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Una Maddalena a Salvatore Quasimodo

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Uomo, mi hanno condotta dall'estremo
dove vivevo intera la mia vita
al Tuo opposto tremendo di giustizia:
che cosa dedurranno dal confronto
dei nostri due insondabili principi?

Qualcuno certo, conscio del Tuo inizio,
tratteneva i Tuoi volti successivi
in un travaglio cieco di rapporti
ma io, ancor prima che gli anelli tutti
della mia vita fossero congiunti,
mi distaccai precipite dal nulla
e proclamai la carne concepita.

Uomo Perfetto, cosa dannerai
di questo seme che, nel modularsi,
s'è rinforzato solo di se stesso
senza estasiarsi in giochi di virtù?

Certo conoscerai che equilibrando
ogni comandamento che mi esorta
a saturarmi tutta di peccato,
che riportando a questo intendimento
la perfezione delle mie lacune,
confluirei con adeguato passo
verso una vita lineare e assente.
Ma per ora, il peccato, del mio tutto,
resta la tappa ultima e possente
ed un ritmo incessante di condanna
mi rigetta dal muovermi comune.

Quando, fanciulla appena, mi concessi,
quando mi sciolsi per la prima volta
da quel bruciore acuto di purezza
che sublimava ambiguità tremende,
sentii l'impegno che covava dentro
crescere, quasi a forza di missione.

Non ho altra virtù che di condurmi
a prodigiose altezze di consenso
e una stanchezza illimite mi prende
se non mi adagio sopra un'altra forma...

Allineando tutte le mie ombre
volte perdutamente verso terra,
posso durare un tempo indefinito
accentrata in un'unica figura.

Ma che dolore sale le mie braccia
reggenti il grave fascio di me stessa:
l'essere dura giova solamente
a questa dubbia resistenza mia...
Sotto il piede che immagino sicuro
cerco il terreno viscido di sempre:
la tentazione è come un tempo lungo
ch'io devo bere, abbrividendo, in fretta...

Guarda, perchè, previeni il Tuo guardarmi
con errata coscienza di pudore?
Guarda, senza sapere l'astinenza,
queste carni purgata dal piacere,
questi occhi sinceri nell'orgoglio,
queti capelli dal profumo intenso
di vita e di memorie...
Peccato questo vivere me stessa?

So che la santità germoglierebbe
esercitando in me falsi connubi,
ma assegnami una giusta tolleranza
se l'indulgenza nega questo passo,
fa che il ritorno al vivere di sempre
non sprofondi nel buio di un abisso
e che non mi si dia maggiore colpa
se come gli altri, e con eguale indugio,
gioco il distacco della mia matrice.

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