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Ecco perch non devono esistere i Gay !

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Discorso surreale sull’omosessualità e sui mancini

Mi chiedo perché un omosessuale si debba chiamare "gay", come se un etero fosse "sad". Lo trovo alquanto riduttivo, anche se capisco che in qualche modo si sia dovuti uscire da un'impasse storica di violenze, orrori e pregiudizi ignobili. Ma è questo il modo? Con un "Gay" si è chiusa la questione del nome e di quello che il nome rappresenta?
E un ebreo? E una donna? E un nero? E un MANCINO??? E tanti e tanti altri? Come avremmo dovuto chiamarli? “Gay” anche loro? Davvero, a me non piace questa maniera così facilona e superficiale di sistemare le cose, da cabaret.

Mi chiedo, anche, perché diciamo "omo" e "etero", e non, semplicemente: "Umani".
Ognuno proverà piacere, farà l’amore come gli pare, (vedi Dalla) con chi vuole. O non lo farà, non è mica obbligatorio copulare a tutti i costi. Si possono fare anche tante altre belle cose, comunque questo adesso non c’entra, è un altro discorso.

E allora:

Mi chiedo perché solo i preti uomini possono dire la messa ( o in altre religioni essere bonzi, o monaci, o altro) e le donne no.
Mi chiedo perché si possa credere a tante spiegazioni, su questo argomento, terribilmente stupide e risibili come: "ma gli apostoli erano uomini", o: "ma questa è la Tradizione".
E allora? Chi l’ha stabilita la tradizione?
Mi chiedo anche perché si debba dire la messa, se Gesù ( e altri prima e dopo di lui) sono venuti a parlare di Amore Universale e a togliere pertanto ogni differenza tra gli esseri umani : se l’Amore è Universale, perché alcuni dovrebbero, nell’Amore, avere titoli che altri non hanno? Allora questo loro amore non è universale, se fa delle differenze di ruoli se pensano che alcuni ne sanno più di altri tanto da porsi quali “insegnanti dell’amore”.
Mi chiedo perché in certi paesi - tra i quali anche il nostro per esempio - le donne vengano incartate come caramelle sporche. O bruciate, o accoltellate, o violentate, o fatte a pezzi, o …
Mi chiedo perché si debba mettere in scena Qualcuno che premi o perdoni, e noi giù a contrattare, sentendoci buoni o cattivi acquirenti di meriti ... e non invece Umani sofferenti/felici di vivere in un Mistero da studiare, osservare, ricercare, temere, amare, invocare, ma non, per carità!, guardare da steccati di filo spinato del tipo "io ho ragione e tu no, a me l'ha detto uno bravo e a te no, ciccaciccabù, tiè!".

Non saranno per caso Simboli quelli cui alludono le Sacre Scritture?

E giù guerre di religione, violenze, morti. Morti che ormai non ci fanno nemmeno più effetto: è talmente diffuso, l’orrore, che spesso preferiamo non pensarci.
Mi chiedo perché le Sacre Scritture siano Sacre e altri Libri no: quegli uomini delle Sacre Scritture avevano un rapporto particolare con la Divinità? Solo loro e poi basta? Kali Yuga e ciao, tutti gli altri affan...???
Mi chiedo perché Dio abbia attributi antropologici maschili e, nella nostra religione, perché la Madonna non possa aver fatto l'amore normalmente. (come del resto anche la madre del Budda o altre poverine come loro).

Non saranno per caso Simboli quelli cui alludono le Scritture?

Mi chiedo perché abbiamo bisogno di uomini-dio che fanno prodigi tipo risorgere e non di Umani vicini al Divino - anzi hanno come noi il Divino in loro magari con maggiore consapevolezza - che hanno detto cose meravigliose, che ci avvicinano a un Mistero Grande ma sono morti anche se questo ci fa paura.

Non saranno per caso Simboli quelli cui alludono le Scritture?

