LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Stefano Simoncelli
|
|||
*
È cominciato con un sogno nemmeno tanto originale. C'era un buio da ladri
e la voce di mia madre che canticchiava la nenia di quando ero bambino
addormentandomi
*
Ho un grande debito aperto con la vita che ha cacciato indietro a calci la morte e devo pagarlo, non so come, ma devo
e non c'è modo di cancellarlo in preda al panico come sono stato e senza un vocabolario cui fare riferimento
se non richiami che mi arrivavano da una palude o echi da un hangar bombardato dal silenzio. Questo scrivo mentre rivedo i compagni
rimasti su quei letti di dolore, gli incurabili che urlavano di notte facendo scsttare la sirena dell'allarme
e le corse sfrenate delle infermiere. A loro e solamente a loro penso le volte che riesco a pensare.
*
Una notte di dicembre ho attraversato a nuoto, io che non ho imparato a nuotare,
una furibonda burrasca di mare ritrovandomi stremato sulla spiaggia di un pianeta sfavillante di luci e indefinibile.
Ero un altro, un essere senza nome e passato che non controllava più la lingua, la mano e la parte sinistra della faccia andando,
senza rimpianti, verso una deriva dove regnava il silenzio, la pace e il desiderio
di riabbracciare mia madre.
*
Ho ancora indugi imprevedibili, vuoti di memoria, balbuzie da comico e inciampi dove mi sembra di precipitare
in una voragine nera o in un tombino agitando goffamente piedi e mani che sento enormi come le labbra
che conservano il senso morbido del primo bacio quando lo aspettavo senza saperlo, lo sguardo perduto
in uno spazio lontano o quartiere che era Madonna delle rose tra i profumi dei giardini
che lo annunciavano.
*
Mi preparo a un viaggio chissà per dove sapendo
che non ritornerò più quello che sono, qualcosa di diverso nell'aspetto e linguaggio. Sarò energia pura, polvere o vapore acqueo
e parlerò con il fruscio della brezza tra le tende di un terrazzo all'ultimo piano
del Residence Cielo.
[ da Residence Cielo, Stefano Simoncelli, peQuod ]
|
|