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Commenti al testo di Ferdinando Battaglia
Sulla poesia

Sei nella sezione Commenti
 

 Angelo Ricotta - 01/12/2017 15:22:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

@ Klara Rubino - 01/12/2017 09:56:00
"...discussione fuori contesto...nel caso riuscissi ad estrapolarne un pensiero chiaro e coerente sull’argomento"

Se c’è un pensiero confuso e incoerente quello è proprio il tuo che evidentemente non leggi con sufficiente attenzione ciò che uno scrive.
Nell’incipit chiarisco "Credo che possa essere utile a questo dibattito una raccolta di miei interventi..."
Pertanto il materiale inserito era inteso ad allargare il dibattito ad altri aspetti della scrittura poetica.
Per quanto riguarda una "sintesi esplicativa" se avessi letto il mio intervento avresti trovato il seguente passo " Vorrei ora rispondere alla domanda posta nel tuo post iniziale <… vi è un percorso da seguire nella scelta lessicale, grammaticale, sintattica, metrica e retorica, oppure la più fervida ispirazione gettata sul foglio è pur sempre da ritenere poesia?>
Ebbene sì io ritengo che sia necessario un percorso per comporre una grande poesia, fatto di studio e di cultura. I componimenti di getto, non mediati poi, non lavorati, sono materiali, idee per una poesia, al meglio bozze di poesie che, per non essere troppo pedanti, e non è il caso, chiamiamo tout court poesie. A me sta bene così, leggo volentieri con interesse anche tali componimenti, con la mente sgombra da pregiudizi si trova sempre qualcosa di buono, a volte anche la poesia."
E ho ribadito brevemente il concetto nella mia risposta ad Arcangelo Galante - 29/11/2017 10:36:00.
Ho la netta impressione che tu sia molto prevenuta nei miei riguardi.

 Arcangelo Galante - 01/12/2017 15:11:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

@Angelo Ricotta
In perfetta sintonia con il tuo pensiero! Intendevo solamente dire che, nel tempo, si impara ad affinare l’ascolto dei sentimenti propri, riuscendo persino a trasmetterli al lettore, con originalità d’espressione poetica. Naturalmente, tutto è relativo alla capacità di chi scrive, facendolo, innanzitutto, con emozionale trasporto. Almeno, tale è la mia opinione. Gentilissimo, nell’avermi risposto, allietato rimango, accettando di buon grado, l’invito che m’hai fatto. Sereno proseguimento letterario, anche a quanti dissentono.:-)

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 Klara Rubino - 01/12/2017 11:48:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Raramente la poesia fiorisce spontanea, quando ciò accadesse altrettanto rara sarebbe la sua bellezza.

Se non esistessero fiori spontanei, non esisterebbe neanche la possibilità di coltivarli in serra o di modificarli con innesti sperimentali dall’esito sorprendente e lussureggiante!
Senza spontaneità non esiste poesia.
i fiori sono belli perché la bellezza è insita nella loro genetica, comunque belli, ma se devo scegliere preferisco i fiori spontanei senza ombra di dubbio.

...guardate qua...

https://www.google.it/search?q=i+fiori+spontanei+pi%C3%B9+belli&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ved=0ahUKEwi337XCxejXAhVCUBQKHRklCKsQsAQIJQ&biw=1137&bih=750

non saprei dirvi quali e preferisco dato che non solo uno appaga la mia anima esprimendo quasi una simbolica corrispondenza ai miei ideali, come ad esempio la ninfea o i Summer Drummer composti da un insieme armonico di minuscoli eleganti e semplici fiorellini!

 Giulia Bellucci - 01/12/2017 10:59:00 [ leggi altri commenti di Giulia Bellucci » ]

Voglio esprimere il mio modesto parere , che è quello di una che scrive poesie da poco poesie, poco più di un anno ma sto studiando da autodidatta e purtroppo, come sostenevo nella mia modesta composizione ’l’inverno dietro le porte’, non potrò mai colmare il vuoto di anni. Mi sento molto in linea con quanto affermato da Leonora, il parere di Ricotta è troppo prolisso e meriterebbe un certo approfondimento. Credo che poeti si nasca e questa è la base. Ma purtroppo non è sufficiente e qui mi trovo d’accordo con Battaglia. È vero, la poesia si deve distinguere dalla prosa e deve avere musicalità. Più che le rime allora parlerei di metrica e io sono la prima a non saperne fare uso. Lo studio può aiutare ma non è sufficiente. Di tutte le sperimentazioni di questo secolo non sappiamo cosa resterà. Leopardi, Dante... saranno eterni ma più che essi stessi i loro versi.

