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Arso legno

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“Il cervo è dato ai denti dei cani”

 (François Mauriac)

 

Tutto è compiuto, giunta l’ora
terribile che raggela il cuore.
La pretesa umana ha consumato
il crimine, ha spento l’incendio.
Straziato il corpo, della gola
ammutolito il grido e chiuso
l’imbocco, messa la pietra a sigillo.
Niente più osa varcare il silenzio.
E noi... come formiche disperse
intorno ad arso legno ormai freddo.

 

 Laura Turra - 10/04/2020 15:37:00 [ leggi altri commenti di Laura Turra » ]

Gil, Arcangelo, Ferdinando: grazie a ciascuno di voi. Le vostre parole sono colme di bellissimi segni e io vi comprendo in un abbraccio e in un carissimo augurio.

 Ferdinando Giordano - 10/04/2020 15:06:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Giordano » ]

"La pretesa umana ha consumato / il crimine, ha spento l’incendio" Questa antitesi, tanto monumentale quanto ineludibile, regge il Golgota e lo declina. Sei matura, alta e profonda.

 Arcangelo Galante - 10/04/2020 11:05:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Spingo la mia riflessione sul simbolismo del legno arso, che richiama all’essere stato bruciato e, quindi, alle conseguenze delle fiamme, sulla materia.
Il fuoco, che brucia e arde come motore pulsante, necessario a dare vita all’essenza da esso manifestata, nel caso specifico di questo componimento poetico, rappresenta la fine della speranza - arso legno ormai spento - distrutta dall’incendio.
Cosicché, ripercorrendo i precedenti versi che “niente più osa varcare più il silenzio”, si assiste forse, a un comprensibile pessimismo, giacché la voce dell’essere uditi e anche il grido della vita stessa, sono stati irremissibilmente soffocati dagli eventi.
Inoltre, lo scenario presentato dall’incipit, quel “tutto è compiuto“ che tanto ricorda bibliche descrizioni apocalittiche, non lascia affatto intravedere una ripresa costruttiva, sollevando il cuore verso l’Alto.
Perciò, i versi sembrano quasi una sentenza, capace di trasmettere nel lettore sensazioni di dolore nonché di definitiva perdita, suggerendogli immagini vivide, atte a scatenare concitate emozioni.
Il risultato è triste e amaro.
Naturalmente, la pubblicazione resta suscettibile di altre libere interpretazioni.
Condiviso pure il commento, lasciato da Gil.
Complimenti sinceri, alla poetessa!

 Gil - 10/04/2020 08:41:00 [ leggi altri commenti di Gil » ]

L’immagine della formica, che in un primo momento non ho amato, se così si può dire, in realtà offre, non solo l’efficacia d’una metafora, ma pure la cifra interpretativa del Mistero, sia in chiave squisitamente religiosa sia filosofica: Che cos’è il loro disperdersi se non il "fallimento" di Marta? Quel vedere un legno spento in luogo d’un sepolcro vuoto se non l’incredulità di Tommaso ovvero la paura di Pietro? Non c’è migliore spiegazione a questo testo dei giorni che stiamo vivendo: il fallimento del fare - formiche impazzite dall’ebbrezza dell’accumulo, con il cuore di cicale ubriache di consumo, terrorizzate dalla morte creduta come tesi finale ovvero rimossa come orizzonte naturale della vita. Certo, anche Cristo pianse Lazzaro, ma attorno a quel legno o ci si va con lo stupore del centurione o non ci si va. Però questo le formiche non lo sanno...

Taglio inconsueto, ma testo di grande spessore per tema (lapalissiana affermazione la mia) e per scrittura.

Un abbraccio stretto

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