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Il grido di Rachele

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      "Un grido è stato udito in Rama

un pianto e un lamento grande;

Rachele piange i suoi figli

e non vuole essere consolata,

perchè non sono più."

Mt. 2,18

  Ricordo bene.

Avevi detto che saresti venuto a salvarci.

E tutti al tempio gioivano, pieni di speranza. E gioivano persino al mercato.

 

  Ma questa mattina sono venuti gli sgherri di Erode e hanno portato via mio figlio.

Cercavano te, e hanno invece preso il mio bambino che non aveva ancora due anni.

 

Cercavano te, ma tu sei fuggito in Egitto.

 

  E così hanno ucciso mio figlio.

L'hanno trapassato con un ferro. Lui però non è morto subito: continuava a contorcersi e ad urlare, e chiedere aiuto alla sua mamma. Ma io non potevo fare nulla per lui.

Lo hanno finito fracassandogli la testa con una pietra.

 

E di nuovo sento rimbombare nella mia testa la folla che mi ferisce ripetendo feroce che ci avresti salvato, che era tutto previsto, che il tuo sacrificio ci avrebbe salvato!

 

  E invece hai lasciato che piccoli innocenti morissero al tuo posto.

Non so immaginare con quali altre bugie e con quale coraggio tornerai dall'Egitto.

Ma chi mai potrà più crederti quando ti presenterai come il salvatore?

E dimmi: cosa risponderai quando ti chiederanno cos'è la verità?

 

E Maria? Di sicuro hai mentito anche a lei. Non le hai certo detto cosa sarebbe successo qui dopo la vostra partenza. Povera Maria. Non avrà mai più pace, e guardando te sarà costretta per sempre a vedere nel tuo volto il volto di questi nostri figli morti innocenti. Lo so, lo sento. Anch'io sono una madre. Anzi, lo ero.

  E so quanto migliore sarebbe stato il mondo se avesse avuto una madre invece di un padre.

 

  Sei fuggito.

Non potevi non sapere cosa sarebbe successo al mio bambino, ma sei fuggito lo stesso.

Come puoi esserti fatto complice di quest'orrore?

Avresti potuto portarci con te, e non l'hai fatto.

Ci avresti potuto avvisare, e non l'hai fatto.

Non ti importa nulla di noi.

 

Così io adesso condanno te, la tua fuga e il tuo silenzio.

 

E non m'importa più quel che farai di me a causa delle mie bestemmie: la mia pena eterna è nelle carni lacerate del mio bambino, e so che tu non potrai mai costruire per me un inferno più grande di quel che mi hai già dato.

 

E di un'altra cosa mostruosa non potrò mai perdonarti, e cioè d'avermi insegnato ad odiare.

 

  

  Rachele       

 

Mag. '08

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