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al testo di Amina Narimi
Con la fragilit degli angeli
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Due lunghe strade due figure nell'erba mi accuccio dove non sono mai stata c'è una donna che sbatte la luce dentro un mortaio... al tramonto dell’anno la posso vedere- dall'altra parte del mondo implorando la durata della notte che s'allarga nera sopra i fogli tanto più potentemente nuda come la più lontana delle stelle, poggiando sui talloni quel che aveva nello sguardo viene a dirmi che ritorna dove niente è più visibile- fra gli alberi con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria
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Franca Alaimo
- 28/12/2015 16:33:00
[ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]
Nel buio che rende invisibili le cose Amina scorge una figura che fa luce, pestandola in un mortaio, gesto che attinge dalla memoria della vita terrena. Ma quella figura femminile, adesso, è un angelo e, come gli angeli, appare nella notte, spostando le ombre fra gli alberi. Così fa la memoria, quando, allontanata lombra delloblio, fa affiorare e vivere ancora le creature che ci sono state care. La poesia, aggraziata ed elegante, canta con parole quasi trasparenti unaltra, impalpabile realtà e conferma Amina come poeta dellindicibile.
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Loredana Savelli
- 25/12/2015 21:32:00
[ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]
Il tuo tema ricorrente declinato tra "sogno" e visione.
Ciao Claudia!
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Lig E. Norant
- 25/12/2015 16:01:00
[ leggi altri commenti di Lig E. Norant » ]
“Due lunghe strade due figure nellerba” Due percorsi vocazionali diversi: Giuseppe e Maria “mi accuccio dove non sono mai stata: ” non perché ciò mai fu accaduto prima nel Tempo, ma proprio perché “stranieri” in quell’Altrove dove Dio si fece Bambino “cè una donna che sbatte la luce dentro un mortaio... ” Nascita e Passione
“al tramonto dell’anno la posso vedere- dallaltra parte del mondo” ancora una volta un riflesso speculare: similitudine e “stranierità” dell’anima davanti alla manifestazione di Dio “implorando la durata della notte che sallarga nera sopra i fogli tanto più potentemente nuda” Nuda e cruda è sempre la Notte, ma può non essere implorata la sua durata se in quell’Oscurità è la Luce dell’Amore a schiarire ogni umana tenebra?
“come la più lontana delle stelle, poggiando sui talloni quel che aveva nello sguardo” Magistrale tratteggio della creatura che, contemplando la Bellezza, poggia sui talloni (si porta in altezza verso terra sia per l’humus creaturale sia perché solo se ritorna al contatto con la terrestrità umana, può dire che quella contemplazione diventa Dio partecipato a sé e ai fratelli) la propria preghiera.
“viene a dirmi che ritorna dove niente è più visibile- fra gli alberi con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio daria.” Che dire di questo capolavoro in chiusa? Non è forse fragile e delicata come le ali degli angeli, la Nascita di Dio, eppure così potente da spostare ogni buio che oscura l’aria dove vivono i fiori (le creature nel mondo)?
Comprendo che mi sono avventurato in una lettura molto mia; ma nessuna parola sbagliata potrà mai scalfire la candida ispirazione poetica e la bellezza dei versi di Amina.
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