famiglie, a partire dall'inizio del secolo scorso, e in misura ancora maggiore dal secondo dopoguerra, è divenuta quella di fermarsi in un'area geografica ben precisa, tendenzialmente all'interno dei confini di uno Stato.

Oggi in Italia, ad esempio, la maggior parte dei 130\150.000 rom presenti, di cui circa il 70% italiani, è stanziale e non ha mai avuto esperienze di nomadismo; laddove la vita nomade o seminomade continua ad essere praticata per ragioni di lavoro - è il caso ad esempio dei giostrai -, si tratta sempre più spesso di spostamenti ciclici su territori ben definiti. Appare azzardato invece definire nomadismo qualsiasi tipo di spostamento da un luogo ad un altro, indipendentemente dal fatto che esso sia frutto di una scelta; pensiamo ad esempio all'esodo verso l'Italia dai territori della ex-Jugoslavia a partire dal 1991, a seguito della guerra, o al più recente arrivo di rom rumeni che, nella maggior parte dei casi, non erano nomadi nel loro paese e che, come tanti altri immigrati, arrivano nel nostro paese e qui si fermano. Molto spesso, in definitiva, quello che viene definito nomadismo altro non è che la necessità di spostarsi da un luogo ad un altro in ragione di una condizione personale e giuridica precaria.

Sebbene da queste brevi considerazioni appaia difficile individuare elementi identitari condivisi all'interno del popolo rom, crediamo che proprio la storia di questo popolo sia segnata da alcune costanti che incidono fortemente in termini di identità personale.

Una prima costante è che, malgrado l'ostilità nei loro confronti, i rom si fermano in tutti i paesi europei e vi si radicano. Per alcuni gruppi un luogo può diventare un punto di riferimento essenziale in termini di identità, al punto che il loro nome deriva proprio dal significato che un determinato luogo riveste per il gruppo stesso.

Una seconda costante è la separazione: fisica e culturale. In qualsiasi luogo, oggi e in passato, i rom sono considerati stranieri, persone non riconducibili ad alcun luogo di provenienza o di appartenenza. Il rom è, al di là della sua condizione giuridica, uno straniero, e dunque viene posto, simbolicamente, al di là delle frontiere dello Stato, senza tuttavia un dove.

Ma poiché è dentro ai confini dello Stato, nella maggior parte dei paesi viene collocato in un luogo che lo tenga il più possibile separato dal resto della popolazione: il campo, un non luogo, concepito appositamente per loro, "per distinguerli dallo spazio in cui il resto della gente, la gente 'normale', vive e si muove" (5).

La separazione è anche frutto della condizione di debolezza e precarietà nella quale il rom può trovarsi; situazione che lo porta a fermarsi in un luogo nascosto, separato dal resto del mondo. In altre parole, la separazione dei rom dal mondo che li circonda finisce per diventare, in caso di debolezza, la condizione che gli stessi rom instaurano con il mondo circostante.

È indubbio, infine, che la storia del popolo rom, il vivere ai margini, le politiche di assimilazione forzata, di segregazione, di sterminio (6), di sterilizzazione (7) non possano che aver prodotto nei rom un sentimento di appartenenza ad una collettività e, spesso, un sentimento di distanza nei confronti di chi rom non è.

Rom da una parte, gagè dall'altra, sono "due vicendevoli costruzioni dell'identità" tendenzialmente "costruite in modo fortemente oppositivo" (8).
3. La minoranza rom, il diritto e l'identità

