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David di Donatello - tutto quello che c’è da sapere.

Argomento: Cinema

Articolo di Gio-Ma 

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Pubblicato il 23/03/2018 07:09:08

DAVID DI DONATELLO 2018
In collaborazione con Cineuropa, il meglio del Cinema nel mondo.

'Ammore e malavita' vince il David del miglior film
articolo di Vittoria Scarpa.

22/03/2018 - Il musical dei Manetti Bros. conquista in tutto 5 premi del cinema italiano. Miglior regista è Jonas Carpignano. 4 David a Nico, 1988, Jasmine Trinca e Renato Carpentieri i migliori protagonisti:

“Voglio che il David rappresenti la diversità di tutto il cinema italiano”: con queste parole la neopresidente dei David di Donatello, Piera Detassis, ha introdotto ieri sera l’annuncio del miglior film alla 62a edizione dei premi annuali del cinema italiano, tenutasi a Roma. E “diverso” sicuramente lo è Ammore e malavita, il musical napoletano dei Manetti Bros. presentato in concorso all’ultima Mostra di Venezia, che si è aggiudicato 5 David in tutto: oltre al titolo più ambito del miglior film, quello di miglior attrice non protagonista per Claudia Gerini (che conquista il suo primo David dopo 6 nomination), miglior musicista per Pivio & Aldo De Scalzi, miglior canzone originale e miglior costumista (ex aequo con Riccardo va all’inferno).

Altro film protagonista della serata, per numero di premi (4 in tutto), è stato il vincitore di Orizzonti a Venezia, 'Nico, 1988' di Susanna Nicchiarelli: miglior sceneggiatura originale, truccatore, acconciatore e suono. Ma il secondo David di maggior peso, quello della regia, è andato al candidato italiano agli ultimi Oscar, 'A Ciambra' di Jonas Carpignano, che si porta a casa anche il trofeo del miglior montatore (il brasiliano Affonso Gonçalves). Miglior regista esordiente è Donato Carrisi per La ragazza nella nebbia.

Ancora tanta Napoli nel palmarès dei David di quest’anno: due premi ciascuno vanno infatti a Napoli velata e 'Gatta Cenerentola'. Il film di Ferzan Ozpetek girato nella capitale partenopea ha avuto la meglio nelle categorie di miglior scenografia e miglior fotografia; il film d’animazione di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, ambientato nella stessa città, ha prevalso invece per gli effetti speciali e per il miglior produttore (Mad Entertainment e Rai Cinema). Un David importante, inoltre, va a 'La tenerezza' di Gianni Amelio (anche qui set a Napoli): quello del miglior attore protagonista per Renato Carpentieri. Miglior protagonista femminile è invece Jasmine Trinca per 'Fortunata', già premiata a Cannes per questo ruolo: è il suo primo David dopo 7 nomination.

Miglior attore non protagonista è Giuliano Montaldo per 'Tutto quello che vuoi', film premiato anche con il David giovani; da segnalare inoltre il titolo di miglior sceneggiatura non originale per 'Sicilian Ghost Story' di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. A bocca asciutta, nonostante le 8 nomination, è rimasto 'The Place' di Paolo Genovese. Miglior film dell’Unione europea, infine, è 'The Square' di Ruben Ostlund, Palma d’oro a Cannes.

I vincitori dei David di Donatello 2018:

