Arcangelo Galante
- 12/04/2020 08:23:00
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Parole accurate che parlano di disagio e di smarrimento insiti nell’animo di chi intensamente percepisce la realtà, al tempo della pandemia, trovandosi coinvolto negli eventi, come fosse straniero tra gli uomini. Cosicché, il poeta avverte l’emozione di scoprirsi condannato a sopportare siffatto fardello, assieme ad una gravosa solitudine dell’io. Ma, accettare l’idea che il male giammai sia eterno, deve necessariamente aiutare il genere umano nella penosa esistenza sapendo che, la presenza del bene, giungerà nuovamente a far parte della vita, nonostante sia difficile convivere con questo periodo d’emergenza sanitaria. Quello che più mi ha colpito, leggendo le realistiche considerazioni dell’autore, è la capacità di averle rese a portata di mano per tutti, grazie a una narrazione coinvolgente, semplice, ma scritta con linearità di pensieri. D’effetto resta il finale, molto significativo, ove chissà quanta gente potrà rispecchiarsi nella narrazione del pathos di chi l’ha scritta. Prima di congedarmi, colgo l’occasione nel lasciare al poeta i più cordiali auguri d’una Pasqua di resurrezione, all’insegna d’ogni felice proposito umano e, soprattutto, di una speranzosa e veloce ripresa dei momenti quotidiani. Auguri di buona vita!
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