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Le stazioni dellAmore

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LE STAZIONI DELL’AMORE 

  

CORO

 

La mia anima nuda contempli

Ciò che hai fatto e patito quel giorno;

compartecipe fammi Signore

del tuo lento straziante morire.

 

Io ti vedo inchiodato sul legno.

Da quel palo innalzato da terra

Le ferite ti grondano sangue,

desolata è l’anima tua.

 

La corona di spine tormenta

Il tuo capo, la lucida mente,

mentre gl’occhi irrigati di sangue

tu li posi su chi ti deride.

 

Più di tutti i dolori del corpo,

a straziarti è il cuore malvagio

di chi accusa in nome di Dio

ed uccide per renderGli onore.

 

Ci sconvolge il tuo perdonare,

quel comprendere il cuore dell’uomo,

il parlare che fai con tuo Padre:

No, non sanno quello che fanno”.

 

O Signore che pendi dal legno,

brutalmente inchiodato, deriso,

le ferite che grondano sangue

siano luce per questo cammino.

 

SOLO

 

Con la Vergine Maria

Vorrei fare quella via

Che conduce al Golgota.

 

Se Lei apre il grande cuore

Che sa tutto del Signore,

E’ Vangelo crederLe.

 

Ogni evento è una stazione:

La Sua vita ci dispone

Ad amarlo amandoci.

 

La mia vita, quale abisso

Contemplando il Crocifisso!

Gesù mio, perdonami!

 

CORO

 

Le stazioni del dolore

Siano impresse nel mio cuore,

Dolce Madre di Gesù.

 

SOLO

 

Con Te lì, sotto la croce,

Potrò udire la Sua voce,

Gl’ultimi suoi palpiti.

 

Contemplando il tuo affetto

Per il Figlio benedetto,

ad amarlo insegnami.

 

Quello strazio è provocato

Dalle colpe, dal peccato.

Io mi sento complice.

 

Fa che l’anima smarrita

Torni a Te, a nuova vita.

O Signore, aiutami.

 

Le stazioni del dolore

Sono antidoto al torpore

Della mente incredula.

 

Affidandoci al Vangelo,

lui ci porta alto in Cielo.

E’ con noi lo Spirito.

 

Fa che sgorghi dal mio cuore

Un immenso, folle amore

Per Te solo vivere.

 

La Tua storia è dolorosa.

Presuntuoso è chi osa

Raccontarla ai posteri.

 

Gesù, aiutaci a capire

Perché accetti di subire

Un martirio simile?

 

Perché Giuda in quella Cena

Non avverte la tua pena

E si rende complice?

 

Nella lotta con la prova

Ogni uomo si ritrova

Avvilito e succube.

 

Tu, nell’orto degli ulivi,

Pur pregando, ti sentivi

Desolato ed orfano.

 

Pietro, Giacomo, Giovanni,

Dormon tutti sugli affanni

Che il Maestro affliggono.

 

Non un’ora, una soltanto

Con il Crisro che, lì accanto,

Suda sangue, spasima.

 

Agonizza il Creatore

Ma nessuno in quelle ore

Sta con lui e vigila.

 

Dall’angoscia stretto e preso,

Solo, triste ed indifeso,

Della morte hai l’incubo.

 

Padre, devo proprio andare

Sulla croce ad espiare?

Questo chiedi, vuoi da me?

 

Sia fatto il tuo volere!

Non rifiuterò di bere

Questo amaro calice”.

 

 

Dopo il “sì” sei consolato

Da un angelo inviato

A sedarti l’animo.

 

Tra gli ulivi gente avanza.

Giuda guida l’alleanza

Delle avverse Tenebre.

 

Con un bacio Ti ha tradito

Perché il cuore è indurito

Da venale calcolo.

 

Da chi arriva la condanna?

Dai maestri Caifa ed Anna

Che la Legge osservano.

 

Per l’accusa hai bestemmiato

E vai quindi giustiziato.

Sobillato è il popolo.

 

Pure Pietro ti ha tradito.

S’è nascosto dietro un dito

Con spergiuro triplice.

 

Trema Giuda, ha paura,

il rimorso lo tortura.

Torna ai sommi vertici.

 

Ho tradito un innocente”,

Grida ai capi. Ma chi sente?

Fatti tuoi. Arrangiati!”

 

Poi Ti passano a Pilato

Perché sia processato

Dal romano giudice.

 

La denuncia infamante

Non ha voce confutante:

Senza scampo è il Martire.

