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MENO MALE CHE CI FURONO I BARBARI!

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Se si parte dal principio che un dato mutamento linguistico altro non è che la conseguenza di un fatto storico ben determinato, risulta superfluo dire che nella maggior parte dei casi sono i linguisti a ricostruire la storia.
G. Bonfante nel suo volumetto intitolato “Latini e germani in Italia” fa un’analisi storica sintetica ma molto efficace ed attenta delle invasioni barbariche, evidenziando quanto questi popoli bellicosi abbiano inciso sulla storia e sulla cultura di Roma.
Quando nel V secolo cadde l’Impero Romano d’Occidente, tre gruppi germanici si insediarono in Europa: i Germani orientali, i Germani Occidentali e i Franchi.
Al di là della semplice cronaca dei fatti e della distribuzione geografica di questi popoli, è interessante vedere come, nonostante il loro ardore guerriero, le stirpi germaniche non siano riuscite a germanizzare completamente i paesi conquistati ma, al contrario, come addirittura, spesso, si siano inchinati alla romanità.
I Goti, ad esempio, pur avendo a disposizione una propria lingua letteraria, grazie all’acuto ingegno di Ulfila che aveva tradotto in visigoto la Bibbia, redassero la “Lex Visigothorum” in latino, riconoscendo la superiorità della tradizione giuridica romana.
Sta di fatto che, pur rimanendo padroni di vaste terre, vennero sempre più assorbiti dai romani e molto relativa è stata la loro influenza sulla lingua italiana.
I Longobardi, invece, ottennero un punto in più dei Goti; demograficamente più deboli, ma più fieri e tracotanti, furono favoreggiati dalla precedente guerra greco-gotica che aveva largamente stremato il nostro paese.
Ecco perché, laddove in spagnolo troviamo parole di origine greca, latina o araba, in italiano e in francese si hanno parole di origine longobarda.
ESEMPI:

SPAGNOLO FRANCESE ITALIANO
necesidad besoin bisogno
azul bleu biavo
rubio blond biondo
moreno brun bruno
quemar bruler bruciare
extraviar égarer smarrire
sanar guerir guarire
mirar regarder guardare
demasiado trop troppo

