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al testo di Emilia Filocamo
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La nostra specie è fuori fabbrica e non emetterà un grido. Sculacciata al rovescio, cianotico tentativo su un nodo Houdini. Siamo testardi, impagliati dopo la stagione dei riversamenti. La nostra specie non ha lasciti, eredità, conteggi e macchinosi ingranaggi/ pozioni con cui prevedere o prevenire colore di occhi e forma di labbra; non nabbiamo bisogno di tentativi, tantomeno di cure, di ridicole supposizioni, al bando ogni trattamento! Nemmeno ci assilleranno l'altezza delle pareti, la divisione dei compiti e la destinazione delle stanze. Perchè noi finiamo con noi, siamo il cerchio/ recinto, il raggio è la bestia senz'aria, il sussulto di un varo che non diventerà trotto, di un boccone che è vigilia di inedia. Eppure sorridiamo, noi e la nostra specie contratta quanto un punto tuffato di testa sullo scoglio/foglio e da quell'affronto- incidente di seppia è nato un mestruo catrame, una vita da ritentare, risucchiata all'origine, un seme di scarto, inadatto scafo e senza frutto. Ma questo è il nostro talento: amarci fino a consumare al fondo il pozzo, inventare una foce. Un'orbita botola che ci lusinga con la promessa di un affaccio e noi di rimando ancora innamorati di questo boato d'inferno, facciamo spiccare le corde, una felicità implume dall'intestino di un precipizio. |
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