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al testo di Rosetta Sacchi
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Ed oggi sento il vento le raffiche sul collo dopo le folate tiepide del dì dinanzi E guardo il cielo terso spazzato dalle nubi proprio a me di fronte. Alle mie spalle invece, levo il capo e l’aria è cupa e muta e sbigottita pare fermenti in improvvisi scrosci. Ma forse il bianco impastato dentro il grigio, va diradando fino a dissolversi.
Noi, distratti per un attimo colti di sorpresa dall’azzurro in fioritura.
Dicono di marzo che s’incapriccia per le vie, scapestrato monello, chiudendo e aprendo ombrelli. Ma ogni mese vuole imitare il pazzerello quand’anche per un lasso di tempo molto breve.
Il ronzio di un’ape dagli acini migrato m’attraversa la strada la mano scansa in viso un invisibile passaggio poco più di un solletico, uno scatto all'indietro.
Per fugaci istanti l’anima dimentica le sue impervie vie, è un’ombra che s’allunga nella magia del sogno.
Ed io penso al fuoco ai carboni accesi alle caldarroste a due dita di novello. E all’imminente inverno al buio più propenso all’agognata quiete in cui le rimembranze più in fondo custodite tornano alla vita in quel rimuginare dei miei pensieri, lento, un logorio che spesso non approda a niente.
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