E’ certo, dunque che i Longobardi riuscirono, in parte, là dove i Goti fallirono e lo dimostra il fatto che una delle nostre regioni porti il nome di Lombardia. "Italia" è glossato “Longobàrdia” nelle glosse di Reichenau dell’VIII secolo (libro V di Mosè, 24, 24) e Carlo Magno nel suo testamento scrive: “Italia quae et Longobardia dicitur”. Da notare l’ironia della storia che ha spostato l’accento sulla “i” ad usanza greca; Lombardìa (come Albanìa, Romanìa, Turchìa, Ungherìa, Bulgarìa) porta accento greco, perché il nome fu molto usato dai nemici dei Longobardi, i Bizantini di Ravenna, mentre il territorio greco di Ravenna fu, ed è ancora, detto con l’accento latino Romània, oggi Romagna, cioè territorio dei Romani d’Oriente, ovvero i Bizantini.
Il regno longobardo cadde per mano dei Franchi nel 774.
In gran numero sono anche le parole franche nella lingua italiana ma, poiché i Franchi erano bilingui (a tal proposito si ricordi “Il Giuramento di Strasburgo”) e ampiamente romanizzati, è difficile verificare se una parola franca in italiano derivi dal franco o dal francese. Allo steso modo è arduo tenere distinti i tre strati di elementi germanici in Italia.
Un metodo valido è fornito dalla cosiddetta “rotazione consonantica di Grimm”, per la quale, in longobardo le occlusive sorde divennero affricate o fricative e le occlusive sonore divennero occlusive sorde.
E’ quindi longobardo l’italiano “zolla”, mentre la forma più antica “tolla”, conservata in Corsica, è gota. Gotico è “tetta”, longobardo “zizza” (con la zeta sorda, ts), è longobardo “zaffo” e gotico “tappo” e così “arraffare, strofinare, zazzera, zuppa (specie di polenta)” sono longobardi e “arrappare, stropicciare, tattera, suppa”, sono gotici. E sono quasi tutte di derivazione longobarda le parole italiane con “z” o “zz” (sempre sorda) come: chiazzare, gruzzolo, inzaccherare, aizzare, milza, rintuzzare, scherzare, sferzare, stronzo, stuzzicare, zecca, zeppo, zinna e quelle con “cc”, che sostituì l’affricata longobarda “kx”, impronunciabile per gli italiani, come: biacca, bracco, briccone, cilecca, pacca (natica), ricco, smacco, spaccare, stracco, struccare, stucco.
In termini numerici, poche e di scarsa importanza sono le parole gotiche conservate in italiano, mentre ben diversa è la situazione per le parole longobarde.
Ma quali parole abbiamo mutuato dai Germani? Per quale motivo? Che differenza di cultura o di barbarie troviamo tra i tre popoli germanici? Quali erano i rapporti tra i Latini e i Germani?
Le parole ostrogotiche pervenute nella lingua letteraria italiana sono davvero un numero esiguo e quasi tutte di carattere modesto e familiare e molte sono scomparse dalla nostra lingua odierna. Forse è più interessante vedere le parole che non ci sono: mancano quelle di carattere giuridico e amministrativo poiché i Goti furono ben presto assimilati dai vincitori Longobardi. Saltano all’occhio alcune parole molto significative circa al carattere di questi invasori, tutte riferite alle passioni: passioni violente. Abbiamo così ereditato parole come bramare, che denota violenza bestiale, astio, grinta, bega e guercio, tutte nel loro senso peggiorativo.
Molto più significativa è la portata delle parole longobarde.
Sono scomparse tutte quelle relative al diritto longobardo ( guidrigildo, guiffa, guizza, lonigildo, mefio, morghendabio) ma paghiamo ancora il “fio” e parliamo di “faide”, sappiamo chi sono i “manigoldi” (l’antico boia) e lo “sguattero” (guardiano – ted. Wacth, wacther), ma sono usciti dalla sfera giuridica ed hanno assunto un forte senso espressivo e peggiorativo, segno delle aspre relazioni tra Latini e Germani per via del carattere più violento e passionale di questi ultimi.
Sicuramente, una volta in Italia, i Longobardi dovettero mantenere le loro abitudini e i loro antichi costumi e ai Latini, probabilmente, apparvero rozzi e ripugnanti. Non mancarono certo di scandalizzarsi nel vedere gli edifici germani in pietra, poveri e grossolani a confronto con i grandi palazzi romani.
E dunque la casa diventò “stamberga” e le sedie “scranne, le porte si chiudevano con le “spranghe” e le donne i “fazzoletti” li lavavano con il “ranno”. Parole che ben evidenziano il cattivo gusto e la grossolanità germanica.
Sorprendente è la frequenza delle parole relative alle parti del corpo a significare una intima convivenza, almeno nell’ultimo periodo di invasione. Troviamo: anca, fianco, groppa, guancia, nappa, nocca, zinna, schiena, zanna, stinco e anche sberleffo, cioè il labbro inferiore pendulo di certi animali.
In certi casi si può anche pensare a una carenza o a una incertezza del lessico latino per cui si ricorse, quasi per disperazione, a quello longobardo.
I barbari “trincavano, rissavano, urlavano”, scompostamente; sotto l’effetto di una “sbronza”, sicuramente, avranno spaccato qualche “scranna” e “scaracchiato” per terra e poi saranno caduti con un “tonfo”, sotto l’occhio inorridito dei romani, ma sicuramente incuriosito! Rimanevano in ogni caso dei nemici.
E allora, che parte hanno le parole germaniche nella lingua letteraria italiana?
Non potevamo continuare a dire “albo” e “ bello” invece di “bianco” e “guerra”?
Sicuramente la compenetrazione ci fu anche a livello linguistico e molto spesso la lingua è un fatto estetico ed obbedisce più al gusto che al bisogno.
Così si hanno parole latine (o anche greche) e il loro peggiorativo, contrario o corrispondente germanico:

