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al testo di Georg Heym
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Alle tue lunghe ciglia
Alle tue lunghe ciglia, dei tuoi occhi all’acqua scura, lascia ch’io attinga lascia che profondamente tenda.
Nella galleria il minatore s’avanza e fosca la sua lanterna barcolla nella gola dei metalli, in alto al muro d'ombra,
tale, vedi, io al tuo grembo scendo, ove perdere voglio nella distanza quel che è del mondo, luce piena, rovello e giorno.
Ai campi ti confondi dove il vento indugia e del grano s’ubriaca, lungo e malato un pruno spicca contro il cielo.
Dammi la mano, così uniti resteremo spoglie nel vento, d’uccelli solitario volo,
dei temporali estivi l’organo sfiatato ascolteremo nel riflesso d’autunno immersi staremo tra le azzurre sponde del giorno.
A volte sul bordo di una fonte scura indugeremo a profonda quiete intenti, il nostro amor cercando.
O fuori da ombre verremo di rilucenti boschi, grandi contro il tramonto, che lieve la fronte ti sfiora.
Pianto divino, all’amore eterno asciuga. Alza il boccale, dissetati al sonno.
Per sostare infine dove in opache gare il mare lento di settembre già entro la baia rifluisce.
E lassù aver pace nella serra dei fiori riarsi tra le rupi ove del vento il tremore s’inforra.
Ma dal pioppo che nell’eternità del cielo sporge già cade una foglia bruna e sul tuo collo si posa.
[ Traduzione di Claudia Ciardi, tratta da Ci invitarono i cortili e altre poesie, Via del Vento, 2011 ]
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