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Tra le inarcature dele parole.

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Tra le inarcature delle parole. Osservazioni sulla lingua descrittiva del primo de Pisis 

 

Molto complessa appare la vicenda personale e creativa

di Filippo de Pisis, allorquando si rinuncia ad assumere

gli anni Venti quale spartiacque tra la prima produzione letteraria

e la decisiva attività di pittore. In effetti, in senso inverso

alla parabola di Libero Bigiaretti, è difficile stabilire quando

l’artista ferrarese fu dapprima poeta-pittore e più tardi un

pittore-poeta, specie se consideriamo il valore che de Pisis

attribu. alle sue poesie. Contrariamente alle osservazioni di

Giovanni Raboni, è possibile constatare quanto l’insondabile

unit. tra il linguaggio della letteratura e quello della pittura

trovi un’importante manifestazione nelle giovanili prove

dello scrittore. Più che reinterpretare la scrittura depisisiana

come novecentesco recupero dell’oraziano ut pictura poësis

vale chiedersi quanto dello spirito del pittore già si prefiguri

nelle prime prose, prescindendo dalla saggistica e dagli articoli

dedicati esclusivamente alla storia dell’arte. In sostanza

sarà utile soffermarsi, attraverso una rapida escussione di alcuni

frammenti testuali, sui momenti preliminari che hanno

contribuito a forgiare quel ‘pensiero visivo’ collocato da Sergio

Solmi all’origine dell’ispirazione del pittore ferrarese.

Fin dal 1916 si trova traccia di quanto ammetteva, a un mese

dalla morte del pittore, Roberto Longhi: «de Pisis vagheggiava

 un nuovo 1870 dove pittura e poesia si scambiassero all’infinito

le parti. E in questa doppia sedimentazione Rimbaud,

Laforgue, Verlaine gli servivano quanto le evocazioni,

anch’esse quasi parlate, da Jongkind Manet Monet Sisley...».

Questo rapporto simbiotico tra arte e letteratura trova una

sua importante celebrazione nelle pagine de Il signor Luigi B.,

traguardando anche quelle influenze pascoliane che Corrado

Govoni rinveniva nei Canti de la Croara.

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