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al testo di Stefano Verrengia
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LA VERGINE DEI BOSCHI Con la voce dolce chi culli Nei sogni più profondi, leggera come il vento, effimera come l’uragano?
Vorrei che cullassi me, sui tuoi seni turgidi, e mi cantassi quella dolce ninna nanna che prima Orfeo, poi San Francesco, cantarono per ammansire le bestie più selvagge e spietate.
Come sai allentare la mia Fame? Perché adesso la mia Fame si è trasformata in appetito degli occhi? Mi basterebbe anche Il solo averti con gli occhi, rubare il tuo Amore come una gazza ladra un gioiello brillante.
Dove vai, danzando come una foglia fra i sogni e gli uragani?
Sei un accordo di dolcezza e note benevole di fiori e boschi incantati ... Hai paura dei lupi?
Ti prenderei a morsi come il buio morde la mezzaluna di Settembre, e ti farei uscir sangue per ricordarti che non sei un elfo di boschi fantastici, ma solo una donna dalla voce incantata. Lascia il tuo lago delicato, dolce e limitato, colmo di libellule, usignoli e lepri, vieni ad assaporare l’oceano sconfinato e vieni a sfiorare lo squalo negli abissi con le tue mani sottili e sguscianti come murene, ti guiderò io.
Sai che le bestie sono spietate? Non conoscono sentimenti, ma solo Fame e Paura, e questo li spinge nella vita.
Hai Fame, hai Paura? Vuoi assaggiare per un attimo il terrore della Materia?
Sarò così folle, o mia dolcissima amata, che ti stenderò su di un letto come su di una bara e ti amerò fino a romperne il legno!
O mia amata, io sono pazzo, ormai così pazzo da desiderarti anche se la tua gola un giorno emetterà solo un fetore marcente e i tuoi lunghi capelli saranno solo un teschio pronto a diventare polvere!
II.
Dimmi, bella ninfa che girovaghi nei miei pensieri, non hai paura delle belve, dei lupi, dei puma, degli orsi? Forse sei abituata ai ruggiti, forse adori le belve, ed intoni dolci canti per loro come una francescana.
Vorrei farti assaggiare i miei denti sui tuoi seni.
Eppure mi fuggi, hai carezzato volatile come il vento marzolino i ruggiti di quelle bestie, hai bevuto nel loro stesso fiume come una lupa assetata, eppure stranita fuggi le mie parole di Poeta.
Vaffanculo allora, per Dio, vaffanculo!
I lupi fanno meno paura di un Poeta, vuoi insegnarmi questo?
I ruggiti son più certi Dei versi, i versi barcollano ubriachi, i Poeti adorano l’abisso, il buio, il delirio, l’infinito, non una piana erbosa, la luce della luna e del sole, l’istinto animale, non una tana umida e certa.
Hai ragione ... i Poeti sono quasi tutti pazzi, e forse anche io.
Non me ne frega se le ere si ricorderanno di queste stupide parole.
Voglio fotterti, qui e adesso, come un orso che adori tanto, trasbordando dalla pelliccia stupida animalità e raschiare con i miei artigli la tua carne bianca come su una corteccia a caccia della resina e della linfa della vita.
E’ vero, gli animali sono abituati alle sorgenti pure, ad una luna senza smog, ad un cielo più brillante, ad una notte più nera.
Anche io vorrei vivere in una foresta, a caccia di conigli o scuoiando serpenti che attentano alle mie prede.
Ma tu non fuggire.
Non aver paura di uno che usa le parole come il fiume che scorre nel mare.
Non temere questo ignobile mestiere, di questa lurida accozzaglia di infimi psicotici che vivono saltando di nuvola in nuvola come bimbi di scoglio in scoglio sui precipizi più brutali.
Cos’è per gli animali, la Morte? E’ come per noi la cancellazione delle sinapsi? Dimmi, tu che vivi in queste erbacce tanto dolci quanto amare, dimmi, temono la morte? O per loro è solo un secondo di misero dolore?
Io non so, ma al pensiero il freddo mi fa già tremare come in una notte d’inverno senza peli e senza coperte.
