Mariano Bonato
- 27/02/2019 22:15:00
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x Giovanni e Salvatore: credo che abbiate centrato lo spirito di questa poesia, con cui ho cercato di esprimere la gioia innocente di un bambino di fronte alla neve. In fondo, quando nevica ci sentiamo un po tutti bambini... Grazie e un saluto. x Antonio: il tuo interessante commento (sono andato a rileggere, dopo tanti anni, i bei versi di Mallarmé, che più non ricordavo, e vi ho trovato anche leco delle campane di Poe...) mi induce a rivelare il precedente che avevo in mente nella costruzione anaforica del sonetto. Si tratta della poesia "Barche amarrate" di Dino Campana:
................. Le vele le vele le vele Che schioccano e frustano al vento Che gonfia di vane sequele Le vele le vele le vele! Che tesson e tesson: lamento Volubil che londa che ammorza ne londa volubile smorfa Ne lultimo schianto crudele Le vele le vele le vele
Un grazie e un saluto anche a te.
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Antonio Terracciano
- 24/02/2019 10:49:00
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Apprezzabile sonetto (che, secondo i miei opinabilissimi gusti, sarebbe stato ancor più musicale se le seste sillabe fossero state sempre accentate) questo del Bonato, che si caratterizza per la costante ricerca della neve, parola ripetuta più volte allinterno degli stessi versi. Lanelito alla neve (bianca, immacolata, anche se effimera) mi ricorda parecchio quello di Mallarmé allazzurro (colore della spiritualità, simbolo di una realtà ultraterrena) : "Je suis hanté. LAzur! lAzur! lAzur! lAzur! " , è lultimo verso della sua poesia "LAzur" , appunto, verso la cui ripetizione della stessa parola, secondo alcuni critici, potrebbe essere stata suggerita a Mallarmé dalla lettura della poesia "The bells" , di Poe.
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