PRATI VERDI
Cammino tra i prati verdi della mia infanzia nel pensiero di giorni immemori, crudeli nell'evolversi , nello esprimere efebiche forme che s'elevano in vane scritture , come in un vivere derelitto, che preme contro il suo essere ,nello schernire che circoscrivere il bello, il vano dire per rime eretiche ,veggenti versi ,profeta efebico che siede in seno al nostro dire. Immeritevoli ,illogiche ,genuflessi significati , copule nei pronomi di un sapere che consuma se stesso nell'ossesso delle lettere , migranti in diverse forme , tutte unite nella falsa visione di beceri intrallazzi d'un vecchio istrione.
Ora si giace in disparte , chini in evoluzioni liriche, iperbolici slanci , piccole eretiche espressioni , ermetici presagi che sfuggono alla gioia , di giorni vissuti , dimentichi nel vago che lasso ci ha trascinato nella chiavica d'un buco che accoglie il coglione, peloso, pendulo sull'orlo di un amore primaverile. Il male ha molti visi , sinistri ,strumenti diversi , che formano un orchestra cretina, c’è chi suona il pianino, chi il tamburello, chi suona l'armonica, chi ad uno, ad uno si fa protagonista di quell’ armonia celestiale , di quella lunga maratona televisiva ,vulva che accoglie i disperati , gli imbecilli, gli eretici di ogni partito. Disperato meco nel credo ,incredulo, alzo cartelli in fila per un voto, per una rivolta che emerge ,raggiante, germoglia tra gli alberi , dai rami scheletrici di rosa , celeste, bianchi e puri germogli ed è bello passeggiare per i prati verdi , aprire i sensi , nel silenzio in altre concezioni , forme tutte che compongono quel vivere cruento che emerge dal fondo della coscienza. Nel bagliore di mille battaglie, verso un nuovo traguardo , esibire sulla scena le proprie miserie , serio , ferito nel tempo che ha preso il mio cuore , la mia vita di uomo , d'imbecille che legge che fugge per terre sconosciute per imprese estreme.
Vorrei capire cosa brucia in pentola , questo amore malato, buono solo per pappagalli immaturi , chierici ubriachi di spirito santo ed oltre vado, immondo ,ingoiando questo boccone amaro . Dolorosi episodi ,epiteti ,smargiassi, scetavaiasse ,che scennene, sagliane, si mette in posa per un ora mostrando , tutto lo scuorno dello munno, chiove, chiove, e rimango basito, aspettando che schiove, che qualcuno scene dalla croce a liberarci. Fingo di non capire , forse chiagno, provo pietà in un etica che non conduce e non congiunge il mare alla terra ferma, ai mondi possibili che in ogni uomo di fede , persegue in se stesso. Vivo una vita , tra il nero ed il grigio, tra mille perché che si radunano tutti intorno a mille domande di prima etade. Giunta è primavera, vedo e voglio , vivo tra periferie immaginarie , sobborghi campagnoli dove ancora si vive all'aria aperta, là nell'orto con il cane ed il gatto appisolato tra l'erba alta . Ed un monello ha urlato il tuo nome o signore egli ha ascoltato il tuo dolore , tu che giungi da molto lontano sul carro dei sogni in compagnia di tanti buoni propositi , ed oltre io vado , mischiando il vero ed i fatti nel compianto tuo nome, elevo il mio canto, calmo, incredulo che tutto possa essere o esistere nella tristezza di un verso che si scinde in tante sillabe , prende forma , vigore , viene in simbiosi nel silenzio di chi ultimo venne e portò con sé il fuoco sacro degli dei.
Ingrato tempo non comprendo, cosa voglia dire chi mi siede accanto, non sento il lamento che turba l'animo le tante domande, gli imbrogli che il sindaco apostrofa dalla sua poltrona , gridando allo scandalo . Ed il portiere dorme con il berretto sul capo , aspetta che termini questa altra giornata di lavoro per ritornare a casa sua a dar da mangiare al suo canarino . E la signora dell'ufficio tributi ,moglie e madre di tre figli sale di corsa le scale con un plico di documenti da firmare ed un vecchio giardiniere se nascosto la bottiglie di vino , chillo buono sotto a giacchetta , mentre la guardia giurata ha avvisato la polizia, che sono corsi ad arrestare il consigliere , orgoglioso o battilocchio senza molla de mutande, un politico che tutto può e nulla dona le diverse scemenze, in mezzo a tanti guai, chi siamo noi per giudicare?
Oggi è una bella giornata , il cielo è limpido, fà caldo , dormono le paure , dorme il drago ed il contadino, là nell'orto con un bidone di liquami da smaltire. Fuma una, due sigarette , s'appresta a seminare , poi a raccogliere tutto il male che ha coltivato, vaga per terre , per luoghi lontani , nell'eco d'un canto che ricorda un dio perduto , che placido ancora assolve ed eleva, immaturo il bello ed il brutto, le tante incertezze. Immerso nel verde , chi vive di sogni non può vendere guerre, chi uccide per denaro non può avere quest 'amore a limone , nè forse il rimorso d'essere libero .
E sono solo, in un pensiero che si scompone, si ricompone, presume un nuova comprensione , vette, mete, mondi campagnoli dove la biscia striscia alla ricerca d'un topo. Placido meriggio , genera pace , poi confusione , timore di non farcela e rammento il caos della città, il sole nero le fabbriche a lutto, le grida delle donne, la lunga fila di morti davanti al comune. Ricordo cosa eri, cosa facevi , in quel vivere meneghino , un inchino, un batti mano , ora tutto e compreso nel prezzo. Tutto inutile, tutto vecchio , poi ritorno e nel ritornare , ridivento padre, figlio, vittima e carnefice in un luogo immaginario, su un pianeta lontano dal male che mi ha generato , nell’aedo canto mi lascio andare , al sole caldo della mesta primavera.
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