E’ molto probabile che la morte nasconda Altro, ci spalanchi un Oltre, ma per tutti, non per i primi della classe, gruppi di persone con titoli che altri poveracci non possiedono.
Mi chiedo, infine, perché si sia interpretato un Mistero, un Simbolo come quello del Divino in maniera troppo spesso tanto faziosa e grossolana.
Il Divino è per tutti e in tutti, e se ne frega se facciamo o non facciamo l’amore, o con chi lo facciamo.
Il Divino è Amore, e l’Amore è in noi, non basta?
Ciao amici Umani, ecco perché non devono esistere i "Gay". E neanche i Mancini.

 cristina bizzarri - 16/07/2012 15:56:00 [ leggi altri commenti di cristina bizzarri » ]

Leonora: s,ì credo che nel sentire non si sia datati, anche se a volte ci è richiesto un "atteggiamento". Ma noi lo sappiamo che è solo un atteggiamento.
Luciana:la vorrei pubblicare tra le poesie questa tua, è un fotogramma di un’epoca, come le nougatine di Moretti. :-)))

 Leonora Lusin - 16/07/2012 15:10:00 [ leggi altri commenti di Leonora Lusin » ]

Testo di grande impatto: sembra scritto da una ragazza, ha la forza di un fiore che sboccia.

 Luciana Riommi Baldaccini - 15/07/2012 18:42:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Un mio piccolo contributo al discorso della téchne:


diventava tutto giallo il burro,
– quando d’estate il caldo –
e si cagliava il latte della sera.
portato a spalla: ghiaccio a domicilio
e al chiosco le granite: per me
una grattachecca al tamarindo.
un po’ di fresco il pomeriggio
al fontanone: l’acquapaola
naviga sogni e barche di cartone,
domani altri spruzzi, altri vascelli.
ma ora so domani cos’è stato:
la fontana è diventata rotatoria
le gocce sono spruzzi di veleno.
a regolare il clima non è più
un gioco di correnti e di pressione
– quando la sera sollevava il vento –
adesso un telecomando e l’illusione
ma solo fino al prossimo black-out

 Cristina Bizzarri - 15/07/2012 17:21:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Grazie Giovanni del tuo interessante apporto. Hai dato un contenuto ampio profondo e articolato a domande poste in maniera grezza e elementare. Per me un grande arricchimento.
Non si smette mai di imparare, soprattutto quando si ascoltano o leggono cose che aiutano a pensare uscendo dall’inerzia dei luoghi comuni.

