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al testo di Simonetta Sambiase
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Eppure sono annimillenni che vibra il bianco nel cielo nessuna ha imparato a cavarne dell'aria sono prigioni i colori spettrali di un unico azzurro senza neppure violacee passioni, solo una gabbia in cui catturarsi per essere amati da basilischi di sperma che godono liberi la loro pelle di filo e barba. E tu donnaiolo, davvero sei poco poroso? Il semplice noi si ottiene dal breve spiegare toccavi e guardavi nei miei occhi palude la testa era calva con un'unica treccia avrei dovuto portare un fermaglio e chiuderti dentro crearti gemello senza corpo né gambe. Ancora sei bello e io, scandaglio il mio doppio la disputa s'interrompe eri tu che scindevi che buffo - diplopico il nome - alteravi la visione aspettando di morirmi per lesa dedizione. Allora ero un buco? andavo sversata non solo linciata lasciata deserta di posti comuni e mogli inquietanti la dea rugata per troppo nitore. Di tutte le dee morte davanti ai plotoni ti chiedo di ricordarmi come quella dei gatti credo fosse egiziana, dal corpo sinuoso un poema in un plico da perdere subito prima che il mio nome passineltempo mediocre fra il nulla che ero e l'eterno che avevo. |
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