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al testo di Ivan Pozzoni
Franca Alaimo su Ivan Pozzoni
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Mi sono messa a leggere i tuoi libri Patroclo non deve morire e Carmina non dant damen, così come sono abituata a fare, senza sosta, bevendo a pieni sorsi la poesia. La tua è una poesia che si confronta con coraggio con il dolore, pubblico e privato, denunciando, dolorosamente denunciando, il male, la corruzione, lo sbriciolamento del bene e del senso della comunità, ma anche, cosa non meno grave, l’appiattimento verso il basso, la costrizione della coscienza, l’omologazione, l’attentato nei confronti della cultura come mutamento, diversità, creatività, libertà. I tuoi versi sono forti e martellanti, si sostanziano di un plurilinguismo efficace, che ingloba la lezione dei classici e quella dei contemporanei, che affianca al gergo e alla lingua mass-mediale, quella degli affetti e delle emozioni. Al di sotto degli spigoli, del sarcasmo pungente, del disgusto, si apre, infatti, il tuo mondo di valori, e perfino la tua autobiografia: l’incontro con l’amore che de-lude e salva. Si riconosce la tua singolarità di poeta e di uomo sulla scena contemporanea della società occidentale, malata e asfissiante, in cui la politica nazionale non riesce più a farsi garante dei bisogni materiali e non dell’uomo; in cui l’economia sovranazionale è diventata la peste che uccide sogni e mantiene tutto e tutti sospesi in una precarietà ideale, materiale e progettuale. É una poesia la tua che rivela, insomma, una profonda energia morale ed espressiva, una tromba che squilla nell’Apocalissi per ridestare i morti-vivi, quelli che hanno rinunciato alla propria identità e si lasciano avvolgere in un lurido sudario comune [commento di Franca Alaimo a Patroclo non deve morire e Carmina non dant damen, email 16/05/2014].
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