 Klara Rubino - 01/12/2017 09:56:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Buongiorno Angelo Ricotta, ti sarei grata se di tutte quelle risposte ad altri commentatori su altro sito, insomma se di tutta quella discussione fuori contesto, nel caso riuscissi ad estrapolarne un pensiero chiaro e coerente sull’argomento , potessi farci una sintesi esplicativa. .. hai notato che nessuno ti ha risposto?
Forse il tuo pensiero non risulta troppo chiaro!

 Angelo Ricotta - 01/12/2017 08:21:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

@ Leonora Lusin - 29/11/2017 11:18:00
"I fiori spontanei hanno milioni di anni di genetica alle spalle..."

Ma la selezione artificiale ha fatto in molto meno anni un bel po’ di cose in più... (vedi voce "Selezione artificiale", e correlate, in Wikipedia)

 Angelo Ricotta - 01/12/2017 08:15:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

@ Arcangelo Galante - 29/11/2017 10:36:00
"La poesia è sempre un qualcosa di spontaneo"

Questa tua affermazione è contraddetta da tutta la storia della cultura umana che è stata costruita attraverso una complicatissima e sofferta elaborazione. Su youtube ci sono delle interessanti interviste ad Ungaretti che ti consiglio di vedere.
Il primo germe di una poesia può anche essere spontaneo ma da qui a passare ad una forma artisticamente valida ce ne vuole. Anche quando i tempi di questa "elaborazione" sembrano molto brevi (come dice anche Ungaretti per alcuni casi) non bisogna trascurare nel computo i tempi di una elaborazione interiore la quale, parzialmente inconscia, possono essere lunghissimi, durare tutta una vita.

 Arcangelo Galante - 01/12/2017 07:39:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

AMATA POESIA

Nutre l’anima
con la sua essenza!
Incomprensibile
impalpabile
non si può percepire.
Neppure cogliere
su anonimi fogli
di autore sconosciuto.
È un appunto
che alberga nel cuore
dalle emozioni
or felice or combattuto.
Parola scritta
per accendere l’amore
la gioia di esistere
raccontare il dolore.
È la gente
che trova affinità
in una frase
buttata di getto
su foglio colorato
di un vecchio libro
ormai dimenticato.
È il tempo che passa
con ritmo assai spedito
tra albe e tramonti
sfiorate con un dito.
È colore
che veste e fa sognare
riscoprendo tesori
e sentimenti
perduti in fondo al mare.
Magia che brucia
pesantezza di parole...
le ammorbidisce
esaltandone la bellezza
per nutrire gli animi
con emozioni sempre nuove...
alla ricerca di buona prole.

 Angelo Ricotta - 01/12/2017 07:24:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Diceva Ungaretti che "la poesia è poesia quando porta in sé ovvero contiene un segreto".

Credo che possa essere utile a questo dibattito una raccolta di miei interventi inseriti in una discussione tenutasi in un filone intitolato "Come scrivere poesia" tra l’ultima decade di luglio e la prima di agosto del 2010 sul forum del sito Scrivere.info.

http://www.scrivere.info/community/forum/index.php/topic,2946.0.html

Di seguito i miei interventi.

La storia non si ferma. Sono passati più di duemila anni da Orazio, nel frattempo l’umanità ha prodotto un bel po’ di cose in più rispetto a quei classici, nel bene e nel male. Tanti eventi sconosciuti a quei classici hanno portato le persone e gli artisti verso altre direzioni, ad esplorare altre possibilità, altrimenti ci si sarebbe potuti fermare ad Omero, perché ad Orazio? D’altronde non si può mica passare la vita a recitare, vedere, suonare sempre le stesse cose! Io amo i classici come la modernità e ancora di più il futuro perché penso che il meglio sia ancora da venire. Ovvio non tutto il moderno è buono, come anche all’epoca dei classici i più non sono diventati tali. Comunque io amo anche quei misconosciuti che la storia ha cancellato ma dei quali, fortunosamente e fortunatamente, ho potuto apprezzare qualche opera. Non tutto ciò che rimane nella storia è il meglio, la storia è turbolenta, capricciosa, fatta anche di mode, anche ingiusta.

