LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Giovanni Bartezzaghi
|
|||
LA TEMPESTA
Da la terrazza dove il colore vince nel crepuscolo d'un bel giorno d'amare tra 'l profumo selvatico che mi avvince diffuso da decine di vasi in fiore, vò scrutando l'orrizzonte che scompare dove l'azzurro del ciel si tuffa e muore nelle inquietanti e torve nubi nerastre aggrovigliate alle grigie e le verdastre.
S'inseguono come l'onde in riva al mare le principali foriere d'acqua e vento così i gracili fiori che stanno a ornare il muretto e i coppi a dozzine e a cento in un ginepraio di tinte fantasiose come l'Arlecchino e 'l bouquet delle spose, sono sferzati ora da furiosi eventi dai quali usciranno spezzati e morenti.
Dopo un fragoroso tuono al par di schianto seguito da un sordo brontolio di fondo che pian piano s'acquieta e va scemando, s'aprono le nubi a un violento pianto e vanno tronfie illuminar cantando nella notte finta che oscura il mondo, quando la grandine inizia a picchiettare sulle tegole e le cose a me più care.
Per oltre un'ora il furioso acquivento cumulonembo dalla forza inaudita flagella e sradica alberi secolari finché si spegne pian piano il suo lamento, e mentre torna a respirar la vita con gli uccelli pronti a dispiegar le ali, nel dipinto privo di colori e imbelle desolato io vò... a rimirar le stelle.
|
|