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al testo proposto da Cosimina Viscido
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Uomo, mi hanno condotta dall'estremo
dove vivevo intera la mia vita al Tuo opposto tremendo di giustizia: che cosa dedurranno dal confronto dei nostri due insondabili principi? Qualcuno certo, conscio del Tuo inizio, tratteneva i Tuoi volti successivi in un travaglio cieco di rapporti ma io, ancor prima che gli anelli tutti della mia vita fossero congiunti, mi distaccai precipite dal nulla e proclamai la carne concepita. Uomo Perfetto, cosa dannerai di questo seme che, nel modularsi, s'è rinforzato solo di se stesso senza estasiarsi in giochi di virtù? Certo conoscerai che equilibrando ogni comandamento che mi esorta a saturarmi tutta di peccato, che riportando a questo intendimento la perfezione delle mie lacune, confluirei con adeguato passo verso una vita lineare e assente. Ma per ora, il peccato, del mio tutto, resta la tappa ultima e possente ed un ritmo incessante di condanna mi rigetta dal muovermi comune. Quando, fanciulla appena, mi concessi, quando mi sciolsi per la prima volta da quel bruciore acuto di purezza che sublimava ambiguità tremende, sentii l'impegno che covava dentro crescere, quasi a forza di missione. Non ho altra virtù che di condurmi a prodigiose altezze di consenso e una stanchezza illimite mi prende se non mi adagio sopra un'altra forma... Allineando tutte le mie ombre volte perdutamente verso terra, posso durare un tempo indefinito accentrata in un'unica figura. Ma che dolore sale le mie braccia reggenti il grave fascio di me stessa: l'essere dura giova solamente a questa dubbia resistenza mia... Sotto il piede che immagino sicuro cerco il terreno viscido di sempre: la tentazione è come un tempo lungo ch'io devo bere, abbrividendo, in fretta... Guarda, perchè, previeni il Tuo guardarmi con errata coscienza di pudore? Guarda, senza sapere l'astinenza, queste carni purgata dal piacere, questi occhi sinceri nell'orgoglio, queti capelli dal profumo intenso di vita e di memorie... Peccato questo vivere me stessa? So che la santità germoglierebbe esercitando in me falsi connubi, ma assegnami una giusta tolleranza se l'indulgenza nega questo passo, fa che il ritorno al vivere di sempre non sprofondi nel buio di un abisso e che non mi si dia maggiore colpa se come gli altri, e con eguale indugio, gioco il distacco della mia matrice. |
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