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al testo di Amina Narimi
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A cantare tra le mani lentamente- con una voce millenaria intorno al garbha, che mi penetra, profondo, che soggiorna, annullando il lungo viaggio e chi ne esce con l’occhio libero da ogni reticenza ed un segreto svelato dal respiro unito al nome ripetuto con sorpresa-
bastano i miei occhi come case come case piccolissime invisibili che conducono ad altre tante case per folate di canto. Intorno al cerchio, a tratti scende ancora il suo profumo, sulla pezza di seta rossa di ogni sera. Mi unisco a lei, che più non muore tra i papaveri, mentre soffia l'uva dove vuole coi grappoli enormi appesi ai bastoni.
E' l’eco vivente di tutti gli odori il digiuno, la benedizione per i campi del sudore, quieta e potente preghiera, al mio sguardo. La stessa mitezza in tutto si contrae poi si distende, ricominciando come tamburi d’acqua dei pigmei, quando curvi sopra il fiume la percuotono, da farne musica
ti guardo, finita la mia luce, immersa nel presente : porti avvolte sulla testa le tue reti, e non inciampi, nel passaggio stretto delle piste, dove io leggera cado ad ogni ramo per raccogliere del miele sulle mani, le foglie verdi in fumo per le api.
Sul buco di dolcezza ancora strappo un pezzo piccolissimo di favo, lanciandolo nel cielo, e, solo dopo, all'imbrunire, prendo a succhiare il lembo della garza, tumida e inzuppata -
non è impossibile andare più lontano del grande cerchio tra i fiori e le radici, se siamo stati tanto nudi e veri da avere accolto in noi anche il bisogno di essere amati, e riposare scalzi, nelle braccia di un altro, vulnerabili, col diaframma aperto e insieme uguale solo al desiderio di fiorire, se quando perdiamo una cosa cara esclamiamo così, semplicemente, "è andata via da noi".
C’è un segno lontano sul mio petto, una linea sottilissima di gioia in lotta col colore che ora scrive schiarendosi lo spazio, poi ritorna col duro esercizio delle sbarre, e una ghirlanda, nel bianco silenzio delle querce, come in canto
è la bellezza a meritare mentre vola la terra in mezzo al cielo confermando la vocazione dello sguardo il continuo movimento in un miracolo : la porziuncola di pace tra le celle e lo spiraglio che moltiplica l’amore, nel misterioso dispensiere di vivande, è il sapore di una mano nuova, la lingua calda nelle sue profondità, dimentica di sete e della fame, quando avanzano le ombre sopra i piedi.
Sui prati rosa si posa adesso un velo, e appena visibile cammina, superando ogni ricordo, nel sole della sera, poi solo un luccichio, che si spegne
indebolendo le mie forze per tacere, per rendere leggera questa veglia alla notte del destino. Torneranno torneranno nelle ali luminosi gli angeli “a comporre la mia voce ”. |
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