Guglielmo Peralta
- 23/06/2014 10:15:00
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Ho "conosciuto" la Golisch in occasione della presentazione del libro di Franca Alaimo "Sempre di te amorosa" e ho letto il suo racconto: "Tortorici", intenso e commovente, dedicato alla mamma di Franca. Questo articolo di Anna Maria ha il merito di "presentarci" la Golisch, di trasmetterci il suo stato danimo, il suo mai sopito dolore e la sua indignazione per limmane misfatto della Germania nazista. Ma qui la denuncia va oltre il popolo tedesco investendo lumanità intera, la natura stessa delluomo che si macchia di tanta insostenibile criminale violenza. Perciò le "Ferite" restano aperte a testimoniare tutto lorrore per le atrocità commesse affinché il tempo, loblio non sia la cura e le nuove generazioni trovino nella memoria la fonte del riscatto!
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Leopoldo Attolico
- 19/06/2014 19:13:00
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Testi come questo andrebbero adottati dalle scuole , cosa che non si verifica per la mediocrità politica che ben conosciamo . Non ci resta che rivolgere tutto il nostro apprezzamento - molto sentito - allAutrice e ad Anna Maria Bonfiglio , senza dimenticare La Recherche e la sua sensibilità di accoglienza e di condivisione .
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francesca luzzio
- 18/06/2014 21:21:00
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Ho conosciuto da poco Stefanie Golisch e non letto nessuna delle sue opere, però la recensione di Anna Maria Bonfiglio e il commento di Franca Alaimo minducono ugualmente ad esprimere la mia opinione, infatti, da quanto loro hanno scritto, si desume che la scrittrice conosce a fondo il processo storico del suo paese e ha saputo adeguatamente coglierne " LE FERITE"; daltra parte la sua opera, così come i numerosi monumenti che a Berlino ricordano lOlocausto mostrano come, soprattutto presso gli adulti, ci sia una chiara consapevolezza dei misfatti nazisti e direi quasi una latente volontà di conservarne memoria a monito per le nuove generazioni.
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Franca Alaimo
- 18/06/2014 18:37:00
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Conosco bene il libro dellamica Stefanie Golisch recensito da Anna Maria Bonfiglio, la quale si dimostra ancora una volta unattenta e sensibile lettrice. Stefanie Golisch sente ancora su di sè, come molti intellettuali di nazionalità tedesca, la "colpa" di un eccidio senza precedenti, che solo pochi ostacolarono, spesso a costo della propria vita. Dunque ha qualcosa di sacro il suo pellegrinaggio nei luoghi che ricordano quel terribile periodo storico, anche se la nuova generazione tende a dimenticare. Ciò che colpisce è, infatti, lestrema solitudine di questi luoghi, che risuona come una nuova accusa. E contro il rischio delloblio che Stefanie scrive con la sua lingua asciutta e puntuale, che lascia appena trapelare le personali commozioni. Infatti, questo libro non vuole essere, secondo me, un racconto di sè e dei propri sentimenti, ma, come dice bene Anna Maria, una testimonianza, pronunciata a voce alta e decisa. Tutti i luoghi da lei ricordati ci lasciano, infatti, uno sgomento muto, un enorme vuoto in cui brulicano tante presenze, tante voci di dolore, tanti sogni recisi violentemente. E per questo che non finiremo mai di risarcire questi uomini- sembra dirci la Golish - accendendo con i suoi racconti una serie di fiaccole votive per i morti, che illuminino anche la memoria di quelli che non hanno visto.
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