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Alberto Pellegatta

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[ A cura di Roberto Maggiani ]

 

 

 

1. Come ti presenteresti a persone che non ti conoscono? Chi è Alberto Pellegatta?

 

Sono uno scrittore e lavoro come critico d’arte e giornalista. Sono nato a Milano nel 1978.

 

 

2. Come e perché hai iniziato a scrivere e in particolare poesia? Ci tratteggi la tua storia di scrittore? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni…

 

Scrivo dall’adolescenza ma ho iniziato a farlo con consapevolezza dopo i diciott’anni. Ho avuto la fortuna di conoscere subito poeti importanti come Maurizio Cucchi, Giovanni Raboni, Luciano Erba, Umberto Bellintani, Giancarlo Majorino, Giampiero Neri, Vivian Lamarque e Milo De Angelis. La mia plaquette d’esordio, Mattinata larga (Lietocolle 2002), è stata ricevuta con interesse dalla critica. Nel 2011 è uscito il mio primo libro, L’ombra della salute, nello Specchio Mondadori. Nella stessa collana, l’anno scorso, è uscito Ipotesi di felicità.

 

 

3. Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?

 

I primi libri che ho letto sono stati i bellissimi romanzi che ancora rileggo, quelli di London, Stevenson, Dahl, e poi Kafka, Walser, Fitzgerald, Poe ecc. Ma la folgorazione è stata la poesia, dai classici greci e latini del liceo a quelli italiani e stranieri, non ultimi Baudelaire, Eliot e Ashbery. La scoperta della poesia contemporanea è però stata la svolta: non solo Montale, Ungaretti, Penna, ma anche i tanti autori del Secondo Novecento, da Dario Bellezza a Rocco Scotellaro, da Costantino Kavafis a Antonio Gamoneda, da Valerio Magrelli a Mark Strand.

 

 

4. Ci proponi in lettura una poesia di un autore contemporaneo? (se edita citare anche l’editore)

 

Con piacere, vi propongo una poesia di Jack Underwood, un giovanissimo autore inglese pubblicato da Faber & Faber, che ho tradotto per Edb Edizioni (in Wilderbeast e Bisestile 2016):

 

13 dicono

 

Quando è morto Neil Armstrong mi hai chiamato al tuo computer:

«Guarda! Degli 89 commenti all’articolo, 13 dicono “è sulla

luna adesso”! Perché dovrebbe essere sulla luna? È assurdo!»

Così ho messo mia nonna sulla luna. Ho messo Iain, che è morto,

sulla luna con Hilary, che è morta. Ho messo i gatti grandiosi sulla

luna, che rimbalzano senza peso e perplessi; e metterò

tutti noi che non siamo morti ma che moriremo, sulla luna,

che da qui sembra un posto tranquillo, fuori portata e strano,

con un vento forte che la percorre: una pietra tombale rotante

che richiede un passo da gigante, e una triste e felice bugia, per arrivarci.

 

 

5. Che cos’è la poesia? A che cosa “serve”?

 

Se la si vuole piegare a uno scopo propagandistico o retorico non serve a molto, diversamente è una ricerca sul linguaggio insostituibile. Mantiene in salute la lingua. Solo con parole sane possiamo pensare lucidamente e far progredire la società. L’opposto, insomma, di quello che succede oggi: un linguaggio posticcio e televisivo ha appiattito i discorsi pubblici, non c’è da stupirsi che poi le persone votino chi urla più forte, anche se dice solo pericolose sciocchezze.

 

 

6. Qual è il ruolo sociale del poeta?

 

Come sopra, quello di mantenere in salute il linguaggio e contribuire alla circolazione delle idee.

 

 

7. Che rapporto hai con la narrativa? Hai mai scritto in prosa?

 

Ho scritto dei racconti. Amo i buoni romanzi. Ultimamente ho riletto Canada di Richard Ford, per esempio, Max Aub, Romain Gary e Truman Capote. Sono laureato in Filosofia e abituato a leggere molta saggistica.

 

 

8. Ci proponi in lettura una tua poesia?

 

Vi propongo un inedito.

 

 

LA BUONA VOLTA

 

 

La primavera inizia con i motorini e le iniezioni. Nessuno dormiva, gli scorpioni erano affettuosi, i camini spenti con i ladri in appostamento - il sole a mandorla.

 

Solo acqua navigabile e disinfettata luce riavvolgibile sui citofoni.

Cadevano tutti gli oggetti più piccoli di un movente.

 

Nel riquadro i bidoni incendiati, i bicchieri ripuliti

le stanze dove dormono i maschi nello zolfo

i litigi negli uffici postali. Ci siamo spazientiti.