Le istituzioni europee, ed in particolare il Consiglio d'Europa, cominciano ad interessarsi dei rom alla fine degli anni sessanta (9), con azioni diverse, volte sia a monitorare la situazione dei rom in Europa, sia a predisporre strumenti per contrastare la condizione di marginalità e di discriminazione nella quale molti rom si trovano, sia, infine, a sollecitare gli Stati membri affinché riconoscano i rom come minoranza: una minoranza particolarmente discriminata ovunque. Nella raccomandazione n. 1203 del 1993 è il Parlamento europeo ad affermare che i rom costituiscono una vera minoranza europea, sebbene, vivendo dispersi in tutta l'Europa e, non avendo un proprio territorio, non corrispondano alle definizioni applicabili alle minoranze nazionali o linguistiche (10). È proprio la specificità di tale minoranza, e in particolare la mancanza di un proprio territorio di riferimento, che induce ancora il Parlamento europeo, nel 1994, ad approvare una risoluzione nella quale si chiede ai governi degli Stati membri di mettere a punto misure giuridiche, amministrative e sociali che consentano di garantire il miglioramento della situazione sociale dei rom e dei nomadi, raccomandando gli Stati di completare la Convenzione europea dei diritti umani con un protocollo aggiuntivo nel quale la definizione di minoranza possa comprendere i rom in forma esplicita, attraverso un riferimento alle minoranze che non abbiano un proprio territorio.

L'attenzione e l'azione delle istituzioni comunitarie per la tutela e la promozione dei diritti dei rom non si può dire che abbia trovato particolare riscontro nel nostro paese (11), né che siano stati fatti passi verso il riconoscimento della minoranza rom (12).

I rom non sono dunque una vera minoranza secondo il diritto italiano che, al contempo, ha contribuito a rafforzare quell'immagine dei rom già così diffusa nell'opinione pubblica.

La correlazione tra zingaro, rom e nomade è una costante, ad esempio, nelle leggi regionali emanate a partire dagli anni '80, molte delle quali erano volte proprio a tutelare l'identità nomade. Così, ad esempio, la Regione Lombardia "riconosce il diritto al nomadismo e tutela il patrimonio culturale e l'identità delle 'etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi'" (13); la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia "tutela, nell'ambito del proprio territorio, il patrimonio culturale e l'identità dei Rom, giusta la Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo stato di apolide (28 settembre 1954) che nel termine comprende e considera anche i Sinti ed ogni altro gruppo zingaro nomade" (14); la legge regionale del Lazio indica tra le sue finalità quella di "salvaguardare l'identità dei rom ed evitare impedimenti al diritto al nomadismo" (15); quella umbra "intende favorire l'insediamento dei nomadi di cittadinanza italiana nel contesto sociale, garantendo la salvaguardia dell'identità e della cultura nomade, riconoscendo il diritto al nomadismo" (16).

Se in quegli anni tali leggi rappresentarono una piccola rivoluzione nella tradizione giuridica e nell'atteggiamento delle istituzioni nell'occuparsi dei rom, non più solo in termini di sicurezza, bensì anche come gruppo etnico-culturale (17), la maggior parte di esse "fotografano, nel migliore del casi, una realtà che non esiste più" (18), assolvendo, al tempo stesso, alla funzione di mantenimento dello stereotipo dello zingaro\nomade. Vi è da aggiungere che se è vero che il nomadismo rappresenta un aspetto identitario da tutelare, ne consegue che le norme che intendono tutelare questo aspetto dell'identità dovrebbero prevedere strumenti e modalità attraverso le quali le persone possono spostarsi da un luogo all'altro, ciò che la normativa non prevede. Nella maggior parte delle leggi regionali, infatti, emerge in tutta chiarezza il legame tra tutela del nomadismo e costruzione di campi sosta. Il campo sosta diventa il luogo dove il rom ha diritto, forse, ma soprattutto ha il dovere di vivere, seguendo precise regole di comportamento, pena l'espulsione (19).

In altre parole il nomadismo previsto dalla normativa assume nella pratica un significato ben preciso: uno stile di vita costituito da case prefabbricate o da roulotte, dove tenere il rom separato dal resto della popolazione (20).

In tempi più recenti, infine, rom-nomade diventa altresì sinonimo di soggetto pericoloso, alla presenza del quale viene a determinarsi "una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali", come recita il decreto del 21 maggio 2008 che, appunto, dichiara "lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni della Campania, Lazio e Lombardia". Sulla base del decreto vengono, come è noto, emanate tre ordinanze applicative "per fronteggiare lo stato di emergenza nel territorio del Lazio, della Campania e della Lombardia". In queste ordinanze la questione dell'identità diventa centrale, prevedendo l'art.1 innanzitutto l'identificazione e il censimento "delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti [nei campi autorizzati e negli insediamenti abusivi] attraverso rilievi segnaletici", e dando luogo, secondo alcuni (21), ad una vera e propria schedatura su base etnica.

