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al testo di Gil
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Qui l'appartenenza al dove pone delle domande a radice dei tuoi rami intrecciati. Rovisto nel cestino un fuoco che arda la promessa del legno fino all'inestinguibile orazione in una sequela di devoti. Le mani plasmano la materia filamentosa dei tuoi bisogni impastandola con quel che resta di una polvere residuo di domande inquiete: l'orizzonte in lontananza non rivela segni che preannuncino una risposta. Ora io e te siamo nella plausibilità di un amplesso ma avrei preferito l'inessere al nulla di questa evidenza dei sensi che non diventa profezia, ma soltanto un sussulto dove la carne è naufraga d'incertezza fino all'estasi dei propri orgasmi. |
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