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al testo di Ivan Pozzoni
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Questa mattina s’attacca ai vetri dei miei occhiali, come ogni avvento antimeridiano abitudinario, l’incappare in un venditore, di libri, extra-comunitario fuori da uno dei mille soliti bar cittadini: sentirti cantilenare, col solito slang universale «Amigo, tu compra mio libro, scritto da fratello d’Africa», ha arrestato la mia corsa folle da turista occidentale.
«Mio nome è Bonaventure», il tuo nome è Bonaventure, indomito leone d’Africa, l’Africa che non ho mai sentito mia, oscura, fuori da ogni colonizzazione ellenica o dall’imperium latino, fuori dal mio mondo classico, conquistato in nottate di traduzioni da vocaboli simili al francese, difeso dalle colonne d’Ercole.
«Vengo di Camerun». Qui, in Italia, sud di nessun nord, forse troverai un buon impiego da magazziniere o da facchino sottopagato in un’azienda di trasporti, scambiando ninnoli con cartamoneta sulle affollate spiagge romagnole, ci incontreremo all’entrata di una libreria, con sottobraccio (tu, o io?) volumi da due soldi.
«Sono morto di Aids, stamattina». Il tuo nome è Bonaventure, il sabato ha continuato a consumarsi, noi abbiamo continuato a tirar dritto, schiavi della nostra abitudine a non voltarci mai, mirando a stordirci tra i rumori del traffico milanese.
[Scarti di magazzino, 2013] |
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