Il rom dunque è nomade, è un potenziale criminale, la sua identità richiama "schemi tipici", comporta "l'adesione agli schemi di vita che per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole" (22).

Questi i tratti necessari e sufficienti dell'identità dei rom, tutt'altro che plurale, tutt'altro che mutevole. Si tratta dell'identità rom percepita a livello sociale, ma che il diritto italiano oggi, forse in misura maggiore rispetto a ieri, sostiene, invece che adoperarsi affinché venga, seppure a fatica, rimossa.
Note

*. Università di Milano.

1. Cfr. ad esempio P. Bourdieu, "L'identité et la representation", Actes de la recherche en sciences sociales, 35 (1980), pp. 63-72 e R. Brubaker, F. Cooper, "Beyond 'Identity'", Theory and Society, 29 (2000), pp. 1-47.

2. Z. Bauman, Intervista sull'identità, Roma-Bari, Laterza 2003, p. 42.

3. La ricerca è stata presentata da Renato Mannheimer alla Conferenza europea sulla popolazione rom, organizzata dal Ministero dell'Interno e dal Ministero della Solidarietà sociale a Roma nel gennaio 2008. Tra i risultati più significativi: il 84% degli intervistati ritiene che i rom sono prevalentemente nomadi; il 92% associa l'immagine dello zingaro a quello del ladro; l'83% ritiene che lo zingaro sta per propria scelta in campi ai margini della città. Per un breve resoconto dell'indagine cfr. P. Arrigoni, T. Vitale, "Quale legalità? Rom e gagi a confronto", Aggiornamenti sociali, (2008), 3, pp. 182-194.

4. L. Piasere, I rom d'Europa. Una storia moderna, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 68.

5. Z. Bauman, op. cit., p. 45.

6. Si calcola che lo sterminio nazista dei rom, il Porrajmós, abbia ucciso tra i 200.000 e i 500.000 rom; cfr. tra gli altri, I. Hancock, The Pariah Syndrome. An Account of Gypsy Slavery and Persecution, Ann Arbor, Karoma, 1987; F. Müller-Hill, Scienza di morte. L'eliminazione degli ebrei, degli zingari e dei malati di mente, Pisa, ETS, 1989; L. Bravi, Altre tracce sul sentiero di Auschwitz. Il genocidio dei Rom sotto il Terzo Reich, Roma, CISU, 2002. È significativo, a questo proposito, che il Parlamento europeo nella risoluzione del 31 gennaio 2008 su una strategia europea per i rom abbia invitato "la Commissione e le autorità competenti a compiere i passi necessari per porre termine alle attività di ingrasso dei suini sul sito dell'ex campo di concentramento di Lety (Repubblica Ceca), lasciando spazio ad un monumento commemorativo che onori le vittime delle persecuzioni".

7. Sono ampiamente accertate e documentate le politiche di sterilizzazione forzata delle donne rom compiute in diversi paesi dell'Est e del Nord Europa, ancora in atto in alcuni paesi, come denunciato nel 2006 dal Parlamento europeo nella risoluzione sulla situazione delle donne rom nell'Unione Europea.

8. L. Piasere, op. cit., p. 29. Si parla, a questo proposito, di "identità relazionale" piuttosto che di "identità etnica", per sottolineare il fatto che molto spesso l'identità dei rom è costruita sulla contrapposizione al mondo circostante; cfr. M.S. Stewart, "'Identità sostanziale e identità relazionale': gli zingari ungheresi sono un gruppo etnico?", in L. Piasere (a cura di), Comunità girovaghe, comunità zingare, Napoli, Liguori Editore, 1995, pp. 315-341. Sul legame tra identità e opposizione al mondo circostante si veda anche diffusamente J.-P. Liegeois, Roma in Europe, Strasbourg, Council of Europe Publishing, 2007, pp. 95 sgg.