 

Nella piazza le persone

Non pietà, crocifissione

Chiedono all’unisono.

 

Tu a sangue sei frustato,

e Barabba liberato.

Ora a Te il patibolo.

 

Dato l’ordine di morte,

Nel palazzo della Corte

I soldati ghignano.

 

Con la truppa è inscenata

Una bella mascherata

E da re ti vestono.

 

Pacche, sputi, gomitate,

Schiaffi, insulti, bacchettate…

E poi giù a ridere.

 

Tolto il manto di scarlatto,

Ti rivestono e il ritratto

È di mansuetudine. 

 

Verso il Golgota da reo

Sei condotto col “trofeo”

Che Tu, re, ti meriti.

 

Le pie donne con Maria

Ti aspettano per via

Per seguirti al Golgota.

 

E’ straziante quell’ afflato

Con Colei che ha generato

Per Divina Volontà.

 

I discepoli impauriti

Si confondono, smarriti,

nella folla anonima.

 

La Tua meta è il Calvario.

Sembri pazzo, visionario

e sei Dio in mezzo a noi.

 

Siamo stati così stolti

Da non essercene accorti

Del Messia promessoci.

 

CORO

 

Le stazioni del dolore

Siano omaggio al Redentore,

Figlio Unigenito.

 

Per la strada del Calvario

Hai lasciato sul sudario

La tua dolce immagine.

 

Sotto il peso della croce

Chi ha udito la tua voce

Lamentarsi o fremere?

 

Tu, Agnello Immacolato

Che al macello sei portato,

Scusi i tuoi carnefici.

 

 Quante volte sei caduto!

Senza perdere un minuto

Devi alzarTi e muoverti.

 

Giunto al Golgota stremato,

Non hai forza, non hai fiato.

Inchiodarti è facile..

 

Ch’era giunta la Tua ora

L’ha saputo solo ora

La tua Madre povera?

 

E’ arrivato il gran momento.

Senti il peso, lo sgomento:

Dire al Padre il “sì” per noi.

 

Dal Sinedrio condannato,

Tu, il Giusto, il Figlio amato

sali sul patibolo.

 

E nel mezzo di quel giorno

Si fa buio tutt’intorno

Per l’evento unico.

 

Reputato un malfattore,

Tu sei l’Uomo del dolore

Che non sa difendersi.

 

Quel tuo corpo martoriato

Per noi tutti ha espiato

Senza nulla esigere.

 

Cosa mai potevi fare

Per salvarci, per pagare

Quell’ antico debito?

 

Benedetta la Tua Croce

Che ci parla con la voce

Del perdono offertoci.

 

Benedetto il Tuo bel viso

Che di sangue tutto intriso,

ci rivela l’anima.

 

Benedetto il Tuo costato

che una lancia ha perforato

fino al cuore amabile.

 

Ora lì c’è una sorgente

Di salvezza permanente

Per chi voglia attingervi.

 

La tua testa è coronata

Con le spine dell’ingrata

E superba umanità.

 

Sono spine il mio peccato.

Re per burla incoronato

Ancor oggi sei da me.

 

CORO

 

Le stazioni del dolore

Siano impresse nel mio cuore,

Dolce Madre di Gesù.

 

Tu gli ha fatto compagnia

Nella lunga sua agonia

Proprio fino all’ultimo.

 

Stavi muta ed impietrita

A guardare quella vita

Sulla croce gemere.

 

E la spada del dolore

Ti straziò per lunghe ore

Quel tuo cuore tenero.

 

Pur sentendolo ansimare

Non sapevi cosa fare

A quel Figlio unico.

 

Lui da febbre tormentato,

Da gran sete divorato,

Ti sentiva i palpiti.

 

Forza, scendi dalla croce!”,

Ti gridavano a gran voce.

Poi Ti deridevano.

 

Ti schernivano i devoti

Scribi, Anziani e Sacerdoti,

Aspettando l’esito.

 

Osannato e riverito,

or nessuno piega un dito

per salvare il Re dei Re.

 

Solo Giuda è disperato.

E il delitto provocato

Ha distrutto proprio lui.

 

Fosse andato sul Calvario

A parlare al “Missionario”

O soltanto a piangere…

 

E Tu, Madre, che gemevi

Per quel figlio che vedevi

Tra dolori e spasimi.

 

C’è mai stata creatura

Che non pianse alla tortura

Di una Madre simile?

 

Chi non prova tenerezza

Per la Madre di dolcezza

Che straziata ha l’anima?