Miglior film
Ammore e malavita - Manetti Bros.
Miglior regia
A Ciambra - Jonas Carpignano (Italia/Brasile/Stati Uniti/Francia/Germania/Svezia)
Miglior regista esordiente
Donato Carrisi - La ragazza nella nebbia (Italia/Francia/Germania)
Miglior sceneggiatura originale
Susanna Nicchiarelli - Nico, 1988 (Italia/Belgio)
Miglior sceneggiatura non originale
Fabio Grassadonia, Antonio Piazza - Sicilian Ghost Story (Italia/Francia/Svizzera)
Miglior produttore
Luciano Stella e Maria Carolina Terzi per Mad Entertainment e Rai Cinema - Gatta Cenerentola
Miglior attrice protagonista
Jasmine Trinca - Fortunata
Miglior attore protagonista
Renato Carpentieri - La tenerezza
Miglior attrice non protagonista
Claudia Gerini - Ammore e malavita
Miglior attore non protagonista
Giuliano Montaldo - Tutto quello che vuoi
Miglior autore della fotografia
Gian Filippo Corticelli - Napoli velata
Miglior musicista
Pivio & Aldo De Scalzi - Ammore e malavita
Miglior canzone originale
“Bang Bang” - Pivio & Aldo De Scalzi, Nelson, Serena Rossi, Franco Ricciardi, Giampaolo Morelli - Ammore e malavita
Miglior scenografo
Deniz Gokturk Kobanbay, Ivana Gargiulo - Napoli velata
Miglior costumista (ex aequo)
Daniela Salernitano - Ammore e malavita
Massimo Cantini Parrini - Riccardo va all’inferno
Miglior truccatore
Marco Altieri - Nico, 1988
Migliori acconciatore
Daniela Altieri - Nico, 1988
Miglior montatore
Affonso Gonçalves - A Ciambra
Miglior documentario
La lucida follia di Marco Ferreri - Anselma Dell’Olio
Migliori effetti digitali
Mad Entertainment - Gatta Cenerentola
Miglior suono
Adriano Di Lorenzo, Alberto Padoan, Marc Bastien, Eric Grattepan, Franco Piscopo - Nico, 1988
Miglior film dell’Unione europea
The Square - Ruben Ostlund (Svezia/Germania/Francia/Danimarca/Stati Uniti)
Miglior film straniero
Dunkirk - Christopher Nolan (Regno Unito/Paesi Bassi/Francia/Stati Uniti)
David al miglior cortometraggio
Bismillah - Alessandro Grande
David giovani
Tutto quello che vuoi - Francesco Bruni
David speciale
Stefania Sandrelli
Diane Keaton
David alla carriera
Steven Spielberg

FESTIVAL Italia

Birgit Minichmayr apre il Bolzano Filmfestival Bozen 2018
di Camillo De Marco.

21/03/2018 - L’attrice austriaca inaugura il 10 aprile, con il film Tiere, la 32esima edizione della rassegna sul cinema di Italia, Germania, Svizzera e Austria. La Lituania è il paese ospite
Sarà l’attrice austriaca Birgit Minichmayr (3 Days in Quiberon), tra le più eclettiche della sua generazione, ad inaugurare il 10 aprile, con il film Tiere, la 32esima edizione del Bolzano Filmfestival Bozen. In totale, dal 10 al 15 aprile prossimi saranno in programma al festival circa 65 tra lungometraggi, documentari, corti: non solo in concorso, ma in diverse sezioni specifiche, a creare un programma variegato e sfaccettato.

Le due giurie internazionali, che giudicheranno il miglior lungometraggio e il miglior documentario sono composte da Carlos Gerstenhauer (Direttore della sezione film del BR – Bayerischer Rundfunk), Sarah Franzosini (giornalista di Salto.bz), Andrea Schramek (attrice e sceneggiatrice) per i film di finzione e Klaus Schaefer (per decenni capo del FFF - FilmFernsehFonds Bayern), Nela Märki (montatore), Daniela Cecchin (Filmfestival della Lessinia) per i documentari.

Entrambi i concorsi hanno come unico vincolo di selezione la provenienza dei lavori da uno dei seguenti Paesi dell’arco alpino: Italia, Germania, Svizzera e Austria, in un'alternanza tra lingua italiana e lingua tedesca tipiche di quel territorio di confine. I film in concorso: Three Peaks di Jan Zabeil, regista berlinese che ambienta nelle Alpi italiane un dramma famigliare a sfondo giallo; Once Upon a Time... Indianerland di Ilker Catak, che racconta le vicissitudini del diciassettenne Mauser; Chi salverà le rose? firmato dal regista Cesare Furesi, delicata storia di una famiglia arcobaleno ante litteram che si troverà ad appianare attriti e incomprensioni; A Ciambra, di Jonas Carpignano, premiato a Cannes con l’Europa Cinemas Label, storia della piccola comunità Rom di Gioia Tauro; L’Animale di Katharina Mückstein, selezionato in Panorama alla Berlinale, che racconta le vicissitudini della studentessa diciottenne Mati e della sua banda di motociclisti di cross; L’età imperfetta, di Ulisse Lendaro, storia della diciassettenne Camilla che sogna di diventare ballerina; Mario del regista svizzero Marcel Gisler, una storia d’amore tra calciatori professionisti; The Garden, opera prima di Sonia Maria Kröner lanciata in anteprima al Toronto IFF, che ci racconta come, nell'estate del 1976, un cortile di famiglia diventa il set di situazioni tragicomiche.

