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Gli infimi crepuscoli

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a Conchita Rafael Morales


Amo le cose che consumate brillano
come se i crepuscoli fossero
fermi in esse ardendo per sempre.

I bordi delle sedie raffinati
dalla devozione chiara delle dita.
I bicchieri trasparenti per servire
sorgenti distanti.
I selciati sottomessi all’ombra.
Le vesti sfilate dall’aria.

Amo la loro affaticata servitù
di diamante appagato,
la sommessa passione dei loro silenzi.

Amo la loro anima d’autunno che fu alta
e condivise gli occhi del miracolo.

Il loro modo di darci l’oblio,
senza pianto né violenza,
come una saggia prossimità che splende,
come la mano dell’amore senza nessuno.

Amo i libri vecchi
manipolati dalla luce,
i ciottoli che stanno nella mano
dove ardono paesaggi lontanissimi.

Perché va verso l’addio la loro lenta musica,
si abbracciano all’ombra senza gemere,
silenziose come il fuoco dimenticato delle lampade
che restano sole al giungere dell’alba.



(da Herencia del otoño, 1980 - Traduzione di Tomaso Pieragnolo, vedi http://cantosirene.blogspot.it/2013/06/le-cose-consumate.html)

 Emilio Capaccio - 17/07/2013 14:11:00 [ leggi altri commenti di Emilio Capaccio » ]

E’ una splendida poesia perché in essa ritroviamo il valore delle cose "consumate" che ci parlano di storie vissute, ma anche di pacatezza e accettazione del tempo che scorre, dalle quali noi dobbiamo attingere la nostra saggezza e la nostra consapevolezza.

La traduzione è senz’altro di buona qualità.
Il ringraziamento a Loredana per la proposta, invece, è immenso.

Ciao Dolce.

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