 Giovanni Baldaccini - 15/07/2012 17:01:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Galimberti è una grande testa e ascoltarlo o leggerlo è sempre un piacere. Dopo l’ascolto, Cristina propone una nuova pagina di pensieri e interrogazioni, una pagina piena di possibili significazioni, non ancora di significati, a meno di considerare tali, e non sarebbe del tutto sbagliato, le domande che pone.
Non spetta a me rispondere; tuttavia appunterò le riflessioni che il suo scritto ha stimolato.
La dinamica desiderio/soddisfazione (dinamica, non dialogica, dunque semplice meccanicismo involontario) implica inevitabilmente una mancanza. Si desidera quel che manca ed è qui che si inserisce la “logica” disumana del capitale che, grazie alla tecnologia che stimola e rinforza, propone sul mercato sempre nuove cose che il desiderio afflitto da mancanza acquista senza tregua, alimentando la “logica” di cui è vittima. La mancanza cui il desiderio anela non riguarda tuttavia cose; è mancanza a essere ed è proprio quella meta che, grazie alla tecnologia asservita al capitale, resta perennemente insoddisfatta. Non si desiderano cose; si desidera esistere, ma di ciò il Sistema, per sua “logica” non tiene conto. Il godimento sfrenato della cosa alimenta tecnologia e capitale; occorre dilazione che, sola, permette riflessione e dunque possibilità di cogliere un meta non cosale: esistere. Questo insegna Lacan nel suo ormai celeberrimo “Discorso del capitalista”; questo insegnava Freud in “Al di là del principio di piacere”; questa la via di Jung nella sua ricerca di significati simbolici; questo il tema di tutta la filosofia occidentale da Eraclito fino a noi; questa la via (simbolica) tracciata dalle religioni.
Tuttavia, per capire la “logica” del Potere tutto ciò non basta; soccorre Severino. In “La tendenza fondamentale del nostro tempo”, Severino mostra le contraddizioni della cultura occidentale che, afflitta dal pensiero del proprio fondamento, che rinvia a una dinamica eterna Essere/Nulla, cresce su una base di angoscia annichilente che tenta disperatamente di sfuggire. A tal fine, smentendo clamorosamente la relatività del proprio presunto fondamento, la cultura occidentale crea un Sistema o Apparato di Immutabili che quella dinamica di base smentiscono, finendo col confondere se stessa e il proprio modo di pensarsi al solo fine di sfuggire un’angoscia esistenziale che non è in grado di pensare. Questa la “logica” del Potere e questa la ripetizione di una dinamica confusa, contraddittoria e inconscia che smentisce l’autenticità del desiderio, la sua originaria spinta a essere, disperdendola nel mondo senza vita delle cose. L’essere che non desidera non pensa se stesso: pensa cose. Tra queste anche le donne, certamente, perché quella “logica” è storicamente/ottusamente patriarcale e della donna fa un oggetto di piacere da vendere o acquistare sul mercato delle vacche o dei porci, come molte culture primitivo/sopravviventi ancora fanno o come, nel nostro mondo “civilizzato” dimostra l’industria delle riviste per soli uomini (sic!) o dei film a vario livello scoperecci. Da qui la pornografia, le ineguaglianze, gli esorcismi culturali, le esclusioni e tutti gli assurdi “ismi”in cui ci dibattiamo in nome di qualche Assoluta Verità di turno. Servono soltanto a conservarsi nel chiuso di un “terrore senza nome”, a rassicurare una coscienza chiusa, vittima di meccanismi arcaici e di rinuncia all’anima per una semplicissima paura: esistere. perché esistere significa inevitabilmente morire, e questo la “coscienza” non riesce proprio a sopportarlo.
Il mondo simbolico greco/romano, cui Cristina accenna, era epifania che popolava il mondo di significati possibili. Esso è si è trasformato in un nuovo, potentissimo simbolo espresso dall’Ebraismo Cristiano nato, principalmente per un confronto della coscienza con la morte (ma questo aspetto è stato apotropaicamente trascurato) e per diffondere nuovi possibili significati di relazionalità e dignità della vita umana; in pratica, un nuovo modo di essere. Ma il Regno non è altrove; la trascendenza s’incarna; non vi è più bisogno di trascendenza, come l’Illuminismo e Kant hanno tentato di insegnare, ma di trascendentale. L’Apparato cui Severino rimanda ha rinnegato la trascendentalità dell’Essere (Esserci, come dice Heidegger) e ha usato quel simbolo ai propri fini regressivi, depauperandolo di ogni significatività e riducendolo a mero segno privo di un significato che non sia quello conservativo/protettivo di riparo dall’angoscia. Oggi viviamo l’epifania della cosa, un fenomeno in apparenza sconfortante. Tuttavia, anche quella è epifania e bisognerebbe per lo meno chiedersi cosa indica, a quale significazione rimanda. Peccato che la Cosa non ragiona. Non basta denunciare: essere è riflessione. Comunque, cominciamo pure dalla denuncia per lo meno dell’inutilità evidente del Sistema (la crisi che viviamo a tutti i livelli non è acqua). Mi scuso per il lungo sfogo e mi ritiro.

 cristina bizzarri - 15/07/2012 01:08:00 [ leggi altri commenti di cristina bizzarri » ]