In poche ore diventiamo quattro sei dodici.

 

Non solo i delfini saltano alle conclusioni.

 

 

9. Che cos’ha di caratteristico la tua poesia, rispetto a quella dei poeti tuoi contemporanei? Si dice che ogni poeta abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle prime pubblicazioni?

 

Sono un serbatoio di ossessioni. Ho sempre cercato di mettere in discussione i risultati raggiunti, per cui ogni libro indaga cammini differenti – e non è solo una questione di temi. Tutta la riflessione umana gira intorno a quattro o cinque argomenti (la morte, l’amore, l’universo, l’ambiente ecc.), lo scarto è costituito dal modo in cui vengono trattati. La fantasia è fondamentale.

 

 

10. La critica più bella e la più brutta che hai ricevuto alle tue poesie.

 

Qualcuno ha parlato di “amori disordinati”, la trovo un’espressione azzeccata. Le critiche negative, se costruttive e argomentate, sono utilissime.

 

 

11. Come avviene il tuo processo di scrittura? In quali ore e luoghi, con quali modalità? Pubblichi ciò che scrivi di getto oppure rivedi i tuoi testi, sia nella forma che nei contenuti? Che criteri adotti per mettere insieme le poesie di una raccolta? C’è qualcuno a cui fai leggere le tue poesie prima di ogni altro?

 

Prendo appunti nelle ore (e nelle situazioni) più disparate, ma la confezione del testo avviene in un secondo tempo. Dopo una stagnazione. È un lavoro lentissimo, paziente, spesso sonnambulo. Ogni poesia deve essere autonoma. Quando ne raccolgo un certo numero comincio a dividerle in proto-capitoli… Ho pochissimi amici a cui faccio leggere gli inediti. Il pubblico dei reading è perfetto come cavia.

 

 

12. Hai incontrato o incontri difficoltà nel pubblicare i tuoi testi? Se sì quali?

 

Non ho mai avuto problemi a trovare un editore, e credo che il punto non sia certo l’assenza di pubblicazioni, semmai la moltiplicazione di prodotti che hanno ben poco di letterario. Pubblicare non è difficile, difficile è avere una voce personale e un pubblico, soprattutto se il mercato spinge in direzione di letture facili e innocue.

 

 

13. Quale tra le tue pubblicazioni ti ha dato più soddisfazione e perché?

 

Il mio ultimo libro, Ipotesi di felicità (Mondadori 2017), è senz’altro il più complesso e contiene un’appendice con le mie prime poesie. Offre quindi al lettore un quadro completo e variegato del mio lavoro. Le copie sono in esaurimento e la critica ne ha parlato con sensibilità. Ma soprattutto ho avuto riscontri da poeti e artisti che stimo, da lettori incalliti.

 

 

14. Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare un testo poetico o una intera raccolta? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona poesia?

 

Curo da anni una collana per un piccolo editore milanese, Edb Edizioni, e ho sempre scelto testi, anche di esordienti, che dimostrassero un’evidente qualità intellettuale e estetica, la vera poesia non è noiosa, la sua scrittura è rinfrescante e nutritiva. Deve esserci talento ma anche capacità, immaginazione e idee.

 

 

15. Molti utilizzano, per catalogare i poeti e la loro presunta o reale “importanza”, le categorie “poeta maggiore” e “poeta minore”. Esiste realmente tale distinzione? L’editoria è veramente capace di discernere tra queste due categorie?

 

Esiste un sottobosco editoriale che ha poco a che fare con la letteratura, che si nutre di suggestioni alla penultima moda. La poesia minore è sempre esistita (già Montale ne parlava e nel Settecento fioriva) il problema è che oggi i surrogati sono numerosissimi e la società incoraggia versioni anemiche e inoffensive dell’arte. È il trionfo della mediocrità.

 

 

16. Che cosa ne pensi della critica letteraria e dei critici che la esercitano? Ti sembra che siano rispettosi della pluralità delle voci poetiche contemporanee?

 

La critica è scomparsa da tempo, rimangono singole personalità in possesso di sensibilità artistica, pochissime. Il resto è una schiera di professori-poeti, di critici on-demand e di parrocchia che trascurano completamente la ricerca più interessante. Sul web la deriva è evidente. Come può essere affidabile una critica fatta da chi dovrebbe essere criticato e dai suoi sodali?

 

 

17. Puoi citare alcuni poeti che a tuo avviso non hanno avuto adeguata attenzione critica?

 

L’Italia è un paese che ha sempre riservato una pessima attenzione ai suoi artisti. Molti pittori, anche del Secondo Novecento, sono morti in miseria. Tanti sono anche i poeti dimenticati. Pensiamo al grande Sandro Penna, di cui nessuno parla, a Luciano Erba, a Dario Bellezza, a Antonio Porta...

