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I Resti lo Splendore

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Questo libro è un saggio in cui vengono raccolti vari testi scritti dall’autrice in epoche precedenti. Un libro che desta curiosità e interesse fin dalle prime righe: “Passando di fianco al mercatino rionale d’improvviso ha dovuto fermare gli occhi sulla vecchia sedia vuota […] Ora la sedia, qui. Per una frazione dell’attimo: cera vergine che si cristallizza al sole e si disfa alla pioggia. La materia si dà alla forma che viene e alla perdita della forma si abbandona”.
Insel Marty conduce il lettore in un percorso a tratti un poco ostile per chi non si intende di filosofia, di religioni orientali e di Vecchio Testamento. Ma sicuramente ha la capacità di destare nell’animo vibrazioni armoniche fondamentali, attraverso un’asciuttezza di concetti e persuasive riflessioni che sembrano nascere dall’esperienza dell’autrice, dal suo probabile aver esperito, in qualche modo, ciò di cui tratta; con fare deciso propone sue tesi e sintesi, spaziando nel mondo della filosofia greca e trovando unioni/disunioni col mondo della filosofia orientale.
Ma ciò che di questo libro colpisce sono i testi poetici che accompagnano il discorso filosofico e che in qualche modo ne sono coronamento e riflessione ultima nonché intuizione di una più profonda verità sulle cose, percepita e percepibile soltanto, a mio avviso, dalla poesia, come se essa fosse una sorta di mistica: l’Essere rivela sé stesso nella poesia e il poeta diventa imprescindibile chiusura di una complessità che altrimenti si attorciglierebbe a spirale su sé stessa. Semplice e al contempo geniale questa riflessione: “La letteratura è l’ombra della parola. Ma l’ombra è così intima alla luce”. Quindi la parola come ente che riflette, luminosa, la luce dell’Essere, e il “sistema letteratura”, con tutte le sue complessità, è ombra della parola alla luce dell’Essere, parola che vive di per sé stessa senza necessitare dell’ombra ma che comunque, per il semplice fatto di essere alla presenza della luce, la rende presente, non come necessità, appunto, ma come conseguenza di contorno. E ancora: “scrivendosi prendono luogo le parole / si prendono il foglio il tavolo la stanza / anche la strada sotto / e al di là quella che sale al colle / […] // l’aria non la occupano / in lei esalano la forma”.
Penso che scrivere filosofia in poesia sia una cosa che richieda una decisa maturità filosofica, una elevata percezione dell’ontologia dell’esistenza e una grande austerità nell’uso della parola. I versi di Insel Marty sono levigati, puliti, grandemente evocativi, si insinuano come vanghe ben poste sotto le zolle del reale, scalzandole e ribaltando il terreno per preparare una nuova semina: “fascio d’ombre boscose / le nubi di un giorno finito / ma rasoterra traluce a specchio / d’acqua con luna / che ancora non c’è / - riverbera ogni seme del buio // la notte volge gli occhi in sé”.
Quasi a chiusura del libro v’è un bellissimo capitolo dedicato alla musica: “[…] A questo punto della strada vi dirò che la cosa curiosa, ma forse scontata, è che la frase di Jung, ‘la psiche è musica’, mi si è dispiegata nient’affatto metaforica, bensì estremamente realistica […] cantano il frigo e l’autoclave, l’acsensore e il caterpillar […] il vicinissimo aeroporto emette profondissimi Karghiraa” (essendo il Karghiraa una tecnica mongola di emissione vocale di una nota bassa insieme ad armonici acuti...).
Quindi un libro non immediato, ma semmai ben ragionato e sul quale ragionare, insieme all’autrice, in una interessante dialettica, senza l’attesa di una schema scontato.

 Ilde C. - 06/04/2009 20:01:00 [ leggi altri commenti di Ilde C. » ]

Condivido quello che scrive il recensore,il libro non è facilmente inquadrabile, non ha niente di scontato. Vorrei dire qualcosa sui brani in prosa più brevi, che mi sono apparsi veri e propri poemetti. Bellissimo quello che apre la raccolta, quello sulla scrittrice della "mano sinistra", Chi e Luoghi. Quest’ultimo intenso, intimo, terribile.

 Basilio Romano - 26/03/2009 18:27:00 [ leggi altri commenti di Basilio Romano » ]

Questa recensione, come è caratteristica di Maggiani, ha il pregio di farmi venire l’appetito di lettura del testo.

