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al testo di Adielle
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Così lontano dal cielo mi sono svegliato quella mattina che mi sono tagliato le vene da avere terra tanto grigia sotto le unghie lunghe da Barabba da sembrare quasi cenere. Sul perchè l'abbia fatto molte sono le voci, che il mio consiglio è di metterci una croce sopra e lo farò seguendolo come un cane senza denti segue il suo padrone con le buste del latte e il pane raffermo. Un bastimento di visioni, bastonate le sinapsi il sycrest lasciato a maturare sull'albero del bene e del male perde i suoi effetti taumaturgici. Cari amici è da un po' che non ci vediamo sono stato un mese in psichiatria e ho perso l'uso della mano destra per il resto come vanno gli affari? Naturalmente non sono mancino. Eppure ci sono farfalle le cui ali non temono sbarre e sanno posarsi sui lividi più bui per colorarli di porporine. Non avevo lasciato nemmeno un biglietto perchè alla fine ci speravo che non sarei morto ma perdere la ragione in me è rampante menefreghismo nei confronti di tutto quello che verrà dopo. La tua faccia che si chiede con smorfie teatrali se hai colpa di qualcosa di sabato sera, lavate via tutte le bugie dalla tua pelle da una doccia liscia ad occhi chiusi in cui ti tocchi i punti cardinali solo quel tanto che basta a non deludere le aspettetive di chi ti pensa ancora dea dell'amor perduto davanti a degli amici un po' blasè in un bar del corso coi bicchierini d'assenzio a cinque euro senza nemmeno la coreografica data alle fiamme dello zucchero che alzi il sipario sul beneaugurale valzer della sbornia. Mi innamoro sempre della più bella, della più stronza e non c'ho il fisico! Fondamentalmente è per questo che sono matto la shizofrenia è un particolare secondario. Non dirlo mai che t'amo, non con questa faccia almeno. Aspettare che la barba ricresca, che scenda la pancia e che funzioni di nuovo la mano buona per gli schiaffi ecco cosa dirò alla psicologa motivazionista quali sono i punti da raggiungere al più presto. Non riesco a impugnare una matita è davvero finita e invece è solo più difficile e mi devo vergognare lunedì fisioterapia. Nel frattempo mia madre mi sbuccia le mele.
Ho imbrattato tutto di sangue, che nettezza di linee in un magnum della Boker brandito come si deve e il secondo taglio più coraggioso che non si dica che il primo fosse stato un caso: via i tendini, via i pattini, via le rotelle dalla bici con le gomme chiodate ora solo tu, i tuoi piedi nudi e il lago ghiacciatto altro che educazione siberiana, la siberia ce l'ho nel cuore e tutta intorno agli occhi e tinge di un rosso vischioso le mattonelle del bagno, del corridoio, della cucina, perchè mi muovo come un ragno nel tentativo di dare ascolto alle voci nella mia testa che mi ordinano di tenere pulito: io con gli scottex, con l'alcol, che sfrego per terra le macchie senza aver tamponato prima il flusso proveniente dai polsi e faccio peggio che una carneficina. Alla fine mi sdraio nella vasca da bagno e aspetto un destino collaudato. E invece dev'essere a quel punto che mia madre si è decisa a chiamare i vicini e i vicini a chiamare l'ambulanza. Alcune cose le ricordo a fatica, ero separato tra una realtà non condivisibile e una condivisa ma a patto di tenere a bada quell'altra e la cosa non mi riesce troppo bene, è la storia delle vene che lo insegna. Deve essere stato Matteo a mettermi qualcosa addosso e a portarmi fisicamente fino al punto d'ingaggio. Mi sarei dovuto tagliare anche le caviglie per non fargliela troppo facile. Invece mi hanno insaccato sulla barella come un salame, con poche mosse ben calibrate, niente spazio per l'emozione, io senza alcun dolore, se non quello di non riuscire a gridare < voi la fate facile ma guardate che a casa ho lasciato una tonnara!