I documentari in concorso sono Die Fünfte Himmelsrichtung, del giovane regista sudtirolese Martin Prinoth; MABACHER – ungebrochen dell’austriaco Stefan Wolner; Das versunkene Dorf di Georg Lembergh e Hansjörg Stecher; Harry Winter di Giovanni Totaro; La botte grossa di Sandro Baldoni; The Poetess di Stefanie Brockhaus e Andi Wolf; Wildes Herz di Charly Hübner e Sebastian Schulz; Willkommen in der Schweiz della regista Sabine Gisiger.
La Lituania, infine, è il Paese ospite nel Focus Europa di questa edizione del Bolzano Film Festival Bozen, con una rassegna di film organizzata in collaborazione con il Lithuanian Film Centre di Vilnius.

BERGAMO 2018 Premi:

Il film vincitore del Bergamo Film Meeting è Secret Ingredient di Gjorce Stavreski
di Camillo De Marco

19/03/2018 - Il secondo premio è andato a Ice Mother di Bohdan Sláma e il terzo ad Apostasy di Daniel Kokotajlo. The Third Option di Thomas Fürhapter è il miglior documentario
La 36ª edizione del Bergamo Film Meeting si è conclusa lo scorso fine settimana con il primo premio assegnato a S'ecret Ingredient' di Gjorce Stavreski nel Concorso Lungometraggi. Il vincitore riceve il premio Ubi Banca, destinato ad essere un aiuto concreto per le produzioni che investono nei giovani autori e nel cinema indipendente. Il Secondo Premio è andato a 'Ice Mother' di Bohdan Sláma e il Terzo Premio a 'Apostasy' di Daniel Kokotajlo. 'The Third Option' di Thomas Fürhapter ha vinto il Cgil Bergamo per il miglior documentario, assegnato al miglior film sulla base delle preferenze espresse dal pubblico per promuovere e sostenere produzioni cinematografiche indipendenti.

Ecco l'elenco completo dei vincitori in Concorso:

Primo Premio Bergamo Film Meeting – Ubi Banca
Secret Ingredient - Gjorce Stavreski (Macedonia/Grecia)
Secondo Premio Bergamo Film Meeting
Ice Mother - Bohdan Sláma (Repubblica Ceca/Slovacchia/Francia)
Terzo Premio Bergamo Film Meeting
Apostasy - Daniel Kokotajlo (Regno Unito)
Visti da Vicino - Premio Miglior Documentario Cgil Bergamo
The Third Option - Thomas Fürhapter (Austria)
Premio della Giuria CGIL
City of the Sun - Rati Oneli (Georgia/Paesi Bassi/Qatar/USA)


Bergamo 2018 - Intervista di Cineuropa a Liv Ullmann • Regista e attrice.

“Deve esserci un motivo se penso sempre in termini di donne”
di Bénédicte Prot.

21/03/2018 - La scorsa settimana, Liv Ullmann è stata ospite d’onore al 36° Bergamo Film Meeting (10-18 marzo), dove abbiamo parlato con lei della sua carriera e dell’essere una regista.
Emergere come musa del maestro svedese Ingmar Bergman non ha dato a Liv Ullmann che uno slancio maggiore per diventare non solo un'attrice unica al mondo, famosa nel cinema e nel teatro, ma anche una sceneggiatrice e regista affermata. La scorsa settimana, Ullmann, il cui amore per il cinema è nato da bambina (e si è nutrito di tre film del maestro italiano Vittorio de Sica), è stata ospite d'onore al 36° Bergamo Film Meeting (10-18 marzo), che le ha dedicato una retrospettiva con tutti i suoi film da regista, da Sofie (1992) a Miss Julie (2014), oltre a molti dei capolavori cui ha dato vita come attrice, una monografia e una mostra. Cineuropa ha parlato con l'attrice e regista norvegese della sua carriera, dell’essere una regista e di altro.

Cineuropa: Ha cominciato a dirigere dopo 35 anni di carriera cinematografica. Perché (solo) allora?