 

Che le piaghe del Signore

Siano impresse nel mio cure!

Te lo chiedo: ascoltami!

 

Da quel corpo flagellato

Ed a lungo torturato

Esce un grido tragico.

 

E nel mezzo di quel giorno

Si fa buio tutt’ intorno.

L’universo è in panico.

 

Sotto quell’oscuro velo

Dio tace, tace il Cielo:

Solo è l’Unigenito.

 

L’Uomo-Dio è moribondo

E si affaccia sullo sfondo

Un destino tragico.

 

Gesù grida a grande voce

A suo Padre dalla croce:

Sono pronto, prendimi!”

 

Spira. E il capo suo reclina.

Si è donata la Divina,

la Suprema Carità.

 

Trema il tempio e la terra:

E’ la fine di una guerra

Dichiarata a Satana.

 

Il Suo corpo ha sepoltura.

Non finisce l’avventura

Che oltrepassa i secoli.

 

La domenica mattina

Qualche donna s’incammina

Per l’unzione funebre.

 

Nel sepolcro scoperchiato

Non c’è il corpo dell’amato.

Solo bende giacciono.

 

Con le vesti sfolgoranti,

Due angeli annunzianti

Alle donne dicono:

 

E’ risorto! Chi cercate?

L’ha predetto, ricordate?

Ora raggiungetelo.

 

Tramortite dalla luce,

Una forza le conduce

Dagli amici increduli.

 

Per la strada le precede

Il Signore che le vede

Agitarsi e correre.

 

Non Temete! Andate a dire

Ai fratelli di venire.

E raggiunse gl’undici.

 

Da quel giorno sconvolgente,

Al Risorto fermamente

I cristiani credono.

 

Gesù è vivo, lo sentiamo,

è presente dove andiamo.

Ha promesso: tornerà.

 

E’ la storia dell’Amore

Che coinvolge ogni cuore

Nella Santa Trinità.

 

Tu che hai visto Lui morire

Oggi insegnaci a patire

Sulla croce, come Lui.

 

Contemplare la Passione,

dei credenti è la missione.

Perché tutti vedano.

 

Ricordando i tristi eventi

Fa che i popoli redenti

Finalmente credano.

 

O Maria, o Gesù buono,

io Vi chiedo un solo dono:

prima o poi raggiungervi.

 

Amen. Amen.

Alleluia. Mara-natha.

 Arcangelo Galante - 11/09/2018 11:13:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Dopo aver letto le manifestazioni inerenti “Le stazioni dell’Amore”, ho maggiormente apprezzato il pensiero dell’autore a ricordo di Don Primo Mazzolari, il quale fu un presbitero, scrittore e partigiano italiano, conosciuto come il parroco di Bozzolo, divenuto, in seguito al proprio operato spirituale, ma specialmente umanitario, una delle più significative figure del cattolicesimo italiano nella prima metà del Novecento.
Il suo pensiero anticipò alcune delle istanze dottrinarie e pastorali del Concilio Ecumenico Vaticano II, in particolare relativamente alla cosiddetta "Chiesa dei poveri", alla libertà religiosa, al pluralismo, al dialogo coi lontani uomini dimenticati, alla distinzione tra errore ed erranti, etc., tanto da essere definito un uomo carismatico, nonchè profetico.
Sul piano politico, infine, i suoi atteggiamenti e la sua predicazione cristiana espressero una ferrea opposizione all’ideologia fascista e ad ogni forma di ingiustizia e di violenza.
Tra l’altro, Don Mazzolari, durante la guerra, nascose e salvò numerosi ebrei e antifascisti, come, dopo di essa, anche alcune persone coinvolte nel fascismo ed ingiustamente perseguitate.
Se non ricordo male, morì a seguito di un malore, proprio mentre predicava, venendo sepolto nella chiesa di San Pietro Apostolo a Bozzolo.
Di lui, papa Paolo VI disse: “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti!”.
Ed io aggiungo che sarebbe incoraggiante se, nell’odierno mondo, ancor vi si potessero incontrare alti esempi di sublime e splendente ricchezza di interiore bellezza umana, come la sua.
Grazie, Angelo Nocent, per averci ricordato quest’uomo eccezionale, attraverso il campo della poesia.

 Angelo Nocent - 10/09/2018 17:22:00 [ leggi altri commenti di Angelo Nocent » ]

Semplicemente per rimarcare il pensiero di Primi Mazzolari, ossia che

IL PORTARE
vale più
dell’ ARRIVARE

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