LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Emilia Filocamo
|
||||||
Ho amato il morto, ed il morto mi ha ricambiata. Niente più me sotto i tetti-caffè umbri, niente più me nella gonna felice. Lui mi ha toccata, ora sismica, prendendomi dal ramo che bene non mi teneva e si fece contento, sganciandomi con lieve pressione dal burbero innesto, sbucciandomi del bozzolo che non seppe internarmi. Poi mi adunò: le ossa in gran formazione ed al suo cospetto. Il morto mi scelse, mi elesse, ruotandomi appena, sarto violaceo, cucì alle mie rappresaglie la sua bordatura ed il tanfo che fanno tutte le fini, di caglio che non partecipa e resta. Ho amato il morto, ma il morto di altri: non bisognerebbe mai toccare alla terra l'utero appena infettato dalla pala del grigio becchino. Ma io l'ho fatto con la testardaggine della zavorra allo zavorrato. Ed il morto, che beffa, mi ha accudita, lanciandomi putridume giù, più giù dell'addome, laddove lui finse una stirpe, aghiforme violenza ad iniettarmi la razza sua ecrù. |
|