Sì è senz’altro un argomento interessante. Grazie Nando, Loredana, Alessandro, Luciana e Giovanni dei vostri interventi che hanno dato un’impostazione più profonda al mio testo, nato davvero come una serie di domande, sì polemiche ma anche aperte al confronto e all’apprendimento! Rispondo ora perché qui a Civitanova c’è "Pop-sophia", un’iniziativa interessante, e sono andata a sentire Galimberti che ha parlato della Tecnica. Interessantissimo anche questo argomento, che forse, toccando il tema dell’evoluzione, anche in senso negativo, che la "techné" ha avuto in questi due millenni fino a trasformarsi da mezzo a fine, una specie di mostro che si autoproduce e di cui noi siamo gli involontari sudditi (banalizzo): forse questo argomento sulla tecnica ci riporta indirettamente al nostro precedente, in quanto, come produttori non più di senso o contenuti ma di efficienza e di produttività, abbiamo perso la nostra anima. In questo produrre così arido, personalmente ci vedo anche la morte del pensiero riflessivo, o la sua agonia. Pertanto si è legati anche a schemi di pensiero rigidi, legati a tradizioni, superstizioni, paure (l’altro, il diverso)che si sono stratificate e pietrificate, perché hanno fatto anche comodo a chi ci governa: non pensare, non avere uno spirito critico permette al potere di fortificarsi. E il piacere temo sia una delle cose che sono sempre state tenute al guinzaglio, perché provare piacere senza costrizioni (tabù imposti)ci renderebbe più forti, più carichi di energia positiva. Meno automi. La libertà sessuale non è mai stata vista di buon occhio, almeno dai Greci in poi: loro almeno sacralizzavano con riti, orge, feste, il dionisiaco aveva una dimensione alta, sacra. Adesso noi abbiamo la pornografia che non mi sembra possa essere equiparata a qualcosa di davvero liberatorio, ma solo a un misero sfogo organico. Così mi sembra, almeno.
Naturalmente la consapevolezza aiuta a impostare anche la mente verso una diversa apertura dell’individuo, ma mi pare che siamo dentro fino al collo in una mentalità, in un’impostazione penalizzante e costrittiva circa i rapporti, circa il piacere appunto. E’ lecito solo quello che il Potere (laico o religioso a questo punto è la stessa cosa) sceglie per tutti. Il corpo fa paura. Ho scritto di getto, spero di non aver detto troppe sciocchezze. Se tornerete qui ci risentiamo!
Buonanotte e grazie ancora dei vostri generosi interventi: mi hanno fatto piacere!!!

 Roberto Maggiani - 15/07/2012 00:05:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Cara Cristina, visti i commenti presenti, direi che il testo non lo spostiamo, anche se non si tratta di poesia (forse andava pubblicato tra i Pensieri?), sarebbe troppo complicato. L’argomento è molto interessante. Grazie.

 Luciana Riommi Baldaccini - 14/07/2012 23:00:00 [ leggi altri commenti di Luciana Riommi Baldaccini » ]