 

 

18. Perché non si legge poesia? Che cosa ne pensi? Secondo te di chi è la responsabilità (se di responsabilità si può parlare): dei poeti, degli editori, dei lettori, dei librai, dei mezzi di informazione?

 

La responsabilità (o quanto meno la complicità) è collettiva e non riguarda solo la poesia. Si legge poco perché non c’è rispetto per la cultura, perché la superficialità predomina. L’apparenza prevale sui contenuti, sul pensiero. Predomina la tecnologia, infatti, non la scienza. L’esempio di molti genitori (dediti alla vacuità e all’arricchimento) è deleterio, come quello proposto da giornali e tv. Esiste una cultura criminale di prevaricazione che sta desertificando le menti.

 

 

 

19. Qui  è possibile leggere tre poesie tratte dal tuo “Ipotesi di felicità”, Lo Specchio – Mondadori, clicca qui per leggere ] ce ne vuoi parlare? Come è nato questo libro?

 

 

È un libro di lunga gestazione, è nato come un percorso dal sogno alla veglia, passando per intermezzi politici e amorosi. C’è anche un bestiario in prosa. E tuttavia il cuore del libro è alla fine, con il poemetto che dà il titolo alla raccolta, un testo difficile sul dolore.

 

 

20. Sempre riguardo a “Ipotesi di felicità”, perché un lettore, che normalmente non legge poesia, dovrebbe leggerlo? Perché, invece, un lettore avido di poesia dovrebbe leggerlo?

 

Il mio libro riflette sulla poesia stessa, per questo può interessare l’appassionato e il neofita, offre continui riferimenti ai poeti che mi hanno preceduto, perché credo fermamente in un senso di “cammino collettivo”. Non è però un libro solo per specialisti, è vario nei temi e nelle forme.

 

 

21. A cosa stai lavorando? Hai pubblicazioni in programma a breve?

 

Sono uno scrittore lento e pigro. Sto lavorando a nuove poesie ma per il prossimo libro ci vorrà tempo.

 

 

22. Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale e in tutta franchezza, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?

 

La rete offre un’opportunità straordinaria e inedita di libertà: mai prima d’ora tante persone hanno avuto la possibilità di esprimere pubblicamente i propri pensieri. Sono fiducioso del fatto che in futuro sapremo gestire meglio tanta libertà, esisterà un galateo della rete per emarginare fake news e haters – che amplificano l’ignoranza di cui si nutre il populismo dell’estrema destra. Sento la necessità di piattaforme autorevoli che sappiano orientare l’internauta con spirito critico.

 

 

23. Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti dare una risposta?

 

Desidero solo ringraziarvi per l’ospitalità.

 

 

24. C’è una domanda che vorresti fare? (a chiunque tu voglia)

 

Le domande delle quali vorrei una risposta le hanno formulate i filosofi: sulla complessità del reale e sulla natura umana.

 

 

25. Infine, le tue preferenze, botta e risposta:

 

il cantante: Ute Lemper o Alfred Deller

il film: per sdrammatizzare, Monty Python’s The Meaning of Life

la pietanza: il risotto alla milanese, ma la lista dei miei piatti preferiti è lunghissima e preferibilmente vegetariana

tre gusti di gelato: sarò scontato, crema, nocciola e pistacchio

l’albero: la magnolia, molto diffusa nei cortili milanesi

il fiore: la gerbera

il paesaggio: lacustre o marino

la città: Milano

la nazione estera: la Spagna

il giorno della settimana: qualsiasi

il mese: un mese autunnale

 

 

Grazie.

 Marisa Madonini - 04/11/2018 00:07:00 [ leggi altri commenti di Marisa Madonini » ]

Interessanti riflessioni riguardo alla scrittura oggi, alla poesia e alla circolazione della cultura. Significativi gli attributi con cui l’autore definisce la ricerca del linguaggio poetico: "insostituibile!" allo scopo di "mantenere in salute la lingua per potere pensare lucidamente e fare progredire la società"...
E poi vivacità intellettuale, senso estetico, voce personale, "rinfrescante e nutritiva", notevoli letture e riletture di autori classici, moderni e post moderni.
Credo la voce poetica s’impari, si avverta, si apprenda a riconoscere soffrendo forse ma quando la si incontra, è un gaudio che ripaga da tentativi di accostarvisi, persino in lingua originale, quando questo ci è dato. Grazie anche della segnalazione della Edb edizioni Milano che, personalmente, non mi pare conoscessi.

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