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al testo di Amina Narimi
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Passo ore a leggere in ginocchio le coste seminude dei ruscelli e sotto gli occhi gli alberi si piegano come fossimo riuniti intorno a un tavolo l'un l'altro carezzandosi le foglie
Una piccola vita è il mio luogo al vento, un filo di luce in mezzo ai fili- che fa da madre nella carne con la luna crescente nei capelli a farli lunghi, come una benda sollevata appena capovolgendo la terra con le mani, magnifica, imbevuta delle sillabe, con un soffio che rimbalza sui pianori-
già lontani. Ci spetta di rinascere nel gesto costruito dalle dita tra i vasi fragili e sottili delle vene fatte di lacrime di voci. Ti accompagno, seguendo il filo di cotone inumidito del tuo mandala invisibile alla luce, sulle fioriture del sorriso, e nulla più, se resti quel bambino, ci distinguerà le nostre vite. Il mio sentiero, claudicante, è la tua strada di risate, la mia gioia, e questa pelle, annidata dentro gli occhi, per l'aria che fa l'anima del giorno precedente il suo splendore nudo, come nostro, oggi
disfo i passi che ostruiscono la vista attraversando il muro della nebbia: ti sento rompere dei ramoscelli secchi con lo scudo luminoso nel giaciglio più segreto, tra il collo e le mie spalle
c'è un foro, e tu lo sai, di dentro, dell'ombra lunga che fanno gli alberi dal buio quando risplendono la primavera sulle cosce, come si tenesse tra le braccia un cielo un cielo come un nido tutto pieno dei nostri uccelli in fiore da venire.
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