Cristina pone qui in modo acuto, a volte provocatorio, ma per finalità assolutamente condivise, degli interrogativi che riguardano alcuni aspetti fondamentali della nostra realtà umana e della doverosa riflessione che su di essi dobbiamo fare. Premetto che condivido totalmente l’intervento di Giovanni e quindi mi asterrò dal toccare gli stessi temi.
In primo luogo qui si parla di linguaggio, e tuttavia non è solo un problema linguistico. Le parole, e in special modo quelle che nell’uso comune hanno una connotazione fortemente giudicante, sono la concrezione, la stratificazione, la sintesi di una concezione della realtà, di una visione del mondo, di cui però la maggior parte degli utilizzatori del linguaggio neanche è consapevole.
Prendo a esempio i mancini (dal latino mancus: storpio, mutilato): nell’epoca in cui andavo a scuola (a partire dagli anni cinquanta) i bambini mancini (sinistri) venivano trattati, in primo luogo proprio dagli insegnanti, come personaggi strani, un po’ malati e un po’ stravaganti o ribelli. Da lì l’atteggiamento a volte disorientato e sospettoso con cui i bambini, inevitabilmente permeabili alla cultura dominante, guardavano i loro compagni considerati comunque "svantaggiati". Ma considerati svantaggiati da chi? Probabilmente dalle ramificazioni ancora floride di una radice "culturale" fascista (mens sana in corpore sano, tanto per citare le parole di un famoso imbecille) che aveva fatto del "culto della razza" uno dei suoi vessilli (scimmiottando il pazzo sanguinario austriaco-tedesco) e che identificava la sanità degli esseri umani con la corrispondenza esatta (?!?) a un qualche criterio pregiudiziale (a volte anche di tipo fisiognomico, vedi Lumbroso), a sua volta radicato su preconcetti di carattere fantastico/mitologico (e qui penso a tutti i significati attaccati da tempo immemore alla parola "sinistro/a", e assunti anche dalla simbologia religiosa). Di ciò forse erano totalmente ignari i suddetti insegnanti, che aderivano "ingenuamente" (ma per questo non meno colpevolmente) all’idea che la maggioranza abbia sempre ragione e che le "minoranze" siano per ciò stesso "minor". A volte arrivavano a consigliare ai genitori di usare mezzi costrittivi (immobilizzare la mano sinistra) per favorire l’uso della destra!! La caccia alle streghe non è affatto terminata. (Tanto per fare un po’ di cronaca personale, poiché non mi capacitavo di saper usare solo la mano destra, da ragazzina mi esercitavo a scrivere intere paginette con la mano sinistra!).
Gli altri interrogativi, io credo, potrebbero essere esaminati nello stesso modo, soprattutto per quanto concerne la storia delle tradizioni, laiche o religiose che siano. Lasciando fuori le questioni teologiche e il discorso della fede, che attengono rispettivamente all’approfondimento quasi filologico dei testi e della storia e alla dimensione più profonda dell’esperienza soggettiva del divino, io credo che alcune "tradizioni" possano essere fatte comunque risalire o essere almeno collegate a significati simbolici (anche in forma di pregiudizi) che continuano ancora oggi a esercitare una loro influenza (di nuovo in maniera prevalentemente inconscia). Penso in particolare all’immagine del femminile (un tema per me di proporzioni immani) e qui, per il momento (ma la notte è giovane!), mi taccio.

 Giovanni Baldaccini - 14/07/2012 22:48:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Baldaccini » ]