>. Poi l'arrivo al prontosoccorso predisposto per suturare e l'attesa che sembrava non finire prima dell'operazione in compagnia dei miei amici giunti per l'occasione. Scusa Massi, ti scanzi per favore che non riesco a parlare con Paolo e Paolo lo vedo solo io, che naviga ancora nell'invisibilità da cui mi mostra, proiettando scene sul muro dell'ospedale, alla destra del mio lettino, la nascita della vita sulla Terra, colonizzata da una forma di vita aliena che a un certo punto ci crea da una propria costola; poi penso solo atomi, atomi, a-to-mi, all'infinito e vado in loop e per un tempo indefinito sono totalmente assente, non ricordo l'allunaggio della clessidra liquida della flebo sul mio braccio da cosacco che ha alzato il gomito fino a slogarselo senza alcun dolore, strano contorsionista del terzo tipo. Poi la voce cupa di Valentino che dice: tranquillo adesso ti aggiustano, poco prima che mi portino in sala operatoria e io penso che mi attaccheranno a una sorta di aspirapolvere per cacciarmi via dalle orecchie tutte quelle voci che pasteggiano nell'open space del mio cranio per stoccarle in una discarica d'inferno, mentre lui invece si riferisce ai più prosaici tendini. Ah fraintendimenti fantasmagorici così cari all'inquietudine della mia mente capricciosa! Il tutto mi appare come uno strano programma in cui devo essere condannato a un qualche tipo di crocifissione per aver condannato l'umanità a un'immortalità fatta però di perenne schiavitù, il tempo di pensarlo mistico e il mio lettino a rotelle prende a muoversi e vengo tratto dai vendicatori in sala operatoria. Anestesia parziale, braccia larghe, tre ore sotto i ferri, nessun dolore, l'operazione è perfettamente riuscita, hai visto? No non ho avuto cuore ho dovuto tenere a tratti gli occhi chiusi rabbrividiti, tanto da perdermi i passi salienti, non mi sfuggono le proporzioni però: tre secondi sotto il ferro per tagliare, tre ore sotto i ferri per farmi ricucire, questi sarti hanno dita lunghe tanto diverse dalle mie, non mi resta che confidare nel dio dei rammendi. E poi cambio di scena senza equivoci: pigiama, ciabatte nuove di zecca che non ne ho mai possedute un paio degne di un'ala d'ospedale, attaccato ad una stampella a rotelle, sguardo fisso, bocca aperta, seduto in un divanetto, stanza regolare, tavolini color pastello, televisore incastonato in alto, alle pareti girasoli adesivi attaccati male, finestre con le sbarre; davanti a me i miei amici radunati in un piccolo branco provano a pronunciare frasi minime, c'è chi vuole sapere, chi si accontenta che io stia bene, non rispondo a nessuno se non con piccoli abbracci di disimpegno, è solo allora che mi rendo conto di avere polso e mano destra ingessati, spuntano appena le unghie. Mi muovo lento nessuna voglia di parlare, la morfina che mi squaglia le sillabe. Mio cugino mi avvisa che è il secondo giorno che sono ricoverato lì e il primo che do segni di ripresa, che siamo nel reparto di psichiatria, mi verrà a trovare tutti i giorni e di non preoccuparmi di niente.
Vita a circuito chiuso pagane reticenze ad assumere cibo in confezione da malati saltano gli schemi di quotidianità individuali siamo insetti nudi ci vergognamo che qualcuno possa sbirciare nei nostri esoscheletri e confondiamo l'anima con gli scudi che la proteggono come crociati partiti per le campagne a scontare i propri peccati con anni di prestazioni belliche.
