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Un ragno ad Aleppo

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Un ragno ad Aleppo

Ho faticato molto a venire sin qui
la fila di olmi abbattuti, l’altalena
dei lampioni divelta, gli insetti
fuggiti a volo radente, la polvere
che impregna di sangue le ragnatele.

Ho detto qui sarò al sicuro
dentro una sala operatoria
nel bossolo della persiana,
piuttosto vicino al profilo
sacerdotale dell’anestesista.

Ho pensato che la guerra
non sarebbe entrata senza
indossare i guanti di lattice
o almeno lavarsi le mani
per tutti quei morti.

Ho pensato adesso sono a posto
qualche moscerino non manca mai
nemmeno in un ambiente asettico,
specie quando la luce si smorza
e il chirurgo si spoglia del verde.

Ho pensato di essere salvo
ma non avevo capito che
la guerra detesta le sale
d’aspetto e dileggia
i luoghi più umani.

Ho pensato -mentre morivo-
alla mia cattedrale di fili
sospesi, poi un boato
e l’ultimo lampo
sul bisturi cieco.

 Leonora Lusin - 04/02/2017 06:16:00 [ leggi altri commenti di Leonora Lusin » ]

Mettersi nei panni di un ragno...originale e molto efficace nel farci toccare il dolore di Aleppo e della sua gente.

 Nando - 16/08/2016 19:45:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

La poesia mi sembra ben scritta, ma il tema è molto difficile e troppo attuale: il rischio è la perdita di "voce" della poesia di là delle pur buone intenzioni autorali ovvero se di un’immediatezza testimoniale.
Ho trovato (per esperienza diretta e personale) perfettamente descrittivi il "profilo sacerdotale dell’anestesista", seppure l’aggettivo può aprirsi a molteplici sfumature interpretative, lo stesso conferisce precisione all’atto professionale in cui si esprime manifesto la sua "mediazione ministeriale".

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