9. È del 1969 la raccomandazione n. 563 sulla situazione dei gruppi rom e di altri gruppi nomadi, nella quale viene denunciata la discriminazione diffusa nei confronti dei rom, dovuta alla loro appartenenza ad un gruppo etnico particolare, e nella quale si esortano i governi degli stati membri a porre fine ad ogni forma di discriminazione. Tra i primi documenti che seguirono, la risoluzione del Comitato dei Ministri n. 13 del 1975, contenente raccomandazioni sulla situazione sociale dei nomadi in Europa e la risoluzione n. 125 del 1981, adottata dalla Conferenza degli Enti locali e regionali d'Europa, sul ruolo e la responsabilità degli Enti locali e regionali di fronte ai problemi culturali e sociali delle popolazioni di origine nomade.

10. Si veda in tal senso la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

11. È opportuno ricordare che l'Italia è stata più volte richiamata dalle istituzioni europee in merito alle politiche adottate nei confronti dei rom. Così, ad esempio, la Commissione Europea contro il Razzismo e l'Intolleranza (ECRI) ha denunciato nel 2002 la politica relativa a i rom in Italia; cfr. ECRI, 2nd Report on Italy adopted the 22th June 2001, Strasburgo, ECRI, 2002; con decisione sul merito il Comitato Europeo per i Diritti Sociali nel 2005 ha dichiarato che l'Italia viola sistematicamente il diritto dei rom ad un alloggio adeguato: cfr. approfonditamente M. Pedrazzi, "Il Consiglio europeo dei diritti sociali riscontra la violazione da parte dell'Italia del diritto dei rom ad un alloggio adeguato", Diritti umani e diritto internazionale, (2007), 1, pp. 155-160.

12. Il romanés non è contemplato nella legge n. 482 del 1999 "Norme in materia di minoranze linguistiche storiche", benché diverse proposte di legge precedenti la includessero e così anche la prima versione della stessa legge. L'unico documento ufficiale riferito specificatamente ai rom è un'ampia relazione sulle comunità sprovviste di territorio, nella quale si legge che "allo stato attuale non esiste nel nostro ordinamento alcuna norma che preveda e disciplini 'l'inclusione' e 'il riconoscimento'delle popolazioni rom nel concetto di 'minoranza etnico-linguistica'". La relazione, a cura di M. Scalia, è pubblicata nel sito del Ministero dell'Interno.

13. Legge regionale n. 77 del 22\12\1989

14. Legge regionale n. 11 del 14\03\1988

15. Legge regionale n. 82 del 25\05\1985

16. Legge regionale n. 32 del 27\04\1990

17. L. Mancini, "Il debole riconoscimento di una minoranza. Il caso degli zingari", Diritto, immigrazione e cittadinanza, (2001), 3, pp. 65-72.

18. N. Sigona, L. Monasta, Cittadinanze imperfette. Rapporto sulla discriminazione razziale di rom e sinti in Italia, Caserta, Edizioni Spartaco, 2006, p. 17.

19. Si vedano da ultimo il Regolamento delle aree destinate ai nomadi nel territorio del Comune di Milano e il Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio.

20. Sulla "politica dei campi" italiana cfr. P. Brunello (a cura di), L'urbanistica del disprezzo. Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma 1996, European Roma Rights Center, Il paese dei campi. La segregazione razziale dei rom in Italia, Budapest 2000; M. Sigona, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l'invenzione degli zingari, Civezzano, Non luoghi 2002; da ultimo, G. Bezzecchi, M. Pagani, T. Vitale, I rom e l'azione pubblica, Nicola Teti Editore, Milano 2008.

21. Così ad esempio S. Rodotà, "La schedatura etnica e la democrazia inquinata", La Repubblica, 1 luglio 2008.

22. Così si legge nella sentenza del Tribunale per i Minorenni di Napoli, depositata il 29 settembre 2009, nella quale viene respinta l'istanza di scarcerazione di una minore rom accusata di aver rapito una neonata a Ponticelli nel maggio del 2008.
Jura Gentium, Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, ISSN 1826-8269


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