 Giovanni Rito - 26/03/2009 18:02:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Rito » ]

Non riuscivo ad aprire il libro (passato da un’amica) perché intimidito dal titolo. Il pezzo omonimo mi sembra bellissimo, appassionato anche quando francamente debitore del saggismo novecentesco. Imprevedibile, dirompente l’inserto su Kafka (ma non era già stato scritto tutto?)

 Laki - 23/03/2009 19:26:00 [ leggi altri commenti di Laki » ]

Mi dispiace che il libro non sia distribuito. Mi dispiace che sia poco compreso. Leggo, e mi ritrovo lungo una scala di luce e ombra. Scendo e salgo..... Conosco l’autrice e non sapevo che scrivesse queste cose. non ne parla mai.

 Liza - 23/03/2009 14:22:00 [ leggi altri commenti di Liza » ]

Approfitto di un computer messo a disposizione per dire che il libro è bello, bellissimo, e non mi sono arresa quando non capivo. La comprensione è globale. Quello che non si capisce in un contesto, diventa rivelativo in un altro. Non è un libro di “poesie e prose”, è tutto poesia, anche nei saggi (specialmente quando parla di come nasce la poesia).

 Antonio Marrano - 23/03/2009 14:20:00 [ leggi altri commenti di Antonio Marrano » ]

La recensione mi sembra colpisca nel segno quando rimanda alla compattezza del libro, all’intima corrispondenza fra un testo e l’altro. Mi sembra però non valorizzi abbastanza il flusso poematico e il tema della fine epocale. Si vedano i testi “scrivo da una lingua morta”, “Luce a pioggia di sotto in su”, la poesia sul mondo della religiosa fatica contadina, il pezzo sui “resti di Sion” e soprattutto la bellissima “Pietra sonora appesa”.

 Insel Marty - 17/03/2009 20:35:00 [ leggi altri commenti di Insel Marty » ]

Sono Insel e ringrazio. Ringrazio dell’attenzione, dello spazio, dell’invito a leggere. Intervengo solo per dire che non sono affatto “filosofa”, come si vede dal faccia-a-faccia con Socrate, che è un incontro-scontro su “come si fa musica”, e dal fatto che, se anche c’è un cosiddetto pensiero nei due saggi della raccolta, è un filo teso sulla consapevolezza delle passioni, degli attaccamenti e dell’ignoranza. Come scrivo a pag. 43, quell’esile filo di pensiero, l’unico che mi concedo nel digiuno di doxa che ritengo salutare, mi appare oggi abbastanza debitore del tempo che ho vissuto, succedaneo ed epigono. Anche rispetto a Socrate non ho pensato alcunché di diverso dai miei contemporanei. E’ risaputo, il non-discorso del corpo ha sovvertito radicalmente il discorso della ragione occidentale.
Certo, lasciarsi scrivere dalle parole (confronta pag. 29: la poesia scrive, il poeta è scritto) non equivale né a un atto pulsionale né ad un automatismo spiritistico. Cito, dal precedente due fuochi (Gazebo 2003): “Con la testa nelle nuvole. Fra le particelle ultraleggere dell’energia concentrata. Il nonsapere del poeta è raggiunto attraverso la padronanza e il potenziamento di ogni microsuono. Cellule, atomi, particelle subatomiche ruotano vorticosamente verso la luce di una parola. Il poeta è una nuvola che non sa di esserlo, o non lo sa più, mentre continua a percepirlo e lo percepisce sempre di più, perché prima inconsciamente poi con l’energia cinetica della mente ha nutrito e coltivato quel campo invisibile che prende forma all’altissima velocità dell’intuizione musico-sillabica.” (pag. 22)


Insel Marty

 giuliano - 09/03/2009 10:33:00 [ leggi altri commenti di giuliano » ]

Un libro davvero molto bello, con punte di sublime; il brano iniziale sulla sedia,citato nella recensione, spiazza e lascia senza fiato per la sua bellezza. In alcuni tratti l’opera appare un pochino ermetica, ma la pazienza e la grande concentrazione che richiede vengono ricompensate ampiamente.

 Daniele Incami - 03/03/2009 21:22:00 [ leggi altri commenti di Daniele Incami » ]

Sembra un libro interessante. Filosofia e poesia: secondo me dalla poesia può esplicitarsi un sistema filosofico in modo naturale, ma dalla filosofia non è banale riuscire a estrapolare poesia!

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