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I profughi

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Piegati da un peso
che non sempre si vede
avanzano nel fango o nella sabbia del deserto,
chini, affamati,
 
uomini di poche parole dai pesanti caffetani,
adatti a tutte le stagioni,
donne vecchie  dai volti sciupati
che portano qualcosa, un neonato, una lampada
- un ricordo - oppure l'ultimo tozzo di pane.
 
Può essere la Bosnia, oggi,
la Polonia nel settembre '39, la Francia
otto mesi più tardi, la Turingia nel '45,
la Somalia, l'Afghanistan o l'Egitto.
C'è sempre un carro o almeno un carretto,
colmo di tesori (il piumino, la tazza d'argento
e il profumo di casa che presto svanisce),
un'auto senza benzina abbandonata nel fosso,
un cavallo (che sarà tradito), la neve, molta neve,
troppa neve, troppo sole, troppo pioggia,
e quel caratteristico curvarsi,
come verso un altro pianeta, migliore,
con general meno ambiziosi,
meno cannoni, meno neve, meno vento,
meno Storia (purtroppo un simile pianeta
non esiste, resta solo il curvarsi).
 
Trascinando i piedi,
vanno lentamente, molto lentamente,
verso il paese da nessuna parte,
verso la città nessuno,
sul fiume mai.
 
(da 'Dalla vita degli oggetti - Adelphi 2012)
 

 Giulia Bellucci - 16/11/2017 12:13:00 [ leggi altri commenti di Giulia Bellucci » ]

Una poesia intensa, forte, vera e che colpisce come un pugno e fa sentire davvero piccoli e stupidi, così troppo presi dal nostro ego!

 Klara Rubino - 16/11/2017 10:19:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Umanità c’è chi la conserva ancora
...almeno...

 Annamaria Pambianchi - 05/10/2016 11:26:00 [ leggi altri commenti di Annamaria Pambianchi » ]


E’ vero, certo. Ma che sia almeno questo lo scotto da pagare per noi che stiamo a guardare.....

 Klara Rubino - 05/10/2016 10:55:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

In queste parole si sente tutto il peso della verità e un certo forte amaro sole, asciutta polvere, non la vedi, ma t’affatica, ti fa sentire più vecchio.

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