Entro in punta di piedi perché questa sera, più che nel bar, è nel monastero che mi affaccio.
Non nascondo un certo imbarazzo, dato che non ho mai fatto mistero di non avere alcuna fede nella trascendenza e in una certa accezione del divino, a meno di aderire alle domande retoriche di Cristina riguardo i simboli, cosa che, per altro, mi affretto a fare. Tuttavia quei simboli e il messaggio che essi dovevano incarnare sono stati a mio avviso del tutto disattesi e credo che tutto possiamo dire tranne che di vivere o aver mai vissuto in un mondo “cristiano”, almeno per la sua più ampia parte. D’altra canto,, quando l’uomo si arroga il diritto di definire Dio e il Figlio e, non contento anche lo Spirito Santo, per non parlare del resto della famiglia per altro alquanto maltrattato, come avvenne i occasione del Concilio di Nicea, non sarà azzardato affermare che gran parte della patristica, almeno in origine, non ha rappresentato altro che politica adatta alle esigenze quanto mai terrene dei tempi. E questo non lo dico io: lo dice la storia. Per la verità, lo dice anche l’esperienza dato che le “persecuzioni ideologiche” di cui parla Cristina sono da sempre sotto gli occhi di tutti, purché ci si prenda la briga di guardare. Si dirà che Dio lascia liberi di disattendere la Legge; appunto, dunque nulla quaestio, a meno di tornare al mondo del simbolico.
Dio è Verbo e verbo significa Parola (Logos) che vuol dire significare. Questa è precisamente la funzione del simbolo: portare significato. Il problema è coglierlo. D’altra parte, come fa osservare Jung, qualcuno sulla croce chiese al Padre di perdonare non per quello che gli facevano, ma perché non sapevano cosa stavano facendo. Dunque il peccato è l’ignoranza, ovvero la mancata attribuzione di significato.
Vero è comunque che l’incontro con il così detto divino turba, se ne seguano o meno insegnamenti e significati simbolici. La numinosità di quell’incontro è fuor di discussione; il problema è cosa se ne fa. A mio avviso se ne potrà fare tutto quello che meglio si creda, purché se ne faccia qualche cosa, ovvero si tenti di dare almeno senso alla propria azione.
La religiosità può assumere infinite forme. Personalmente (ma questo conta poco, lo dico solo per non nascondermi) credo in una dimensione simbolica che indica ricerca di senso nella vita. Credo dunque nella luce della coscienza che si sforza tragicamente di illuminare percorsi inconsci troppo involontari. Per esprimerci con termini cristiani, credo nell’incarnazione nel senso filosofico indiano dell’Atman del Brahaman senza il quale (Atman, ovvero soggetto consapevole) il Brahman non saprebbe mai di esistere. Se c’è stata una creazione e una passione non posso che intenderla nel senso del farsi carne, cioè esperienza, e rappresentazione di quell’esperienza per conferire all’agire umano e, se vogliamo divino, uno straccio almeno di significato. Non si tratta di credere o non credere (molti cristiani non credono affatto o, se lo fanno, disattendono con le loro azioni e pensieri involontari quel in cui dicono di credere), ma di credere in qualcosa e renderlo reale nel mondo attraverso la rappresentazione attuativa di un simbolo,di cui dovremo essere pronti a rendere testimonianza, con la coscienza che sarà presto superato e sostituito da un linguaggio simbolico nuovo, fonte di ulteriore coscienza e creazione psichica del mondo. Cristianesimo o meno, simboli o meno, oggi il mondo è muto. Non resta che aspettare e prepararsi a nuove significazioni tentando almeno di coglierne l’apparire. Tutto quello che possiamo fare è denunciare l’inadeguatezza dei vecchi simboli che per duemila anni hanno tentato invano di significare. Se il linguaggio non si è sviluppato non è per loro colpa, ma per via di una coscienza muta e cieca che preferisce trincerarsi in false assurdità spacciate per Verità piuttosto che mettersi in discussione. Non è colpa di Dio – da cui tutto dipende - se Cristo è morto invano: è colpa nostra.
A questo punto, senza voler trascurare tutte le letture sacre che si vogliano fare, mi permetto di suggerire due piccolissimi testi: “Linguaggio e mito” di E. Cassirer e “Il Sacro” di R. Otto. Adesso posso bere?

 Loredana Savelli - 14/07/2012 21:07:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

"Il Divino è per tutti e in tutti, e se ne frega se facciamo o non facciamo l’amore, o con chi lo facciamo.
Il Divino è Amore, e l’Amore è in noi, non basta?"

Penso che basti.

Anche io, come Nando, anzi molto più di lui, NON sono in grado di tenere la discussione sul piano "delle teologie", ma ho apprezzato molto l’allusiione di Nando al "contatto" che a un certo punto tu avverti, qualcuno lo chiama anche Paura (!) o Scommessa o Ascolto o Fede semplicemente. Una specia di campanello d’allarme che ti dice: un momento, aspetta, vedi la cosa (la vita) dal punto di vista esattamente opposto.
Però non vado oltre, perché ho troppa fantasia e rischio di dire delle mostruosità.

Per il "pretenero" (persona in carne e ossa, di lingua portoghese, forse brasiliano), ha ragione Nando: ci ho visto l’uomo in difficoltà, proprio con la lingua, e chissà, magari si è chiesto come mai sia capitato proprio in Italia e se sia davvero pronto al ministero in mezzo ad anziani per di più freddi. Queste sono le mie elucubrazioni quando incontro lo sguardo di certe persone, ma, te l’ho detto, forse ho troppa fantasia.
Ma anche tu non scherzi : )))
Una abbraccio a tutti gli avventori del bar, stasera mi fermerò un po’ di più, spero.

