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Mirabilia

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MIRABILIA

 

Non sapremo mai se nei boschi

Dei sogni conosceremo

Un albero dai frutti dolci

Come il silenzio.

Penso ancora a quel vento

Che faceva cigolare i rami,

quella terra sotto la mia schiena,

quel cielo nei miei occhi,

la bocca vuota ma felice.

Fra le foglie si nascondeva il sole,

e dal mio promontorio

la musica del mare

mi cullava come una imbarcazione

fra le onde sconfinate.

L’immenso si nascondeva fra le cose,

i fiori si chinavano al vento

come tanti sudditi

che si chinano al loro padrone.

Temerario, non avevo paura

Di affacciarmi dal precipizio

Sul mare,

di vedere il sole

che si rifletteva

e faceva quella distesa

un letto d’oro

dove vedere assopite

le proprie angosce.

L’infinito si stagliava

Sotto e sopra di me,

e come un gabbiano i miei

occhi folli

volavano verso l’orizzonte,

incuranti, verso il ciglio del mondo,

sperando di cadere in un sogno.

E non volevo altri miracoli,

se non il cielo nei miei occhi,

la bocca vuota ma felice.

 Stefano Verrengia - 01/02/2019 22:13:00 [ leggi altri commenti di Stefano Verrengia » ]

Grazie mille Klara, sono contento che ti sia piaciuta.

 Klara Rubino - 31/01/2019 11:08:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Quando si ama si prova tutto questo, una donna, un uomo, una formica o il sole: se stessi, il momento, la vita.
Bella, fluida.

 Stefano Verrengia - 30/01/2019 15:49:00 [ leggi altri commenti di Stefano Verrengia » ]

Esattamente Antonio. Ti ringrazio ancora una volta per il tuo commento. Come al solito, sembra tu abbia il dono di leggere "oltre le parole", cosa assai rara nelle persone.

 Antonio Terracciano - 29/01/2019 18:51:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Non molto tempo fa ho pubblicato, in un altro sito, la poesia "L’incidenza dell’urbanistica (sulla mente di un bambino) " , e penso perciò di potere comprendere quello che intende dirci il Verrengia (nel mio caso, sono sempre stato condizionato dalla rigida geometria del razionalismo architettonico del Ventennio del rione della mia cittadina in cui vissi infanzia e preadolescenza, e ciò tuttora mi impedisce di avere pensieri irrazionali o soltanto troppo fantastici) . Il Verrengia, originario (come lui stesso ha recentemente scritto in un commento) di Gaeta, sarà stato senz’altro influenzato dal paesaggio, dal promontorio di quel piccolo paradiso terrestre che resta comunque a misura d’uomo (a differenza del forse troppo sovrumano paradiso della costiera amalfitana, il quale rischia di inghiottirci nel vortice di una bellezza quasi aliena, di farci perdere i sensi) e che consente a un bambino di accontentarsi del sole, del mare, del vento e della campagna retrostante, accantonando volentieri anche bisogni primari come quello della fame. Ognuno porta con sé (forse per sempre)il luogo in cui è vissuto da bambino e che lo conduce spesso a nuove scoperte sulla sua falsariga (non successe, in fin dei conti, anche a Leopardi col suo "colle dell’Infinito" ? )

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