Liv Ullmann: Perché non ho mai davvero voluto essere una regista, non ci pensavo nemmeno. Ma ero un’autrice letteraria e facevo molti discorsi, quindi mi fu chiesto di scrivere un film per una produzione danese. Lo feci e la sceneggiatura piacque, così mi dissero "perché non dirigi tu stessa?". Io risposi "dite sul serio?", poi chiamai Ingmar e gli chiesi "pensi che io possa dirigere?" e la sua risposta fu "sì, puoi dirigere", e dopo ha continuato a sostenermi. Così ho diretto il film, e improvvisamente, in realtà la prima settimana, ho capito che ero un'attrice da così tanto tempo che avevo imparato a dirigere: tutto quello che desideravo come attrice dal regista, potevo farlo io.

Ha trovato difficile, nel corso degli anni, essere una regista?

Sì, è difficile essere una donna e una regista, in termini di rispetto, ma molto ha anche a che fare con me come donna, e all'inizio non ero la migliore. Andavo in giro chiedendo "devo andare a prenderti un caffè? C'è qualcosa che vorresti che facessi per te?", perché è così che sono cresciuta. Ho capito dopo la prima settimana che non era quello che una donna avrebbe dovuto fare, e certamente non una regista donna. C'era anche l'impatto negativo del fatto che ero un'attrice – voglio dire, se sei già considerato una persona debole perché sei una donna, lo è ancora di più se sei anche un'attrice, quindi dovevo combattere anche contro questo, ma gli attori si sono adattati molto bene a me. Ho dato loro molta fiducia e libertà, e gli è piaciuto il fatto che dipendessi davvero dalla loro creatività e che ci credessi, così una volta che ho avuto gli attori dalla mia parte e ho cominciato a comportarmi come una donna adulta, ha funzionato alla perfezione. Mi sono sentita meglio anche come attrice, per il rispetto che provavo per gli attori. Mi piace molto essere una regista, sia nel cinema che nel teatro.

Tutti i suoi film hanno protagoniste femminili. Ha mai considerato la possibilità di fare un film incentrato su un personaggio maschile?

Forse mi concentro sulle donne perché tendo a essere un po’ autobiografica, come faccio nei miei libri, tendo a scavare nella mia storia... Ma sa una cosa? Questa è una buona idea! Non ho intenzione di dirigere ancora, ahimè, ma nessuno mi ha mai fatto questa domanda, e ora penso che mi sarebbe piaciuto farlo! Deve esserci un motivo se penso sempre in termini di donne; significa che penso sempre in termini di ciò che so, ma in realtà, sì, mi sarebbe piaciuto scrivere una storia su un uomo, nel modo in cui lo concepisco. Per sfortuna, è troppo tardi per giocare con questa idea, dal momento che ho deciso di non dirigere più.

Visto che la sua carriera è stata molto internazionale, conosce bene sia la scena americana che quella europea. Trova che l'ambiente di lavoro sia diverso da una sponda all’altra dell’oceano?

Nel cinema, lo è. Negli Stati Uniti, è tutto così grande; ci sono così tante persone coinvolte e i sindacati sono così forti. Se sei un regista, non puoi guardare attraverso la camera e ci sono molte cose complicate. Penso di sentirmi più a mio agio in un'atmosfera europea, ma per quanto riguarda il teatro, sia negli Stati Uniti, in Australia, a Londra o altrove, è più o meno lo stesso. In Norvegia, ovviamente, è tutta un'altra cosa: lì, non sono solo una donna, non sono solo un'attrice, non sono solo vecchia, ma sono anche norvegese.

INDUSTRIA Europa centrale e orientale

Praga ospita un dibattito sui rischi del fare documentari e giornalismo
di Vladan Petkovic.

20/03/2018 - In inglese: Un panel durante l'East Doc Platform discute i rischi del giornalismo e del fare documentari alla luce del recente omicidio di un giornalista investigativo in Slovacchia.

Questo articolo è disponibile solo in inglese.

The murder of Slovak journalist Jan Kuciak and his fiancée, Martina Kušnírová, who were investigating the connections between the country's politicians and the Calabrian ’Ndrangheta mafia clan, has been the talk of Central Europe since it occurred on 25 February, igniting protests in the country and even triggering the resignation of prime minister Robert Fico. For better or worse, these events fit in squarely with the East Doc Platform theme for this year, “New Resistance”, and the Prague documentary industry gathering included a very interesting panel on the risks of journalism and documentary filmmaking in the current climate.