 Ferdinando Battaglia - 14/07/2012 20:45:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Ciao Cristina,
trovo ora un po’ di tempo e di pc, e allora rispondo anche per la tua sollecitazione rivoltami commentando "Pretenero" di Loredana Savelli.
Intanto ti ringrazio per la considerazione - che non merito - e adesso anche per queste condivisioni di riflesasioni e domande, cui non sono capace di rispondere. Affrontare un argomento teologico, come per ogni altra scienza, sia umanistica sia logico-matematica(equipaggiato solo d’ignoranza sento di camminare sempre su terreni minati, quando mi trovo a disquisire di materie aliene dalla mia impreparazione e con intellettuali quali voi per lo più siete)chiede un background ché altrimenti si resta sul piano delle opinioni, appunto opinabili.
Non penso dobbiamo creare steccati o divisioni di ruoli, come non abbiamo assolute certezze, neppure quelle che possono giustificare un’obiezione all’inestitenza di un Mistero e di un Oltre. Siamo in partenza sconfitti! Che cosa rimane? Rimangono i colori di una luce,
che ci può investire e far vivere un’esperienza soggettiva o, tutt’al più, intersoggettiva. Ma quale dimostrabilità? Almeno per ora non non l’abbiamo(mi sembra). Eppure ciascun credente, di qualsivoglia religione, pensa in qualcche modo di esserne entrato in "contatto".
Vero o non vero? Ognuno poi decide secondo ragione, sentimento, emozione, esperienza, mistica...Per correttezza occorre però, secondo me, da degli assunti e, acvcolkti quelli, far poi discendere tutte le conseguenze anche logiche. Ora questa è una piccola parte del discorso; poi c’è tutta la "devastazione" di un vissuto storico e attuale che evidentemente e legittamente suscita reazioni, dubbi e perplessità. Ma un conto sono le dottrine, un conto eventualmente i Fondatori, altro è la concretizzazione sul piano della dimensione storica.
Tornando a "Pretenero", il mio richiamo all’autenticità(t’ho detto che le parole per me sono minate!), non voleva essere un porre sigilli di ortodossia, ma solamente riconoscere il passaggio tra due pilastri del vivere cristiano: l’Eucaristia e il riconoscere l’Altro nell’altro, e quindi passare dal rito - nel suo portato teologico e spirituale - alla sua realizzazione vitale: la fraternità. Tant’è vero, che nella tristezza del prete, non penso Loredana abbia visto tanto il credente, quanto in lui tutta quella parte dell’umanità che ha, rispetto a noi, mille ragioni per non sorridere. Perché autenticamente cristiano significa anche autenticamente umano. Un’ultima cosa, e mi scuso per la lungaggine: mi sembrerebbe però importante - ancor prima di affrontare i vari aspetti dell’argomento -
porsi la domanda fondamentale - evidentemente per il Cristianesimo - su chi fosse Gesù, poiché solo nella definizione cristologica del verbo, si può poi percorrere un cammino di conoscenza che possa avere un senso.
Scusami la lungaggine, ho condiviso quel po’ di esperienza che il contatto con la religione mi ha dato, accanto a tante altri miei vissuti, che posso solo rappresentare ma non spiegare. Però vissuti.

Buona serata

p.s. Commento troppo prolisso per essere riveduto e corretto, anche per l’incapacità dello scrivente.

 Alessandro Mariani - 14/07/2012 20:44:00 [ leggi altri commenti di Alessandro Mariani » ]

Davvero complimenti, Cristina! Il testo è efficace e pirotecnico. Non mi addentro sulle idee ( che condivido in pieno, compresa l’ironia, straordinaria...). Ti auguro una buona serata e una buona continuazione d’estate.

 Cristina Bizzarri - 14/07/2012 20:31:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Si la liberta’ di espressione nei limiti del rispetto delle idee altrui.

 Loredana Savelli - 14/07/2012 20:05:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Questo ragionamento è (secondo me) uno dei pressuposti per cui esiste, ad esempio, questa nostra "casa virtuale".
Ma mi riservo di rileggerlo dopo, ora non posso.

 Cristina Bizzarri - 14/07/2012 16:36:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Scusate, doveve essere messo in "prosa" ma mi sento di casa qui. Casomai lo cambio, se lo ritenete opportuno! :-)

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