Rispondo a Francesco Pozzato. Calliope, ovvero colei che ha bella voce, era solo la musa della poesia epica, Erato era quella della poesia amorosa e si accompagnava con la lira, Euterpe della poesia lirica e s’accompagnava col flauto e così via...Come vedi nell’antichità la distinzione tra poesia, musica e recitazione non era così definita. D’altronde proprio Manocchia aveva riportato nel topic "Che cosa è Arte?" http://www.scrivere.info/community/forum/index.php?topic=2934.msg40269#msg40269
la prefazione al Dorian Gray dove si afferma tra l’altro "Dal punto di vista formale il modello di tutte le arti è l’arte del musicista. Dal punto di vista del sentimento il modello è l’arte dell’attore." E allora? Comunque si stava parlando di poesia e di prosa con immagini poetiche, entrambe arti della parola, ed io sostenevo e sostengo che non c’è sostanziale differenza. Per quanto riguarda i moderni e chi l’ha detto che rinnegano i classici? I grandi poeti moderni erano e sono dei profondi conoscitori dei classici ma sono anche delle persone creative che non vogliono passare la vita ad imitarli, a fare i manieristi, e perciò tentano altre strade, anche perché il tipo di sensibilità si è profondamente trasformato nel tempo. I classici non avevano certo esaurito tutte le possibilità, anzi ne avevano sviluppate solo alcune! Infine non trovo analogie tra il Satyricon e l’Ulisse di Joyce. La prima è sostanzialmente un’opera comico-satirica di contenuto licenzioso volta a divertire, mentre la seconda, benché modellata formalmente sull’Odissea, riguarda il rapporto conflittuale tra l’individuo e la società e persino con se stessi. Tutt’altra tematica, tutt’altro scopo.

Per il notturno Francesco su Virgilio e Ungaretti.
Peccato che ci sia la luce elettrica altrimenti ti avrei visto bene al lume di fumose candele intingere la penna d’oca nel calamaio e scrivere concitato su ruvide pergamene!

Se si fa sentire anche il verso seguente è più espressivo:

Tìtyre, tù patulaè recubàns sub tègmine fàgi
sìlvestrèm tenuì Musàm meditàris avèna

che, se ricordo bene, si traduceva

O Titiro, tu sdraiato al riparo di un grande faggio
mediti un canto silvestre sull’esile flauto

Teniamo presente che questa è una pronuncia convenzionale, intesa a dare un assaggio, si spera, mediante accenti tonici (intensivi) di una metrica che era invece quantitativa, ovvero basata su sillabe brevi e lunghe sulle quali, pare, cambiasse anche volume e altezza della voce. Come realmente suonasse la poesia originale è ignoto, per quel che ne so.

I primi due di Ungaretti:

A una proda ove sera era perenne
di anziane selve assorte, scese,

La mia sincera impressione immediata è che i versi di Virgilio suggeriscono un rilassato quadretto campestre, mentre quelli di Ungaretti c’introducono subito nei tormenti dell’anima...sera perenne...anziane selve assorte...
Se però si leggono interamente entrambe le composizioni l’affinità emerge e potrebbe essere che Ungaretti si sia qui ispirato a Virgilio (dimostrando così la sua conoscenza dei classici!). Rimane comunque una differenza essenziale. Pur turbato dal fatto di dover abbandonare il suo podere, la sua vita, Melibeo riesce ad apprezzare la tranquilla esistenza di Titiro; il tono della poesia è comunque tranquillizzante, descrittivo, il suo significato esplicito. Invece un’inquietudine irriducibile percorre tutta la composizione di Ungaretti che pur parlando di un immaginario luogo (che nella realtà pare fosse Tivoli!) nel quale la sua anima tormentata avrebbe dovuto riposare, si capisce che nasconde nei versi altri oscuri significati. In realtà egli non riesce a rasserenarsi e comunica questa tensione al lettore.
Naturalmente i tempi erano duri e nei fatti c’era di che esserne fortemente angosciati. Ma l’incedere maestoso della cadenza dell’esametro dattilico catalettico in me produce un senso di quiete o se vuoi di tranquilla rassegnazione verso gli eventi anche infausti della vita, un atteggiamento di olimpica serenità senz’altro voluto sul piano intellettuale dal poeta tenendo a bada le emozioni devastanti. Non so però quale fosse la risposta emotiva a questa ecloga da parte dei contemporanei di Virgilio, sarebbe interessante appurarlo.

