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Il mio ’68

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Tra il 1968 e il 1970 ho abitato nella casa dello studente di via Cesare de Lollis. Mi sono perciò trovato al centro della contestazione studentesca romana. Non ho mai aderito a nessuna delle ideologie che si contrastavano all’epoca perché le consideravo irrazionali e in malafede, insomma strumentali e pilotate. Su alcuni degli ideali propagandati potevo anche essere d'accordo ma detestavo l'azione contestataria così come veniva condotta e in special modo quella violenta. All’epoca era molto pericoloso, stando in quell'ambiente, sostenere questa tesi ma sono riuscito a sopravvivere per sapere che la storia mi ha dato ragione. Naturalmente non ho potuto evitare di prendere la mia dose di legnate a tradimento. Benché non fossi ritenuto affidabile dai compagni doc devo ammettere che le sprangate sono venute da polizia e fascisti ai quali, non avendo potuto restituirle perché anonimi, voglio però far sapere che ho una ferrea memoria. Non sono il tipo che porge l'altra guancia o perdona: nell'improbabile caso, oramai, che riuscissi a identificarli gli aggressori possono contare nella mia vendetta. È stato un periodo davvero buio sotto questi aspetti. Non passava giorno che faziosi contestatori di ogni fede politica più la polizia si rincorressero combattendo e coinvolgendo, loro malgrado, gli altri che avrebbero voluto continuare a studiare tranquillamente. Mi è toccato tante volte di dover stare a cavalcioni della ringhiera della balconata della mia stanzetta situata nella parte più bassa dell'allora nuova torre con un libro in mano per prepararmi agli esami, pronto a saltare giù in caso di invasione da parte della polizia e dei manifestanti di opposti schieramenti. Ed è accaduto che proprio le persone come me abbiano pagato lo scotto maggiore venendo aggrediti vigliaccamente da ogni parte mentre i facinorosi, preparati allo scontro e avvertiti, se la sono spesso cavata. Non era possibile alcun serio dibattito sui problemi reali e alla fine, nel migliore dei casi, è stata solo una gran perdita di tempo, ma nel peggiore qualcuno ci ha rimesso la pelle.

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