Faccio le vasche nell'acquario, su e giù per lo stesso corridoio appeso al mio bastone a rotelle per la terapia endovenosa, clorofilla per foglie d'argilla, dagli oblò gli infermieri mi contano le pinne e gli altri degenti si tengono a debita distanza, devo essere ancora in una fase pericolosa oppure ho un aspetto da far schifo. -Sono una furia- mi dico, mi faccio paura da solo, -sei soltanto ridicolo- mi fa eco una delle voci che ancora mi abitano e non so darle torto. Quando mi imbatto nel primo infermiere è così che mi presento: una voce mi ordina di ripetere dopo di lei: -stia bene a sentire sono Maurizio Albicocca, ripeti più forte, fa la voce ed io eseguo, stia bene a sentire sono Maurizio Albicocca, roco, e sta sera quando tornerà a casa, in via dei bastioni, verrà colpito da un fulmine e che nessuno si azzardi a far del male a questo ragazzo- che poi sarei io, il nome invece è quello di un mio amico e non so perchè proprio il suo, la "via dei bastioni" è poi mistero remoto. Quando si dice che uno è pazzo è anche a questo che si allude, immagino. Fatto sta che l'uomo mi guarda, non mi degna di una smorfia e torna a fare altro, come se gli avessero detto molto meno che buon giorno. Quando si dice la forza dell'abitudine. Vado a dormire alle nove, non prima di aver preso la mia dose di psicofarmaci, carbolithium, invega ed en, non mi accorgo nemmeno di avere un compagno di stanza. Nel letto una voce mi tormenta dicendomi che mi faranno uno scherzo, un trucchetto che conoscono loro, per cui, non appena avrò preso sonno, mi taglieranno i testicoli senza nemmeno che me ne accorga e in maniera tale che domani mi sveglierò in un lago di sangue e buona notte. Sarà l'ultima volta che sentirò le voci comunque? Presentimento errato. Il giorno dopo mi sveglio tutto imbrattato, caldo e freddo, un gelato fritto cinese, che ho paura di alzare le coperte; prendo coraggio e trac, meno male mi sono solo pisciato sotto! Per l'occasione vengo preso in custodia dall'infermiere fisicato, mi pare si chiami Diego, e senza bisogno di instaurare un dialogo fatto di parole mi conduce nel bagno con la vasca, mi spoglia completamente nudo mi stende sul fondo come un lenzuolo, apre un getto d'acqua tiepida e mi consegna una spugna insaponata; cinque minuti e l'operazione può dirsi conclusa, mi aiuta a rialzarmi mi asciuga e mi passa il cambio che avrà preso dalla mia valigia, il tutto senza freddezza ma con una dignità ed una professionalità mute che me lo faranno percepire sempre come un punto di riferimento. Dunque questa mattina inizia con un bel bagno poi che c'è? Ah si, la terapia farmacologica e poi la colazione. Alessandro, mi chiamano e Alessandro viene a inghiottire le pasticche, Alessandro la colazione e Alessandro viene a inghiottire la colazione. Che bravo soldatino, latte e orzo, non bevo caffè, yogurt, fette biscottate e marmellata, poi torno in camera a dormire aspettando la visita dei medici. -Sorgi e splendi, buon giorno allora come va? Sente ancora quelle brutte voci cattive?- E io penso, ecco lo sapevo, le pareti sono di marzapane e sono ancora dentro un incubo, invece rispondo: -è da ieri notte che non sento più niente- -Sicuro sicuro? Molto bene, allora vuol dire che la terapia sta dando i suoi effetti, mi raccomando però, lei non smetta mai di prendere le medicine così eviterà di commettere altre sciocchezze. Buona giornata torni pure a riposarsi- Schiavo delle medicine, per sempre compresso in una normalità chimica: stop sbalzi d'umore mi domando ci sia ancora qualcosa che mi commuova che mi ecciti che mi faccia venir duro l'inutile utensile il mio corpo trafilato al bronzo è di pasta tenera porosa assorbe e trattiene e ingrassa e io non sopporto di essere grasso è una convivenza che mi fiacca mi rallenta, mi rende brutto e impacciato insicuro e apatico, mi fa fesso. Ora di visita, viene mia madre con le pastarelle più buone della città: le mangio come un profugo, in silenzio fino all'ultima, godendo come un riccio che si punge con gli aculei della femmina con cui sta dando vita al complesso, circospetto amplesso. Il cibo nel nostro ospedale non è il male assoluto, la prostrazione poi, delle ore tutte uguali, fa si che, colazione, pranzo e cena, rappresentino dei momenti positivi anche solo per il senso di novità che apportano, indipendentemente dal sapore delle pietanze, da ciò si spiega il fatto che tutti mangino con un certo vigore, Signorina Primavera a parte, naturalmente. La Signorina Primavera, ignoro il suo vero nome, non parla mai con nessuno, non mangia mai, veste sempre di nero e ogni tanto fuma una sigaretta, per il resto rimane stesa sul suo letto, di rado litiga con gli infermieri che si scocciano di doverla alimentare solo con le flebo. E' scura di capelli e chiara di carnagione, si direbbe carina; io una volta le ho chiesto che ora fosse e lei è andata in corridoio a leggerla per me dall'orologio appeso alla parete di sinistra, ci è appeso di taglio, come quelli delle stazioni e può essere letto sia da un verso che dall'altro ma io l'ho seguita, ho visto l'orologio, ho letto l'ora e quando lei si è voltata verso di me le ho detto grazie, anticipandola e perdendo per sempre l'occasione che mi rivolgesse la parola. Che coglione! Ecco, se fossi stato magro, avrei avuto più prontezza nel farmi dare il numero da una ragazza.