Mi par di capire che secondo Marina "immagini evocative" è sinonimo di metafore, ovvero una poesia per distinguersi dalla prosa deve essere costituita solo o in gran parte da metafore. Pertanto la quasi totalità della poesia antica, inclusi gli esempi portati da Francesco per lei non sono poesia. Ma si potrebbe fare anche un lunghissimo elenco di poeti lungo tutta la storia dell’umanità, in particolare tra recenti che sarebbero esclusi eppure ritenuti poeti dalla critica ufficiale. Certo la metafora aiuta, come d’altronde altri espedienti e figure retoriche, ma non sono tutto, solo alcuni dei mezzi, come giustamente scrive Salvatore. Perciò il suo mi sembra un criterio eccessivamente restrittivo e arbitrario che non tiene conto della realtà, ossia che non c’è soluzione di continuità tra prosa e poesia, non esiste un criterio certo, tutto ciò che ci emoziona può essere considerato poesia anche se, per ragioni pratiche, direi di tassonomia, limitiamo questa accezione, nel senso proprio, alla parola scritta, e la usiamo come metafora per altro.
Ma la metafora è proprio questo...significato nascosto e allusivo oltre la semplice descrizione...L’errore secondo me è invece nell’identificare "immagini evocative" con metafore: a mio parere si può benissimo creare un’immagine evocativa senza necessariamente ricorrere all’espediente tecnico della metafora. Per limitarci alle poesie che sono state citate, nella composizione di Virgilio non ci sono metafore in senso tecnico ma le immagini sono potentemente evocative, mentre in quella di Catullo la metafora c’è. Entrambe grandi poesie.

Sulla traduzione non sarebbe meglio "breve" anziché "fioca", e soles non è plurale? Comunque il concetto espresso da Catullo si sovrappone solo parzialmente a quello di Quasimodo. Catullo vuol dire, prendendo come esempio il sole, che molte cose al mondo sovrastano la durata della vita umana e se ne rattrista...è uguale a dire "un po’ di vento ci guarda dall’alto dell’eternità". In Quasimodo c’è un’aggiunta, non solo la vita umana è breve ma è anche piena di solitudine e persino un raggio di sole, metafora della vita stessa, lungi dall’esserci amico ci trafigge, ossia pure la vita è dolore.
Resta comunque sempre da chiarire cosa s’intenda per "immagini evocative". Secondo me è solo una bella espressione con un significato incerto. Qualsiasi frase evoca qualcosa nella mente. Per me poesia è tutto ciò che ci procura un’emozione. Ciò si ottiene più facilmente e per più persone utilizzando una modalità espressiva che aggiri o scavalchi e persino perfori le barriere culturali, linguistiche, razionali che ostacolano la trasmissione del messaggio che si vuol comunicare, per arrivare direttamente al livello emozionale comune [ammesso che esista!] a tutti gli esseri umani.

Credo che tu, Francesco, ti perda molto a fermarti a D’Annunzio. Doppiamente se non leggi le traduzioni delle lingue che non conosci. La vera poesia possiede un nucleo irriducibile che una buona traduzione non può cancellare, provare per credere. Comunque de gustibus non disputandum est. Vorrei ora rispondere alla domanda posta nel tuo post iniziale <… vi è un percorso da seguire nella scelta lessicale, grammaticale, sintattica, metrica e retorica, oppure la più fervida ispirazione gettata sul foglio è pur sempre da ritenere poesia?>
Ebbene sì io ritengo che sia necessario un percorso per comporre una grande poesia, fatto di studio e di cultura. I componimenti di getto, non mediati poi, non lavorati, sono materiali, idee per una poesia, al meglio bozze di poesie che, per non essere troppo pedanti, e non è il caso, chiamiamo tout court poesie. A me sta bene così, leggo volentieri con interesse anche tali componimenti, con la mente sgombra da pregiudizi si trova sempre qualcosa di buono, a volte anche la poesia.

Citato da: Antonio Terracciano su Domenica 25 Luglio 2010, 23:33:22
Certo, Antonio, mi rendo conto di quanto sia problematica una traduzione, in particolare di un testo poetico. C’è un interessante esempio riportato nell’introduzione di una raccolta di poesie di Tagore da parte di Alessandro Bausani (Tagore, Poesie, traduzione di Girolamo Mancuso, Newton Compton Editori, 1979). Ne riporto più sotto un frammento. Nella Nota alla Traduzione da parte di Girolamo Mancuso si dice infatti traduttore traditore e che Ezra Pound consigliava di <tradurre la poesia, non le parole> (facile a dirsi ma non a farsi!). C’è tutta una letteratura in merito; Mancuso consiglia ad esempio Roman Jakobson “Aspetti linguistici della traduzione” in Saggi di linguistica generale p.64. ma senz’altro esistono testi più recenti. Tagore scriveva in bengali ma conoscendo abbastanza bene l’inglese tradusse egli stesso molte sue opere modificandole per adattarle, secondo lui, alla sensibilità occidentale. La singolarità di questo esempio è che Tagore tradusse le sue poesie in inglese mettendole in prosa e il traduttore in italiano ha tradotto dall’inglese mettendole in versi! Afferma il traduttore <Una prosa che, anche nella traduzione letterale, si organizza in versi naturalmente e quasi da sola. Io non ho fatto altro che recepire questa tensione…>.
La poesia illustrata dal Bausani è tratta dal Gitanjali (XVIII), ne riporto i primi quattro versi dei venti dell’originale ponendo il bengali [traslitterato] sopra e la traduzione letterale italiana sotto.