The panel was moderated by Czech journalist Veronika Sedláčková and featured the following speakers: Estonian producer Max Tuula, known for his documentaries about Russian politics, including The Trial: The State of Russia vs Oleg Sentsov; Polish filmmaker Konrad Szołajski (The Battle with Satan); Kenan Aliyev, editor of Current Time TV, an independent channel based in Prague and broadcasting for Russian-speaking audiences; Bulgarian filmmaker Vesela Kazakova (The Beast Is Still Alive [+]); and Czech producer and filmmaker Filip Remunda (best known for Czech Dream and as the Czech co-producer of films by Vitaly Mansky).

Right from the start, the panel focused on Kuciak's murder and the reactions to it. “The situation in Poland is complex, difficult and not very optimistic,” began Szołajski. “But nobody has been killed so far. People have been beaten up or arrested, or they have gone through difficult court trials, but still, courts in Poland are often fair. Society there is divided, but we haven't slid as far as we’ve seen in Slovakia, so this is a shock.”
Remunda agreed: “I think this event broke a taboo in the region. A journalist and his partner died, and the likely motive for the murder was his work; this hasn't happened before, but it sometimes happens in Russia. And once there are several murdered journalists, you feel like it could easily happen to you, and you also get a lot more self-censorship, fear and cautious approaches from the media.”

Tuula reflected on the situation in Russia, where he makes political films: “Our project The Term included many young documentarians, and the idea was to create an alternative source of news for Russia when the protests against Putin started at the end of 2011. The streets of Moscow were full of protesters, but there was nothing on Russian TV. The people behind the project started a format revolving around documentary news: small reports in a documentary style, which we put online. It was a new source of information, and after four years, we can see there is a new generation of students who took to the streets last spring, and who were brought up in a different way. They use the internet, and there is a way that they can find out about things that are not available via the official channels. I think the government has realised that this is something they cannot control, and it's a big surprise for them.”

How does censorship in Eastern Europe reflect on documentary filmmaking? The reception of Kazakova and her partner Mina Milevas's 2014 film Uncle Tony, Three Fools and the Secret Service, which was a fiction title about a secret service agent in communist Bulgaria, caused huge problems for them at home, even before they made the documentary The Beast Is Still Alive (2016), about how the structures from the old system still rule the country.
“The Film Guild told us we wouldn't receive any money for our next film, and we were interrogated for a year-and-a-half by the public prosecutor, who attacked our copyright contracts, as they wanted to put us in jail. We almost closed the company and stopped making films, but this harassment didn't go away without a lot of support from European institutions that stood behind us and appealed to the Bulgarian Minister of Culture and the Film Guild. Without it, we wouldn't have gone on to make The Beast Is Still Alive. It gave us a lot of courage and strength.”

Szołajski recounted a less threatening but, essentially, no less dangerous experience from Poland. “Censorship in Poland does not come direct from state structures, but rather it's financial. Almost all of the sources that are controlled by the state are now not supporting anything that the authorities don't like. This wave of censorship is something that started seven to ten years ago, together with a wave of right-wing thinking that is influencing the public sources of financing. I have been forced to find more and more money abroad for my films. So the film I am making now is not so difficult, because I was helped by Scandinavian, French and Swiss broadcasters.”

Remunda weighed in with the example of the Czech State Cinematography Fund, the official body in which independent experts grant funding to projects. “This level of autonomy is very important and must be protected because it ensures that one day, you can apply with a film that is critical of the president, for instance,” he said. “There have been calls to bring Czech TV under state control, which would mean the parliament would appoint people who would then make the network's staffing and editorial decisions and so on... This is absolutely unacceptable and dangerous, and it would infringe on our freedom.”

However, Remunda also pointed out how to cleverly use the advantages that documentary cinema offers as a form over journalism. “One has to be careful to shoot a film in a way that doesn't make it look like you're being paid by another party. This is certainly a relevant question, and that's why the creative aspect of the film must be sufficiently amped up for it not to come across as a commissioned piece,” he said.

The significance of documentaries as a tool in the struggle to get the truth out there was highlighted by Aliyev: “When you look at the ratings for our channel, which is dedicated to news and information, documentaries are beating the news. For me, it's a serious indication that shows that people are more interested in these special projects than they are in the news, which is not censored on our channel. It means we should continue investing in these projects, and we will; that's why we are building relations with events like the East Doc Platform or the Jihlava IDFF, connecting with filmmakers… We have a fund providing some support to films focused on Russia and Ukraine, and the world of documentaries is a wonderful world. They deserve all the support they can get; they are an important tool or a commodity that makes viewers more enlightened and educated, and at the same time, it's a beautiful genre.”

Buon Cinema a tutti.

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