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Recensione Vino divino, Manuel Paolino, Lupieditore, 2020

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In un'epoca dove l'arte letteraria riceve un apprezzamento diverso da quello di due secoli fa, la raccolta "Vino Divino" di Manuel Paolino porta una ventata di freschezza nel panorama poetico mescolando tradizione e contemporaneità.

Parafrasare, comprendere e scavare nei versi dell’autore è un’impresa che sfugge ai più, perchè poesia è arte e come tale non va recensita, ma goduta ed abbracciata per quella che è.

Manuel Paolino ci mette di fronte al suo stile, così uguale e così diverso pagina dopo pagina. Un filo conduttore che si interrompe e riannoda ad intervalli irregolari.
Ci si perde nei versi tra pensieri nostalgici, d'amore e d'esoterismo.

Il lettore centellina le strofe col contagocce al fine di assaporare ogni poesia, ogni pensiero.

Completamente.

La scrittura di Paolino è sfuggente ed enigmatica, ma anche evocativa e piena.
Uno stile sentimentale e nostalgico, dal sapore antico e divino, racchiuso in duecento pagine di pura poesia.

L'opera di Paolino è una rarità al giorno d'oggi dove un certo tipo di scrittura non è più sotto i riflettori ma che pulsa ancora, forte.

 

(Antonio Canale)

 

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