Perchè non parli? non è la gola il tuo problema perchè non mangi? Il cibo ha lo stesso sapore qualsiasi forma assuma e sembra predigerito ma basta chiudere gli occhi e credere di essere uccellini in un nido ci vuole un certo potere d'astrazione ma se vuoi ce la puoi fare è che a te è proprio la voglia che ti manca la noia confonde il segreto che ti chiude e ti fa star male in gabbia.
Si perde facilmente il conto dei giorni, Massimiliano viene subito prima di pranzo e se ne va quando mandano via gli ospiti special, mi ha visto in giorni migliori, mi taglia la carne senza affettazioni, è di casa ormai, a volte lasciano un vassoio anche per lui. Dopo cena prepara le sigarette col tabacco e le cartine e non le sa fare, lui non fuma se non per farmi compagnia, ha preso i filtri troppo grossi e li deve azzeccare con il temperino del portachiavi, completati gli accrocchi facciamo due boccate e ci mettiamo a giocare a carte, scopa, tressette, le partite a rosicchiare il tempo perchè venga presto il momento di dormire e si possa ricominciare da capo con ordinaria stravaganza del domani. Chi è oggi il mio compagno di stanza? Posso scriverne senza ledere la suscettibilità sua e di chi lo conosce? E delle altre persone con cui sono entrato in contatto? Non so essere spietato se non con me stesso, la verità mi frusta la schiena e dal dolore non riesco nemmeno a voltarmi per guardarla negli occhi ma una cosa è certa, non s'affanna della sferza. Lo chiamammo Schiuppitt, che nel nostro dialetto potrebbe voler dire piccoli schioppi ma riferito al suo modo particolare di estinguere le sigarette sta a significare colui che fa tiri secchi e intensi in rapidissima successione consumando a tempo di record ciò che sta fumando. Dunque Schiuppitt, occhio azzurro e capello brizzolato, m'incontrò alla finestra nordista, quella che non va aperta perchè se no entra l'aria fredda, quando ancora semplicemente non capivo un cazzo e biascicando qualcosa provai con la mano buona ad afferrare il mozzicone che gli pendeva dalle labbra, per fortuna il buon Valentino, che non mi perdeva un attimo di vista, fece in tempo a mettere una sua sigaretta tra le mie dita e la sua bocca. Non ci furono altri incidenti diplomatici e Schiuppitt fu rilasciato presto per buona condotta e io per un po' rimasi da solo in camera a produrmi in origami d'aria per far prendere comunque una piega al tempo vuoto dell'attesa senza versi. La mattina ogni tanto la radio mi blandiva da altoparlanti a distanza di sicurezza. Le porte, quasi tutte, sbocciate da colpi magnifici, qualcuno forse andato a segno anche di testa, che invidia, e le stuccature? Opere d'arte povere di risorse concettuali. Non mi sono integrato, simulato qualche dialogo, perso il filo del discorso, evitato di rompere il giocattolo, l' imperativo non ferire nessuno, me per primo. Non esporsi nemmeno nei dialoghi pubblicitari tra una portata e l'altra, una trasmissione e l'altra, una fermata e l'altra dell'autobus. Offrire molte sigarette, questo sì, per una popolarità da miserabile. Con la mano ingessata ho imparato ad usare la bocca come una pinza e a tacere quando il dire può diventare impudenza, per fortuna mi toglieranno il gesso e ho poca memoria. Trattenersi, come astuto stratagemma per declinare un quieto vivere, non è stato mai un dono di famiglia ma qui vige la legge marziale. Una signora albanese è indicata dagli altri pazienti come la principale indiziata per un furto ai miei danni di euro dieci ma io faccio orecchie da mercante e accuso la mia sbadataggine. -Ce l'hai una zigaretta, dammi una zigaretta, peffavore una zigaretta, dammi una zigaretta eddaisu, una zigaretta e damme zigaretta- io la signora in questione la ricordo per la sua insistenza nel chiedere le sigarette con la zeta e non per la scaltrezza nel rubare, comunque, che rottura di cazzo! -Sì va bene te la do però questa è l'ultima, m'hai finito il pacchetto! e io adesso che mi fumo?