amante (vedi Dante)>>>>>>>>>>>drudo (Dante: ”Taide è la puttana che rispuose al drudo suo…”)
ballo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>ridda
bagnarsi>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>sguazzare
bello>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>laido
ben fatto>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>sbilenco
bere>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>trincare o lappare (inglese to lap)
cavallo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>marrone (italiano meridionale “vecchia bestia” – “persona malaticcia”)
cosa>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>roba
desiderio>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>brana
dolore>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>affanno
freddo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>fresco
faccia, viso, volto>>>>>>>>>>>>>>grinta
gola>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>strozza (da cui strozzino)
ingannare>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>abbindolare
insidia>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>agguato
intelligenza>>>>>>>>>>>>>>>>>>>senno
intermediario>>>>>>>>>>>>>>>>>>ruffiano
lavorare>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>rubare
lite>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>baruffa, faida, bega, baratta
litigare>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>bisticciare
sterco>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>stronzo
misero>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>gramo
morire>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>schiattare
nero>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>bianco
odio>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>astio
pace>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>guerra
parlare, perorare>>>>>>>>>>>>>>arringare
pezzo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>tozzo
povero>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>ricco
ridere>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>sghignazzare
ruga>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>grinza
sorriso>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>ghigno
stanco>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>stracco
umiltà>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>orgoglio
unghia>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>grinfia
verità>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>bugia
vile>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>baldo
Confrontando queste parole possiamo capire quali fossero i rapporti tra i due popoli.
E’ indubbia, ad esempio, la superiorità militare dei Germani che mantenevano con guerre continue e con il costante esercizio della milizia. Ai vinti (Latini) non restava altro che predicare la “pace”, più ultraterrena che terrena, intanto che subivano la “guerra”!
I Latini ridotti a “servi” soffrivano la tracotanza dei Germani e, mentre il “dives” latino diventava un “ricco” germanico, il “pauper”, povero era e povero rimaneva. E così ”l’umiltà” romana si oppose al germanico “orgoglio”!
Uno scrittore della bassa latinità chiamò i Germani” latrones, praedones, barbari, turba latrocinatium “. Ai Latini depauperati delle loro terre, restò il lavoro, nel senso di fatica (francese travail da cui travaglio), di sofferenza (laboro stomacho).
Anche il mondo linguistico dei colori fu modificato (nero e bianco) e quello della cucina e dell’abbigliamento.
Nero e verde restano “colori latini” di cui non è chiara la motivazione. Che siano legati ad un pessimismo crescente (nero) e ad una speranza impellente (verde)?
Probabilmente queste mutazioni non furono del tutto indispensabili, ma sicuramente furono adottati i nuovi termini per arricchire la lingua di parole talvolta drammatiche, passionali, violente, orrende, ma anche dalle delicate sfumature (si pensi a: garbo, lesto, rigoglio, senno, schietto).
Per concludere, si può dire che per quanto oppressive e distruttive, le dominazioni barbariche contribuirono alla formazione di una nuova Italia. Con la morte di Roma nacque una nazione italiana destinata ad incivilire l’Europa una seconda volta.



 sandra olindo - 07/07/2018 13:04:00 [ leggi altri commenti di sandra olindo » ]

Molto interessante questo articolo ! Desta curiosità e scambio di opinioni.
Ad esempio io non avrei usato il termine "incivilire" ma "civilizzare", anche se riconosco che nel linguaggio parlato le doppie zz, sono molto "barbare" e difficili da pronunciare senza cadere nel rischio di sembrare rozzi già nel linguaggio ( ma io sono una siciliana , il nostro linguaggio, è molto "duro" ).
C’è un altro termine che mi ha interessato ( e che , in passato , ho cercato di analizzare anch’io -con i limiti della mia ignoranza in fatto di "linguistica").
Il termine è "travaglio"inteso come "lavoro "( in siciliano travagghiu ).
In Italiano, pe®ò , travaglio è ambiguamente inteso anche come parto.
In spagnolo, invece , i due termini sono distinti in : trabajo e luz ( o parto).
Non riesco , quindi ( anche se il percorso, forse, è ancora non svelato), a non ripensare alla maledizione biblica : partorirai con gran dolore,lavorerai con gran fatica.
Io penso che dovremmo distaccarci da quella maledizione.
Lavorare non è una fatica se si fa ciò che ci piace fare.
Idem per il parto.
Cambiare i "punti di vista" farebbe cambiare anche la lingua. Che , a mio parere, è viva se accetta i cambiamenti personali e collettivi.Grazie per questo articolo. Sandra Olindo

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