Ferdinando Giordano
- 10/04/2020 15:06:00
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"La pretesa umana ha consumato / il crimine, ha spento lincendio" Questa antitesi, tanto monumentale quanto ineludibile, regge il Golgota e lo declina. Sei matura, alta e profonda.
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Arcangelo Galante
- 10/04/2020 11:05:00
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Spingo la mia riflessione sul simbolismo del legno arso, che richiama all’essere stato bruciato e, quindi, alle conseguenze delle fiamme, sulla materia. Il fuoco, che brucia e arde come motore pulsante, necessario a dare vita allessenza da esso manifestata, nel caso specifico di questo componimento poetico, rappresenta la fine della speranza - arso legno ormai spento - distrutta dall’incendio. Cosicché, ripercorrendo i precedenti versi che “niente più osa varcare più il silenzio”, si assiste forse, a un comprensibile pessimismo, giacché la voce dell’essere uditi e anche il grido della vita stessa, sono stati irremissibilmente soffocati dagli eventi. Inoltre, lo scenario presentato dall’incipit, quel “tutto è compiuto“ che tanto ricorda bibliche descrizioni apocalittiche, non lascia affatto intravedere una ripresa costruttiva, sollevando il cuore verso l’Alto. Perciò, i versi sembrano quasi una sentenza, capace di trasmettere nel lettore sensazioni di dolore nonché di definitiva perdita, suggerendogli immagini vivide, atte a scatenare concitate emozioni. Il risultato è triste e amaro. Naturalmente, la pubblicazione resta suscettibile di altre libere interpretazioni. Condiviso pure il commento, lasciato da Gil. Complimenti sinceri, alla poetessa!
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Gil
- 10/04/2020 08:41:00
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Limmagine della formica, che in un primo momento non ho amato, se così si può dire, in realtà offre, non solo lefficacia duna metafora, ma pure la cifra interpretativa del Mistero, sia in chiave squisitamente religiosa sia filosofica: Che cosè il loro disperdersi se non il "fallimento" di Marta? Quel vedere un legno spento in luogo dun sepolcro vuoto se non lincredulità di Tommaso ovvero la paura di Pietro? Non cè migliore spiegazione a questo testo dei giorni che stiamo vivendo: il fallimento del fare - formiche impazzite dallebbrezza dellaccumulo, con il cuore di cicale ubriache di consumo, terrorizzate dalla morte creduta come tesi finale ovvero rimossa come orizzonte naturale della vita. Certo, anche Cristo pianse Lazzaro, ma attorno a quel legno o ci si va con lo stupore del centurione o non ci si va. Però questo le formiche non lo sanno...
Taglio inconsueto, ma testo di grande spessore per tema (lapalissiana affermazione la mia) e per scrittura.
Un abbraccio stretto
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