- Non chiedo a nessuno, a meno che non si tratti di un mio amico e tra i pazienti e gli infermieri non ne ho, anche se mantengo rapporti di superficiale cordialità con tutti. La più tranquilla è Maria, eccentrica, simpatica, s'incazza come una bestia solo quando le rimandano la data di scadenza. Al collo gli auricolari con strane compilations di campagna che nascondono delle chicche, mi fa, questa ti puo piacere si avvicina e mi lascia sentire Stoccolma di Rino Gaetano e sono già in partenza. A proposito ma quando esco? Sulle strade non c'è buche nè fango nè melma, non mi aspettano donne bionde con fiori e ghirlande, niente dischi niente bande ma qualcuno avvertirà pure la mia assenza, diffidenza sulle date. Quando puoi uscire te lo fanno sapere con un preavviso breve, tanto vale non star lì a domandare e a domandarselo troppo, l'illuminazione arriva dall'alto, estasi di santa Teresa d' Avila in una versione da condominio, con la caposala travestita da Bernini che ti apre la porta e ti dice: -va figlio mio sei guarito- Non ho potuto leggere le riviste di tatuaggi, di cui ho guardato le foto dei corpi femminili, nè il romanzo di Camilleri che mi ha portato Carla, perchè le righe su cui aguzzavo l'ingegno correvano via con le parole sovrapponendosi a volte a quelle precedenti, a volte a quelle successive, mandandomi in confusione, forse per un momentaneo eccesso di lithio nel sangue. Non ho fretta di riprendermi, sono troppo vigliacco per la velocità e troppo pigro per la rincorsa.
S'allentano i cardini le fessure gonfino il petto e i bottoni del panciotto ligneo non trattengano oltre i balenii distanti frastornati da viaggi siderali il telaio liquefatto sgocciala caleidoscopi come gli arcobaleni neonati non trattengono il pianto saturati dagli sbalzi di corrente i piccoli rivoli risalgono il verso contrario alla stagione che s'avvicina e non s'arrende come salmoni un fiume senza rima e senza sponde per andare a deporre ogni nota che non conserva memoria del guscio nel punto esatto in cui non è mai nata una lacrima così con le mani nel sacco e senza battere ciglio sfondiamo le porte condannati a morte da un difetto di fabbrica chiamato Adamo. Della percezione è un quadro di Picasso, una frattura scomposta che raduna gli sguardi di coloro contro cui vuole muovere guerra perchè la cura ha bisogno di armi tanto quanto la tempesta e il buio della luce il gusto io non riesco a vedere daquì a Dalì senza cacciarmi gli occhi dalle orbite e incassarli al centro esatto dei miei palmi per la troppa voglia delle mani di farsi riconoscere una volta almeno c'eri tu a ricordarmi che per entrare hanno fatto le maniglie ma adesso non è ancora il momento di crescere aspettare invano è il mio luogo d'origine e le tue fitte non sono doglie chiuse a chiave. T'avrei chiamata moglie con l'unica voce che avesse resistito ai farmaci la mia di quando cantavamo "tremavo un po' di doglie blu e di esistenza inutile vibravo di vertigine di leccalecca e zuccheri" mangiando spaghetti a mezzanotte, fottendocene della cosmetica e bevendo vodka perchè c'avevano tagliato l'acqua per fare la doccia. Ero io il figlio che stavi aspettando, come hai fatto a non capirlo? Di puttana ma un figlio solo non ti bastava quale azzardo innamorarsi di te guardarti negli occhi la prima volta è stata la cosa più pericolosa che abbia mai fatto come in un bel film di Sorrentino tutte le altre una fuga da me stesso solo in te mi riconosco. Scade il livello della mia prosa si riduce ad andare a capo in modo strano e mi mangio le virgole quando provo ad essere sincero: -scrivo quello che voglio finchè vivo- così fa ridere ma se lo dico e non mi vede nessuno mi scappa da piangere e mi va di traverso da solo.
-Eunuco!- Mi inveisce contro una voce dentro e mi sveglio tutto sudato. Sono quasi caduto dal letto, quanto ho dormito? Ho la nausea, mi gira la testa, in modo scomposto chiedo aiuto a un'infermiera, -ha la febbra!- grida e già mi vedo in un corto di Maccio Capatonda. invece: -tranquillo hai un po' di febbre, ti diamo la tachipirina e ti passa, riposati, rimani a letto, per oggi puoi saltare il pranzo- Non me lo faccio ripetere due volte e chiudo gli occhi: sonno senza sogni, proprio come m'immagino la morte, è quello che mi attende...
