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al testo di Alessandro Franci
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La notte di Goro L’attendono come i parenti del moribondo aspettano la fine al capezzale – quasi fosse la sola certezza – la notte ha in grembo inquieti arcani: lune gelide sempre traversano le trame scheletriche della campagna tagliando ombre aguzze e tremanti nel silenzio, la scrutano in attesa come i quieti personaggi dei romanzi (Appennino Tosco-Emiliano, fine ottobre 1985) Futa Supponevo l’abusato vizio dei versi un limite, nero sulle immagini fumo sopra i tuoi verdi contorni o acustiche interferenze al mio ascoltarti rieducato dal silenzioso inverno, traggo invece soltanto gli scientifici indizi da un esatto ripetersi di cicli, naturale routine del dicembre che visito nuovamente e ancora esausto di fronte al lanoso verde rabesco degli abeti: Il sole sorge alle 7,55 e tramonta alle 16,40. La Luna è nuova (P.sso della Futa, giorno di S. Lucia 1986) Terre E quindi tutto il tuo intrecciare solidi, liquidi e gas vecchi di cinque miliardi di anni si risolverebbe ora in questo muro di nebbie? E il tuo feto millenario a trenta chilometri sotto come ferrigna sfera – lucido occhio vagante nelle tenebre calde – noi qui, in cima alla tempesta di un opaco velo a cercare il nulla pur biancheggiante. Intorno melma, fango, gialli acquitrini, paludi, ovunque il tuo scioglierti per la rabbia, la pioggia di questi ultimi giorni |
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