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al caldo nel suo ventre

di Simone Carunchio
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Pubblicato il 23/06/2019 09:37:49

AL CALDO NEL SUO VENTRE

 

Il sole riluce forte sui vetri

del palazzo delle Poste. Una famiglia

allargata di rondini saetta

allegra, mentre una di gabbiani

pare sghignazzare della condizione

umana. La cicala applaude nervosa.

 

Un sentiero di ciottoli di cemento

conduce alla soglia dell’ufficio

in entrata; in uscita il percorso

è indicato da frecce marcate

per terra. Dentro c’è una macchina

che distribuisce soldi, ma solo se hai

una certa tessera di cui conosci

il codice di sblocco e la infili dentro.

Una sedia, un bancone, un chiosco

di cellulari e carte sim, moduli,

persone in fila agli sportelli,

matite e biro. L’ambiente

è pieno di tosse e tasse. Si aggirano

tassi. Giovani e anziani: un movimento

corale. Un pettirosso è penetrato

nella sala spoglia. Forbicine

e lepismi occhieggiano dagli angoli.

 

Un giovane, nello zaino, ha da fumare

uno spinello; un altro, accanto

allo spinello, ha un anello stimolante

il pene o il pensiero, non lo so più;

una mamma ha un ciuccio nella borsa

e un vibratore; un vecchio

un gel lubrificante e un altro

caramelle rinfrescanti. Tutti

hanno il cellulare e le carte.

 

Ma non basta, non ci basta!

 

Vogliamo esistere di più, lasciare

più tracce nelle anagrafi telematiche.

Vogliamo spuntare ricevute, sputare

sangue e seguire altre pratiche, compilare

allegati in cui possiamo scorgere

divinità pagane che si affacciano sorridenti,

sapendo che con il filo delle parole

si riesce a tenere insieme l’epidermide

delle istituzioni che ci proteggono

e trasportano la violenza altrove

e il cui sangue e latte è un denaro

sempre più liquido e plutonico. Forse

sporco.

 

Talora pare una vita altrui

o una morte. Invece

ci creiamo una extra vita.

Riempire un modulo

è alimentare il pachiderma

dell’esistenza che ci ha inghiottiti.

Ci muovimo al caldo nel suo ventre.

 

Intanto il sole tatuato cala lungo i viali

e nitrisce seguito da sciami di dati.

 

Tranquilli, siate di buon umore:

il presente lo espandi quanto ti pare,

dall’esistenza che lamenta le sofferenze

dei tradimenti dei lupi

a quella degli ippopotami grassi

delle ore stanche e del risolio dei bimbi.

Tranquilli, siate di buon umore:

pascoleremo ancora sulle nostre guance

la giustizia delle scartoffie e l’ingiustizia:

c’è ancora qualcuno che lenisce,

colla lingua, le ferite dei milionari.

 

Mentre il sole cala, la luna di marmo

sorge tra i palazzi, con i seni

coperti di nuvole.


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