«Quindi la morte gli fece visita... »
Racconto folcloristico
I
La morte mi visita un giorno.
È bella la morte: ha seni
robusti, fina corporatura e occhi pieni
di un azzurro di cristallo in lontananza.
Arrivando già so che è la mia morte.
Con movimenti languidi e osceni
mi fa impazzire e sorseggiando i suoi veleni
sento, a momenti, che la mia anima si raffredda.
Legge i miei libri, si adatta alle mie abitudini,
ripete le mie idee ed i suoi gesti
pone nei miei gioiosi dolori.
Quando se ne va, mi lascia ben scritto
il suo indirizzo e dice: «Uno di questi giorni
voglio che mi restituisca la visita».
II
Avverto, allora, che non c’è via d’uscita,
dopo che il suo sguardo chiaro m’importuna
e so che prenderò, verso il sole o verso la luna,
il cammino che porta alla sua tana.
E anche se incomincio ad ingannarla con la vita,
a darmi delle scadenze, a pensare ad un
pomeriggio felice in braccio alla fortuna,
so bene che la morte non mi dimentica,
che devo bussare, infine, alla sua porta
con la valigia fatta e il cappello
nella mano marcia e lacerata.
Saluto tutti i miei amici
dopo tanta astuzia e nel suo buco
umido mi calo, senza testimoni.
(Traduzione di Manuel Paolino)
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