Una farfalla si posa sul mio polso ferito di striscio e l'accarezza, apro gli occhi e sono le sue dita, mai vista prima, una giovane prossima infermiera. -Svegliato bene? (qual'è il verso che fa Homer quando gli viene la bava alla bocca?) sono Lisa devo misurarti temperatura e pressione- La lascio fare mentre controllo se le ali abbiano trasferito la porporina sulla mia pelle. Risoluta senza essere sfrontata, dotata di una dolcezza atipica e coraggiosa, questa ragazza va controcorrente senza temere le rapide, scafo solido e motrice potente, sicura del suo equilibrio interiore, ben proporzionata, occhi grandi limpidi, espressivi, silvani, curiosi, attenti e contagiosi quando ridono, respirarla fa bene alla salute e devo stare attento a quel che scrivo perchè potrebbe essere una mia lettrice (paraculo?). Si esagera per mancanza di pratica. -Non hai più la febbre e la pressione va bene, ci vediamo dopo?- Sì, l'idea mi piace a patto che dopo voglia dire presto, il prima possibile. Corro in bagno e mi lavo i denti con la mano sinistra, se non per avere un aspetto decente, almeno per un alito fresco e lì lei mi coglie in flagrante, mi osserva poi mi dice che il movimento corretto di spazzolarli sarebbe quello di un'oscillazione verticale, mi chiede se col braccio ingessato ho problemi a lavarmi, le rispondo di sì. -Ti aiuto io, alle parti intime ci pensi tu, al resto ci penso io- Come fare a dirle che quando sono in sovrappeso le parti intime diventano il corpo tutto intero, tanto più se la prospettiva è che esso venga manomesso da una ragazza carina? Timidezza, vergogna. -No, ti ringrazio faccio da solo, in qualche modo mi arrangio- Fossi stato magro e lo sono stato, avrei provato l'esperienza di farmi lavare da Lisa, un lavaggio professionale certo ma pur sempre una bella ragazza che ti tocca. Mettiamo da parte sia l'erotica che la retorica, comunque esistono delle occasioni perdute per cui uno non deve perdonarsi nella vita, è giusto che ne porti sempre l'amaro in bocca, io ne sono collezzionista e adesso che mi lavo i denti mi sciacquo bene per attenuarne il sapore.
Tipo come in un film per ragazzi con Daniel Craig che non interpreta 007... Il rapporto col mio corpo si basa su una truffa me ne avevano promesso un altro, scagliandomi sulla Terra alto due metri, dotato di forza bruta, stallone da monta gran lavoratore, lingua sciolta, predisposto a parlar inglese non fumatore, parco nel mangiare discreta fortuna, vita longeva sana e robusta costituzione insomma invece mi ritrovo a piedi. Fossi almeno una gran camminatrice da sola per le stagioni dell'altrove! Ma non posso che sedermi non appena vedo una sedia vuota e la prima sedia disponibile che ho trovato è stata il corpo di questo Alessandro all'inizio non è andata neanche troppo male capelli lunghi coi boccoli, facile all'amore docile all'avventura ma poi l'avventura è naufragata nave senza rotta e mi sento anche responsabile ma combattere con i lutti, con la signora morte non è facile e così ci siamo lasciati andare anche la mente ha avuto la sua deriva e ne ho sofferto anch'io, resa all'impotenza mi sono sentita inutile e ho desiderato di alzarmi dalla sedia prima che andasse in pezzi e fuggire via commettendo peccato "mortale" solo col pensiero e così il capo della mia guarnigione mi ha anche degradata mi sono messa in un gran casino certo sarebbe più facile se io e Alessandro potessimo parlarci apertamente faccia a faccia ma è da eoni che è stato vietato per legge universale sul pianeta Terra. Sul mio pianeta io avrei forma di leonessa adulta parlante e gli starei sempre al fianco e le cose andrebbero diversamente ma bisogna far fronte comune alle avversità coi mezzi che si hanno a disposizione. Ecco faccio come lui, parlo da sola se mi potesse sentire almeno una volta! Meglio di no altrimenti quello è capace di confondermi con gli echi furibondi della sua malattia. Devo starmene buona e aspettare il momento giusto per portarlo con me sul pianeta da cui arrivo. Lì lo rimetterei in sesto in poco tempo ne farei un poeta, un guerriero o che ne so un cuoco un esploratore, un falegname, un fabbro un cantante, un impiegato ma se mi muore suicida sono fuori gioco e allora la notte quando dorme lo prego di non farsi del male ma ci sono ancora delle interferenze nell'attesa che spariscano affilo gli artigli e tendo le antenne.
