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Futebol no Instituto Arecco

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'Noi non decidiamo nel nostro Paese, non decidiamo nel nostro lavoro, e a voi sta bene?' chiede il calciatore brasiliano Socrates ai suoi compagni di squadra riuniti nello spogliatoio. Ora sto leggendo la biografia del collega medico calciatore scritta da Iervolino e intitolata 'Un giorno triste così felice'. Però vorrei leggerne un'altra, scritta da un americano, con prefazione del calciatore olandese Cruijff. L'olandese aveva piglio manageriale e vorrei sapere qualcosa da lui più che da altri sul gioco del calcio. Il nostro gioco del calcio comprende il periodo degli studi liceali 'Classici' a Genova, all'Istituto Arecco, negli anni '70. Il I ottobre 1973 sono a casa, di pomeriggio, e mi telefona Gianni B., un compagno di classe calciatore. Mi chiede di raggiungerlo con gli altri, per un allenamento: stiamo allestendo una squadra per il campionato interno di calcio. La squadra era equilibrata: Gianpaolo era portiere versatile ma voleva giocare all'ala destra, così fu poi sostituito in porta da Giorgio. Giusy difendeva con grinta, Franco era un fantasista al quale ne fu aggiunto un altro: Elio, un esterno che poi diventerà medico anche lui. Bruno dirigeva l'attacco, anch'io giocavo in avanti cercando di segnare con i colpi di testa. Filippo giostrava a centrocampo, con grande movimento. Il costante Sebastiano arriverà qualche anno dopo, in difesa. Gianfranco subentrava quando serviva, combattivo indietro. Vincemmo due volte il campionato, quando riuscimmo a fare gioco di squadra. In attacco m'intendevo bene con Bruno e segnavamo abbastanza. Giovanna faceva il tifo per noi alle partite ed era tanto bella che si è vinto anche per lei. Anche Gianni A. e Pierfrancesco assistevano agli incontri, partecipavano con amicizia e si è vinto anche per loro. Perdemmo l'ultima partita, quella con i maturandi dello 'Scientifico' perché ci eravamo disuniti: io quasi non toccai palla. Poi sarei capitato in un'altra squadra ma, anche quella, finché era durata non era stata male. Con il tempo arretrai un po' lo spazio d'azione: Bruno diceva che lo avevo ristretto sin troppo, verso il centrocampo. Segnai meno reti ma dovevo organizzarmi un po'. Anche in questo breve scritto ho cercato di organizzare i tempi verbali: ho iniziato con il presente e ho continuato con quelli passati. Ora voglio ritornare al presente: se un giovane legge qualcosa sul gioco del calcio, vuole giustamente identificarsi nel giocatore. Deve sentire sé stesso correre e saltare, anche se il racconto riguarda fatti successi molto tempo fa: 'voce del verbo passare', come scrive Giovanna.

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