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Spartaco

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A volte le parole non servono; oppure ne servono davvero poche. Guardi negli occhi una persona e cogli tutta una vita.

Qualche anno fa decisi di percorrere la Via Tosco Romagnola dall’inizio (Pisa) alla fine (Forlì) e fare poi una puntata nell’entroterra romagnolo. A scanso di equivoci: no trekking, no mountain bike. Non sono mai stato attratto da avventure di questo tipo!

Auto, cartine del Touring Club (i navigatori satellitari all’epoca erano forse nel pensiero di chi poi li avrebbe inventati), e via, attraversando città, borghi di interesse storico ed artistico, e natura ancora poco sfruttata dal punto di vista turistico commerciale.

A metà del guado, cioè in piena attraversata dell’Appennino tosco-emiliano, arriva l’ora di pranzo. E il destino volle che proprio su un impegnativo tornante campeggiasse l’insegna “Trattoria da Spartaco”.

Ci fermammo; locale bruttino, scarsa igiene, pochissimi avventori. E lui, Spartaco, il proprietario: spiccatissimo accento romano, che non avrebbe perso neppure vivendo cent’anni altrove; capelli bianchi, lunghi, raccolti in una coda sulla nuca; età indefinibile, e due occhi chiarissimi in un viso scavato, segnato da rughe, da pieghe amare, che lasciavano trasparire un vissuto non allegrissimo.

“Abbiate pazienza se dovete aspettare un po’, ma oggi lo chef è svogliato… adesso lo richiamo all’ordine … Marco, dai, mettiti ai fornelli!”

Andando in bagno, passai vicino alla cucina: ai fornelli c’era lui, Spartaco. Era chiaro che lì c’era solo lui: proprietario, cameriere, cuoco… Ma non dissi niente, anche se guardandoci capimmo che io avevo capito che lui aveva capito.

Pagando (pochissimo, per la verità) gli chiesi: “A Spartaco, ma che ce fai qui?” Rispose con tre sole parole: “E’ la vita”. Tre parole che mi hanno accompagnato, incuriosito, commosso, insieme ai suoi occhi tristi e alla sua vita travagliata e dignitosa, racchiusa nel suo sguardo. Una vita della quale non sapevo niente, ma della quale intuivo tutto.

E’ la vita; tornando quest’anno in quel luogo speravo di ritrovarlo. Niente da fare: non c’è più l’insegna, non c’è più il locale pieno di fumo e povero di clienti. Chiedo a una signora che abita nelle vicinanze: “No, se n’è andato tre anni fa”. E’ la vita; è la vita anche quando la vita non c’è più!

 Luciano Rosario Capaldo - 01/06/2015 19:37:00 [ leggi altri commenti di Luciano Rosario Capaldo » ]

Ciao Andrea , molto bello questo nracconto. Una vera storia di vita che riesce quasi a commuovere nel finale. Mi piace nel racconto il momento in cui tu ti avvicini a cerchi di sapere qualcosa di più di quello SPartaco che ormai gaia conoscevo. Bravo e a presto.
Luciano

 Anna Giordano - 30/05/2015 11:29:00 [ leggi altri commenti di Anna Giordano » ]

Bellissima storia raccontata con umana sensibilità che trasmette ed arriva al cuore. Non è la storia che fa il racconto, ma il modo con il quale viene raccontato.Complimenti.

 Andrea Guidi - 29/05/2015 11:23:00 [ leggi altri commenti di Andrea Guidi » ]

Credo, Giacomo, che tu sia l’unico a pensarla così... Convengo che la
prosa sia meno amata (basta vedere la sproporzione che c’è tra
pubblicazioni poesia/prosa), eppure è più facile: a mio parere il 70%
di quel che viene pubblicato come "poesia" altro non è che "prosa", e
neppure scritta molto bene. E poi sul web non puoi pubblicare scritti
in prosa che superino una pagina, massimo due: non la leggerebbe
nessuno. E’ la legga del cosiddetto "taglio web". Ciao!

 Giacomo Colosio - 27/05/2015 12:54:00 [ leggi altri commenti di Giacomo Colosio » ]

Ho ragione io, caro Guidi...se a volte posso sbagliare in questioni di lana caprina, uno che sa scrivere io lo annuso dalle prime righe. Non per niente 50 anni fa facevo il correttore di bozze di testi scentifici
( Clup...centro librario universitario politecnico)... comunque sia questo è un bel racconto. C’è tutto: un buon incipit, una chiusa davvero efficace, anche commovente, una storia semplice ma che fa presa, e poi lo stile narrativo, caldo di momenti di pathos ma anche preciso sia nella forma linguistica che nella punteggiatura. vai Andrea, scrivi di più in prosa...ciaociao

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