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al testo di Carla Vercelli
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Immagina la parola come una magnifica volpe incontrata per caso su immacolato manto nevoso si sofferma a penetrarti col suo sguardo. Ha molto da farsi perdonare, la parola: le scorribande nei pollai degli uomini, la prolissa fatuità del suo girovagare, i sabotaggi alle dighe nelle terre alte, le connivenze col dominio prepotente dei lupi, l'infedeltà al pensiero, la libertà presunta. La parola è ruffiana e feroce, desiderante e scaltra, nega e rinnega più volte se stessa. Ma nel momento in cui t'appare essa è verginale, autentica, calma, pare non avere nessuna orma dietro sé, puoi sentire, palpabile, la sua ancestrale aspirazione a essere addomesticata poco per volta -come i numerosi segugi che la cacciano- per condividere ed esprimere il vissuto. Ti contempla per un attimo come fosse scesa dall'empireo, da altri sconosciuti pianeti e poi se ne riparte verso i suoi nivei spazi distogliendo prima il suo sguardo dal tuo ed è lì, proprio in quel momento che nasce la poesia. |
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