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al testo di Klara Rubino
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Gli occhi di mio nonno erano come formiche, piccoli e neri, ma anche vivaci e non sono operose le formiche?
il suo tovagliolo a pasto concluso veniva da lui stesso ripiegato con cura maniacale, liscio e teso come una larga cravatta in una serata di gala; gli faceva anche il nodo, infatti!
Usava spesso il pettine per sistemare all'indietro i suoi capelli lucenti e bianchi sulla fronte alta e stempiata. Era abbonato a Famiglia Cristiana, leggevo io solo le barzellette dell'ultima pagina; poi dovevo rimettere in fila i numeri delle riviste.
Per tutta la sua lunga vita l'ho visto fare sempre la stessa colazione profumata: caffè nero bollette e pane abbrustolito che inzuppava nel suo personale pentolino; personale era pure il coltello, dell'assortimento del primo cassetto era il più efficace al taglio, la forchetta la più pesante, il bicchiere suo era quello grande, col manico, da birra che usava però per il vino rosso.
Da giovane suonava il Sax, a fine serata rimorchiava; girava in moto, saltuariamente recitava. rimase illeso, peccato per quel dito anulare della mano destra che si ruppe e che da allora non si piegò più; fu costretto a smettere di suonare.
Sì fidanzò per la prima volta con una donna sola, la sposo'; trovò un impiego stabile che gli consentì di edificare una bella villetta borghese e di portare alla laurea il figlio maschio, di molto fuoricorso.
Negli ultimi anni era spettinato, non mangiava volentieri e non sparecchiava, non leggeva più e infine non si alzava più dal letto.
Non c'ero, ma so che è spirato tra le braccia di sua figlia, mia madre.
Non ho pianto molto per lui, perché mi confidò molti anni prima che si era stufato di vivere e che il meglio della sua vita l'aveva vissuto verso i trent'anni, con i figli piccoli e tutto da costruire, quando si sentiva padrone della vita, l'amore nelle vene.
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