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Avevamo ancora tra le contee
– non più contese ormai –
i carretti brilli di vendemmie
coi grappoli andati a male
mentre i tini rotolavano
i cerchi tra i pendii
e i tramonti sostavano
gli occhi tra gli ulivi.
Avevamo falci, imbalsamate
tra la fuliggine dei camini
e le mele avevano sangue dolce
quando il pane attendeva all’alba
il fattore che conducesse a casa.
Avevamo fame
ma fino a sera eravamo sazi
avevamo sete
ma le gole infioravano i canti.
Avevamo l’ora
gli orologi brucavano i polsi
le Madonne si lasciavano toccare
dai rosari delle perpetue
e le bocche imbrattate dei vinai.
Avevamo figli
partiti per non mendicare
e fogli
imbrattati per non dimenticare.
Avevamo noi
un cero sull’altare
– l’obolo per peccare –
un letto per amare
una tomba per riposare
e una lapide
per non voler andare via.
Mai.

Da Collisione d'interni (2019)

 Maria Teresa - 02/02/2021 02:33:00 [ leggi altri commenti di Maria Teresa » ]



Grazie mille Francesco Rossi per avere attraverso a fondo il mio sentire con un pensiero così aderente ai contenuti.

 Maria Teresa - 02/02/2021 02:31:00 [ leggi altri commenti di Maria Teresa » ]

Grazie infinite per l’attenzione Giovanni Rossato

 Giovanni Rossato - 26/01/2021 10:44:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Rossato » ]

Bella, mi piace.
Grazie

 Francesco Rossi - 23/01/2021 10:18:00 [ leggi altri commenti di Francesco Rossi » ]

Ho letto con attenzione la composizione, osservo ostacoli da superare,un qualcosa di irrisolto e in quel che è stato tutto un susseguirsi di vivi e amari ricordi.La chiusa della poesia mi pare vada in controtendenza a un modo banale del percepire di molti e nel non volere mai andare via quella vicinanza che accomuna le sensibilità nell’oltre. Questo è quello che ho recepito dalla poesia.
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