Lisa mi chiama di buon' ora, mi porta nella sala dove consumiamo i pasti e mi consegna un foglietto con le lettere dell'alfabeto scritte in corsivo e in stampatello e una matita, poi mi invita a provare a ricopiarle con la mano sinistra. rimane lì con me per tutto il tempo in cui mi produco in ghirigori. Niente male dice, con un po' di allenamento... ...con un po' di allenamento potrò scrivere una lettera ai miei detrattori in cui mi scuso per non aver fornito più materiale per le loro detrazioni ma ci vorrà così tanto tempo che saranno tutti morti di noia prima di riceverla al netto delle tasse. -Ho sentito che ti piace scrivere- -Chi te l'ha detto?- -Eh l'ho sentito, è vero?- -Diciamo di sì- -E cosa scrivi?- -Beh diciamo poesie ma è una parola grossa, la verità è che imbratto qualche sito- -Non sembra difficile, perchè non proviamo a scriverne una adesso insieme?- -Va bene- -Non ti preoccupare non sono sadica, quando tocca a te tu detti e io scrivo- -Ma l'argomento?- -Senza argomento, inizio io con quello che mi viene in mente poi tu ti agganci, così per giocare, aspetta fammi riflettere ,ah sì-
Di che colore vuoi che sia quest'oggi d'inverno? Miro al ragionevole, a ciò che di tattile non si puo' trovare nè comprare nutro ogni avversa idea calata nell'andare della notte.
Se lo chiedessi a me, tinto del nero dei tuoi capelli, risponderei che i corvi lo stanno ancora cercando per lucidare le piume ma tu parli al vento e alla stagione ed io non prendo la mira che per guardarti negli occhi nel momento in cui li chiudi da svegli mi fanno troppa paura oggi.
Non cogli l'occasione di un contatto che contraddica la tua abitudine a russare nel torpore come fosse solo la violenza a tenerti desto e non sai scrivere sinistro lascia stare corvi e piume e guardami a viso aperto prima di buttarti al fiume.
Se scegliessi il fiume sarebbe soltanto un altro letto in cui cercare il sonno perduto nel chiedermi il perchè di un altro giorno trascorso a rincorrere il modo di diventare altro da me senza raggiungere lo scopo.
Sei troppo lento per avere fretta e il cambiamento ha bisogno di tutto il tempo necessario a che venga mantenuta qualsiasi promessa crea una pazienza che s' adatti alla distanza da percorrere e non t'importerà che l'orizzonte s'allontani.
Quanti hanni hai? Strega, fattucchiera, vuoi che evapori già a monte sotto i raggi di una Luna piena di tristi presagi? O ancora una volta non riconosco messaggi di pace?
Nella consapevolezza una lacrima cade quando tutto tace essa conferma.
-Va bene, per me puo bastare così- Firmiamo, io come posso, prende il foglietto lo piega e dice questa la tengo sul mio comodino e va di corsa a salvare qualcuno.
Oggi salgo in ortopedia a togliermi il gesso, mi accompagna l'infermiere taciturno. Passiamo nel tunnel poi prendiamo le scale fino al piano. Ci stanno aspettando, l'uomo addetto alle forbici mi passa da parte a parte lungo tutta la fascia molle dell'imbracatura, mi sguscia e rivedo la mano, è gonfia, le dita nere, sul polso, proprio dove finisce il tatuaggio che colora l'interno dell'avambraccio, il taglio ricucito a dovere, almeno nell'estetica. Per quanto riguarda l'etica, la funzione, mesta non si muove, la destra.
Dopo essere uscito mi sono sottoposto ad un altro paio di operazioni e sono tornato a rullarmi le sigarette da solo e a impugnare la matita, sotto questi aspetti mi ritengo guarito con riserva, la mente invece è sempre la solita trappola, sono compensato farmacologicamente, ho un' invalidità civile riconosciuta dell' ottanta per cento, revisionabile solo in caso di peggioramento, che viene dato quasi per scontato. Come dire, arrivederci e grazie.
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