mégher pore mégh jomeche
di-nube sopra nubi si-sono-ammassate

àndhar kòre àshe
tenebra fatta viene

àmay keno bòshe rakho
me perché seduto tieni


éka ddàrer pàshe?
solo della-porta presso?

Il bengali possiede un accento ritmico sulla prima sillaba, non so però perché non sia indicato su tutte le parole.
In bengali kh si pronuncia come c di casa e jh come g in genio seguita da aspirazione. Notare che i suffissi –er o –r sono dei genitivi (megh=nuvola; megher=della nuvola) e che –e può essere una specie di locativo. Inoltre esistono verbi composti (tenebra fatta viene=si vien facendo scuro), ecc.

In linguaggio un po’ più corrente suona (secondo me perché nel testo è un po’ diverso)

Nubi su nubi si accumulano
si vien facendo scuro
Perché mi tieni seduto
presso la porta soltanto?

La ritraduzione dall’inglese è:

Nubi su nubi si addensano
e si fa buio
Amore mio, perché mi lasci tutto solo
ad attendere fuori della porta?

Che ne dici, si perde poi tanto secondo te nelle varie forme?

Infine come scrive Bausani <Non va dimenticato che le poesie tagoriane, come del resto molte o tutte le poesie non solo indiane ma asiatiche in genere, sono fatte per essere cantate, non dette, o, peggio ancora, intellettualisticamente pensate. E si tratta di un canto che il mondo attuale, molto più nervoso e agitato del tradizionale, chiama in genere “monotono” e sente come tale, perché è pacificante, tranquillizzante, non agitato>. Tagore stesso ha musicato le sue poesie. Comunque la situazione attuale in Oriente è abbastanza diversa e i nuovi artisti si sono molto occidentalizzati pur rispettando sommamente la loro tradizione.
Questa tua ultima proposta, Francesco, non mi sembra molto sensata. Non ha alcun senso chiedersi chi tra i classici e i moderni sia superiore. Per stabilire questo occorrerebbe fissare delle regole precise di ciò che s’intende per poesia, o per arte se allarghiamo il discorso. Queste regole semplicemente non esistono, ed è proprio questo che, tra l’altro, hanno mostrato i moderni di nuovo rispetto agli antichi. Ovvio che ognuno può enunciare dei suoi postulati e giudicare ogni cosa rispetto ad essi, ma ciò porterebbe a valutazioni puramente soggettive senza alcuna rilevanza scientifica. I fenomeni complessi, come l’arte, non sono riducibili a delle regolette anche se in passato è stato fatto anche questo, ma proprio in ciò consiste l’evoluzione di ogni forma di conoscenza. Un giudizio sull’arte non si può ridurre, ad esempio, ad un salto in alto. In quest’ultimo caso è facile dire chi è superiore, ossia chi salta più in alto, ma sull’arte non c’è una regoletta così banale.

 Elsa Paradiso - 29/11/2017 13:27:00 [ leggi altri commenti di Elsa Paradiso » ]

Infatti Alighieri Dante, Leopardi Giacomo, Montale Eugenio ed ecc. ecc. ... certo si tratta di vera poesia.
E allora in tutto questo pubblicare ... chi si salva?

Commento non visualizzabile perché l'utenza del commentatore è stata disabilitata o cancellata.

 Arcangelo Galante - 29/11/2017 10:36:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Anche io,signor Franco Bonvini! La poesia è sempre un qualcosa di spontaneo: il preconfezionato non esiste, così come non possono esistere i commenti dissenzienti.

 Franco Bonvini - 29/11/2017 10:05:00 [ leggi altri commenti di Franco Bonvini » ]

Credo Ferdinando stia parlando della vera poesia

 Arcangelo Galante - 29/11/2017 09:37:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Non sono d’accordo! Se l’uomo disponesse di emozioni preconfezionate, ciascun genere di impressioni e sentimenti, che rappresentano il pathos interiore, annullerebbe ogni sorta di autentica e spontanea bellezza. Ovviamente, ci possono essere delle eccezioni. Buon proseguimento letterario.