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da Quattro quaderni

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12 – r3

[quando non si può restare
e passa, passa ancora un giorno,
e un altro che passa come se restasse,
e va, invece,
e come va
è il suo far vece, il suo restarci]


13 – v6

prova, se scalda,
a non lasciare tempo
per l’attesa,
prova un oblio
che gela fuori del pensiero,
si raggela
(è sera e poi è notte, pensa)


14 – t4

è come se andarsene non fosse che questo,
questo restare, e fare ancora un gesto
(è come se dirlo fosse soltanto vero,
e non più vero, ancora, del non dirlo)

e poi quello che manca mancherà
e ciò che è è ciò che ormai è stato
(e parlane, mio amore, dinne ancora,
fa che sia vero ancora)

(pensa ad un giorno, pensando ancora
a chiudermi gli occhi, finché c’è luce,
a premere ancora, sulla tempia, il nervo che pulsa)

(pensa che vuoi pensare,
fino a quel buio,
fino alla luce, infine, che scompare)



(tratte da Giuliano Mesa, Quattro quaderni - improvvisi 1995-1998, Lavagna, Editrice Zona, 2000, ora in Poesie 1973-2008 a cura di Alessandro Baldacci, Roma, La Camera Verde, 2010)

(http://rebstein.wordpress.com/2012/01/16/mesa-e-il-poeta/)

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