Vagherò, mia ninfa silenziosa, sarò silente come il lupo in attesa della preda, elastico come il puma pronto al salto, brutale come l’orso volitivo.
Vagherò per i boschi ringhiando i miei versi, mangiando i libri di carne dei corpi delle prede, assaporando il sangue come una metafora dolce e succulenta. Anche questo può diventar Poesia, basta che la Poesia regni in ogni gesto di questo mondo di merda.
III.
I tuoi capelli rossi, raggi obliqui di questo tramonto, rivoli di sangue colanti dal coniglio smembrato, ardenti brame di un Poeta dannato all’effimero ed acre profumo dei versi. Si, affogherei anche nel tuo sangue, amerei anche il tuo sangue, mentre la mia sigaretta fumante mi annerirà i polmoni e la Natura udrà disgustata la mia gola tossire colma di catrame mentre la tua voce canterà la Bellezza e la mia l’Abominio, l’Orrore, il Mortifero … io ti amerò, come l’Assassino nel silenzio contempla la sua Vittima, come Dio che vede contorcere gli esseri umani negli spasmi della carne, io ti amerò come la Poesia ama la Pazzia, come la Morte adora il Dolore, come l’Abisso adora l’Oblio ...
non fuggirmi. Non amare il fiume placido e calmo, brillante e dolce, non amare i cantori d’arpa e di liuto, non adorare le foglie e gli alberi verdi e rigogliosi. Ama me, ama il Caos come lo amo io, apprezza il Disordine, il Solitario che parla con il suo riflesso nel fiume come con un amico. Forse le ere ti ricorderanno grazie a queste parole di muschio, forse, mentre le tenebre e la terra sbraneranno i nostri scheletri, qualcuno canterà queste parole con la tua stessa dolcezza, qualche ragazzo vedrà negli occhi della sua amata la tomba desiderata come io vedo in te la mia.
Nuda nei laghetti tutti gli animali ti sfiorano, ti scivolano sulla pelle, tranne che queste mani, tranne che questi pensieri.
Mi sei lontana come la Luna dal Poeta dannato a guardarla, contemplarla e non toccarla. Mi sei lontana come una mela in cima all’albero, ed io ho solo artigli spezzati per provare a scalare questo arbusto maledetto.
E quando in una notte ti assopirai nuda vicino qualche radice, scivolerò silenzioso come un serpente per morderti ed iniettarti il veleno del mio Amore, per diventare la tua ossessione, e quando stanca e avvelenata le forze ti mancheranno, ti legherò con la canapa all’albero, e non potrai fuggire la mia persecuzione.
O ninfa, non ti lascerò fuggire sul dorso di qualche orso, non sarà qualche volpe ad ingannarmi per portarti via ... la tua voce mi accompagnerà fino alla morte. A questo porta l’Amore ... A questo porta l’Istinto ... A questo porta la Bellezza ... chi non prova queste sensazioni non ama, finge.
Non fuggire ... sono un mostro più brutale di una belva?
IV.
Oh Poesia, oh Arte, oh Musica, ecco, sapevo che prima o poi la pazzia mi avrebbe posseduto! Ho pianto, nascosto fra i cespugli, cercando Lei, Lei, la Ninfa fuggitiva! L’abisso mi ha inghiottito, ho più a cuore la Notte che il Giorno, apprezzo più il Buio che la Luce. Come si chiama questa sensazione? Amore, Pazzia? Non so dire, piansi solo due volte nella mia vita. Dove sei, Angelo di carne e sangue? Dove sei mio fantasma reale? Dove sei mio incubo Di respiro e voce? Perché sei scappata? Ti ho trasmesso timore? Quale lupo ti ha nascosto nella sua tana? Chi belva ti sembrò più dolce del mio delirio? Quelle belve non ti amano, ti hanno, ti posseggono, non ti potranno mai contemplare come solo un Poeta può fare. Preferisci rintanarti fra i canini di una bestia piuttosto che in queste lettere di fuoco? Preferisci la pioggia di una foresta al caldo di un falò gigantesco fatto di poesie brucianti?
Mia amata, mia adorata, mio idolo, come potrò vivere adesso senza contemplare la Vita? Come potrò vivere adesso con la Morte negli occhi?
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