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Ci invitarono i cortili

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Alle tue lunghe ciglia

 

 

Alle tue lunghe ciglia,

dei tuoi occhi all’acqua scura,

lascia ch’io attinga

lascia che profondamente tenda.

 

Nella galleria il minatore s’avanza

e fosca la sua lanterna barcolla

nella gola dei metalli,

in alto al muro d'ombra,

 

tale, vedi, io al tuo grembo

scendo, ove perdere voglio

nella distanza quel che è del mondo,

luce piena, rovello e giorno.

 

Ai campi ti confondi dove il vento indugia

e del grano s’ubriaca,

lungo e malato un pruno spicca

contro il cielo.

 

Dammi la mano,

così uniti resteremo

spoglie nel vento,

d’uccelli solitario volo,

 

dei temporali estivi

l’organo sfiatato ascolteremo

nel riflesso d’autunno immersi staremo

tra le azzurre sponde del giorno.

 

A volte sul bordo

di una fonte scura indugeremo

a profonda quiete intenti,

il nostro amor cercando.

 

O fuori da ombre

verremo di rilucenti boschi,

grandi contro il tramonto,

che lieve la fronte ti sfiora.

 

Pianto divino,

all’amore eterno asciuga.

Alza il boccale,

dissetati al sonno.

 

Per sostare infine

dove in opache gare il mare

lento di settembre

già entro la baia rifluisce.

 

E lassù aver pace

nella serra dei fiori riarsi

tra le rupi ove del vento

il tremore s’inforra.

 

Ma dal pioppo

che nell’eternità del cielo sporge

già cade una foglia bruna

e sul tuo collo si posa.

 

 

[ Traduzione di Claudia Ciardi, tratta da Ci invitarono i cortili e altre poesie, Via del Vento, 2011 ]

 

 

 

 

 

 

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